vestire [partic. pass., in rima, anche vestuto, probabile sicilianismo]
Verbo adoperato con discreta frequenza e ricorrente in tutte le opere di D.; lo s'incontra anche nel Fiore e nel Detto.
Come verbo transitivo v. può avere il complemento oggetto denotante la persona a cui si mette indosso un indumento: Rime LXXXIII 86 conven che di sé vesta / l'un bene e l'altro male; CIII 5 veste sua persona d'un diaspro; Pd XX 80 quasi vetro a lo color ch'el veste (ma la '21 leggeva che 'l veste, con inversione sintattica dei pronomi); oppure l'indumento indossato: If XXIII 42 tanto che solo una camiscia vesta; XXXIII 141 e mangia e bee e dorme e veste panni. Sintatticamente sono da considerarsi a parte i due casi seguenti, riconducibili per analogia a un costrutto meno usitato, ‛ v. un indumento a qualcuno ': If XXXIII 62 tu ne vestisti / queste misere carni, e Pd XV 54 colei / ch'a l'alto volo ti vestì le piume. V. può essere usato anche nella forma riflessiva: Pg XI 44 la carne d'Adamo onde [D.] si veste; Rime dubbie VI 5 quando tu ti vestisti d'una uzza (un caso di riflessivo improprio, in Pg VII 35 quei che le tre sante / virtù non si vestiro, e uno di riflessivo indeterminato, in Pd III 99 a la cui norma / nel vostro mondo giù si veste e vela, " si prende l'abito e il velo monacale "). Due sole volte v. è impiegato al passivo: If XIX 69 sappi ch'i' fui vestito del gran manto (però il Siebzehner-Vivanti nega che si tratti di vera forma passiva e considera vestito un predicato retto da fui: " mi trovai rivestito "); Pd XXV 91 ciascuna vestita / ne la sua terra fia di doppia vesta (ma può valere anche per questo caso il rilievo precedente).
Frequente è l'uso del participio passato, con valore anche aggettivale o nominale (in If XXIV 31 Non era via da vestito di cappa, cioè " da persona vestita di cappa "), di solito accompagnato dal complemento denotante l'indumento, reale o metaforico (‛ vestito di ', ma anche ‛ a ' o ‛ in ' se si indica il colore dell'indumento): Vn XII 3 uno giovane vestito di bianchissime vestimenta; Rime LXXII 9 vestito di novo d'un drappo nero (cfr. Vn IX 3); CI 25 Io l'ho veduta già vestita a verde; Pg XXX 33 vestita di color di fiamma viva (e cfr. Vn II 3, III 1); Cv IV XXII 14 uno giovane vestito di bianco (analogo a Pg XXIX 65; cfr. biancovestito [XII 89], e la voce relativa); Pg XXIX 131 quattro... / in porpore vestite (ma qualche codice reca di porpore: cfr. Petrocchi, ad l.); Pd XXXI 60 un sene / vestito con le genti glorïose, " come le genti " (per il costrutto, cfr. Pg XXIX 145 e Petrocchi, ad l.); ecc.
In una buona metà dei casi v. è adoperato in senso traslato, conforme a una tendenza diffusa nella letteratura del tempo, ma già presente in quella classica e in quella biblica. Come traslato fisico, v. può essere adoperato per il corpo in quanto ‛ veste ' dell'anima (v. VESTA): / f XXXIII 62 tu ne vestisti / queste misere carni; Pg XI 44 la carne d'Adamo onde [D.] si veste; e per estensione può applicarsi anche all'anima, in quanto col corpo formerà la ‛ doppia veste ' del beato: Pd XXV 91 ciascuna [anima] vestita / ... fia di doppia vesta; oppure può riferirsi alla fiamma che avvolge l'anima del peccatore nell'ottava bolgia: If XXVII 129 sì vestito, andando, mi rancuro; o alle ali di un uccello, nel giro di un'immagine che ha essa stessa valore metaforico: Pd XV 54 colei / ch'a l'alto volo ti vestì le piume (ossia, " che ti fornì le ali per levarti fino al cielo "); o a un vetro che avvolge un oggetto colorato, lasciandolo trasparire: Pd XX 80 quasi vetro a lo color ch'el veste; o ai raggi del sole che illuminano la sommità di un colle: If I 17 vidi le sue spalle / vestite già de' raggi del pianeta (per cui cfr. Verg. Aen. VI 640-641 " Largior hic campos aether et lumine vestit / purpureo ").
Altrettanto frequente è l'impiego di v. come metafora morale. In Rime Cv 13 la metafora si completa con l'immagine di un ‛ velo ', a designare la grazia o potenza divina che deve rivestire, proteggere la Giustizia che giace indifesa tra gli uomini: questa vera' che nuda e fredda giace, / levala su vestita del tuo velo. Ma per il resto la metafora è impiegata per una qualità dell'animo, solitamente una virtù, in quanto impronta di sé, adorna l'uomo: e in questo caso l'ascendenza è decisamente scritturale (cfr. Ecli. 17,2 " secundum se vestivit illum virtute "; ma anche Iob. 29, 14, e Paul. Coloss. 3, 12): Rime LXXXIII 86 questa [la Leggiadria] / conven che di sé vesta / l'un bene e l'altro male; Pg VII 35 quei che le tre sante / virtù non si vestiro. Tale metafora si arricchisce nella Vita Nuova di implicazioni psicologiche, in quanto la virtù, o più generalmente il sentimento, traspare nel volto e negli atteggiamenti della persona (dunque v. significherà " improntare, atteggiare a ", secondo un uso documentabile anche in altri poeti dello Stil nuovo e che esprime bene " la tendenza stilnovistica alla rappresentazione dei fatti interni ": Contini): Vn XI 1 con viso vestito d'umilitade; XXVI 2 Ella coronata e vestita d'umilitade s'andava; 6 6 benignamente d'umiltà vestuta; 11 7 anzi le face andar seco vestute / di gentilezza, d'amore e di fede (cfr. in proposito S. Aglianò, Restauro di ‛ Paradiso ', XVI, 1-15, in " La Bibliofilia " LXIX [1967] 2, p. 15 dell'estratto). Nell'ambito di questo particolare impiego metaforico andrà considerato anche il verso di Rime dubbie XI 9 la morte, che porto vestita (cioè " di cui sono rivestito ", con " allusione al proprio pallore mortale ", Contini). Fuori dell'area stilnovistica per la sua violenta carica di fisicità, ma in certo senso ad essa riconducibile per la sua accezione psicologica, si colloca infine la metafora di Rime CIII 5, dove la durezza della donna si materializza nell'immagine di un diaspro che ricopre e protegge la sua persona, rendendola immune dagli assalti di Amore: e veste sua persona d'un diaspro (con minore carica di fisicità, e quindi con maggiore aderenza ai moduli stilnovistici, lo stesso traslato sarà svolto da Lapo Gianni Amore i' prego 12-14 " mentre che in lei sarà tanta ferezza / vestuta d'un'asprezza, / che par che sia nemica di pietate ").
Con diverso uso metaforico in altri due luoghi delle Rime: il passo di XCV 12 Periglio è grande in donna sì vestita (" rivestita di un verde di tal genere ", Barbi-Pernicone) va collegato al v. 9 Giovane donna a cotal guisa verde: D. istituisce un paragone tra il vigore fittizio di un albero senza radice, che sfruttando l'omor di cui dispone può portare ancora foglie ma non più frutti (vv. 1-5), e una donna che può essere verde alla stessa maniera, cioè che può dare " l'apparenza dell'amore, ma non l'amore " (Barbi-Pernicone). In CVI 105 D. inveisce contro gli avari, falsi animali... / che vedete gir nudi / ... omini innanzi cui vizio è fuggito, / e voi tenete vil fango vestito; Barbi-Pernicone spiegano: " si vedono andar nudi (sprovvisti di tutto) uomini virtuosi che hanno allontanato da sé il vizio... [e] i falsi animali tengono accuratamente vestito il vil fango (il vizio che signoreggia la loro persona) ", avvertendo tuttavia che, secondo altri commentatori, fango è il " corpo " degli avari (il Pazzaglia infatti intende: " continuate a mantenervi rivestiti del vile fango della ricchezza ").
Diversamente che nelle altre opere dantesche, l'uso di v. nel Fiore e nel Detto è registrabile quasi sempre nella forma attiva (salvo che in LXXIV 7 e CXXIX 2, dov'è rispettivamente participio passato e riflessivo) e sempre in senso proprio, col complemento oggetto denotante l'indumento che s'indossa: Fiore XC 10 perché vesta di sopra grossa lana; XCV 4 robe di color volean vestire; Detto 429 Belle robe... / vesti, fresche e novelle. Cfr. anche Fiore XCIV 11, XCVI 13. Per il significato da attribuire alla frase ‛ v. la roba di frate Alberto ', ricorrente in LXXXVIII 13 e CXXX 3, si veda la voce ALBERTO, frate.