VETRO
(XXXV, p. 260; App. II, II, p. 1106; III, II, p. 1086; IV, III, p. 820)
La corrente classificazione dei processi di fabbricazione del v. comprende le seguenti categorie di prodotto: v. cavo, v. piano e v. tecnico. La prima si riferisce alle bottiglie e, in genere, a tutti i contenitori. Il v. piano forma l'insieme della produzione di lastre piane utilizzate nei mezzi di trasporto e nell'edilizia. Il v. tecnico include tutte le altre applicazioni, cioè le fibre per il rinforzo di materiali e per l'isolamento termoacustico, i v. resistenti al calore, fibre e v. ottici, vetroceramici, ecc. La produzione annua di v. nell'Unione Europea nel 1994 è stata di circa 24 milioni di t, impegnando 210.000 addetti, con un valore di oltre 24.000 miliardi di lire. Nello stesso anno la produzione italiana è stata di 4 milioni di t. In termini percentuali, il v. cavo costituisce circa il 65% dell'intera produzione, il v. piano il 25%, il v. tecnico il 10%.
Tra i progressi conseguiti nell'avanzamento delle conoscenze sulle proprietà del v. è da segnalare il risultato di ricerche condotte in vari laboratori che hanno fatto luce sui fenomeni che intervengono nella fratturazione del v., consentendo di comprendere il meccanismo con cui l'acqua e altre sostanze chimiche accelerano la propagazione delle fratture. Le ricerche in corso sono rivolte agli interventi da eseguire per rallentare il processo: si verifica l'efficacia di rivestimenti superficiali nell'ostruire le aperture delle crepe in modo da impedire il passaggio delle molecole di acqua che, attaccando i legami all'apice, indeboliscono il vetro.
Processi di fabbricazione. - Notevoli progressi sono stati conseguiti negli impianti di produzione del v. cavo: nel 1992 sono stati installati impianti per la produzione di contenitori aventi capacità da 1 a 5 l, in grado di produrre 465 bottiglie al minuto. Il raggiungimento di queste velocità ha richiesto notevoli e sofisticati interventi, con servocomandi computerizzati, sia nella parte calda che in quella fredda, nonché l'introduzione di adeguati sistemi di controllo del processo. È stato costantemente perseguito l'obiettivo dell'alleggerimento dei contenitori a parità di capacità, e la tendenza continuerà anche per il futuro: si annunciano ulteriori riduzioni di peso del 10÷15% intervenendo non solo sul processo di formatura, ma anche tramite depositi di film sottili e trattamenti in grado di aumentare la resistenza superficiale del vetro. Tramite i moderni sistemi di controllo dei forni di fusione del v. cavo si ottengono notevoli risparmi sul consumo di energia e diminuzione del livello degli inquinanti sia ottimizzando le condizioni operative sia asservendo i principali parametri operativi del sistema e integrando le informazioni provenienti dalla camera di combustione con quelli dei modelli fisici del bacino di fusione. Oltre che tenere sotto controllo l'emissione degli elementi inquinanti, si allunga la vita dei refrattari e si consegue un'elevata efficienza operativa, contribuendo al miglioramento della qualità del prodotto con garanzia di costanza nel tempo.
Negli ultimi 30 anni il consumo di energia nei forni di fusione è diminuito notevolmente per effetto dei miglioramenti apportati nella progettazione, nell'automazione dei controlli, nella combustione e nell'isolamento termico delle pareti e del bacino, nonché dell'aumentata quantità del v. di scarto impiegato come materia prima. Per un forno di fusione di v. cavo avente capacità produttiva di 250 t/giorno il consumo medio di combustibile nel 1960 era di 0,24 m3 di gas naturale per kg di v. fuso. Nel 1985 è stato ridotto a circa 0,16, mentre i forni di nuova realizzazione producono 1 kg di vetro con meno di 0,13 m3 di gas. Considerando che il consumo teorico è di 0,075 m3, rimangono ancora notevoli spazi di miglioramento conseguibile, agendo sia sul calore perduto nei gas di scarico che nel riciclaggio di maggiori quantità dei rottami di v. nelle miscele vetrificabili. L'uso di tecnologie di preriscaldamento di dette miscele, oggi disponibili commercialmente, possono contribuire a migliorare il risparmio di energia spesa per la fusione del vetro.
Interessanti sembrano gli sviluppi in corso miranti a sostituire gli attuali recuperatori metallici, impiegati per preriscaldare l'aria di combustione, con recuperatori ceramici. Tale possibilità è però legata alla messa a punto di nuovi materiali ceramici: si potrebbe ottenere un risparmio energetico fino al 25%. L'uso dell'ossigeno puro come comburente al posto dell'aria si è già affermato nell'industria del v. cavo specialmente negli USA. Generalmente l'ossigeno non è preriscaldato, al contrario di quanto avviene con l'aria; ne consegue che per forni che richiederebbero costi elevati d'investimento per rigeneratori o recuperatori può risultare conveniente l'impiego di bruciatori ossigeno/combustibile. Ciò può essere vantaggioso per forni di grandi dimensioni equipaggiati con sistemi di depurazione dei fumi, necessari per il rispetto delle leggi sui livelli di emissione di polveri SOx−NOx, consentiti per t di v.: la combustione con ossigeno genera basse quantità di ossidi di azoto rispetto a quella dei convenzionali sistemi di preriscaldamento dell'aria.
L'industria del v. piano ha consolidato e diffuso il metodo di produzione che al 90% avviene mediante il procedimento float (v. App. III, ii, p. 1088; IV, iii, p. 820) nel quale il v. viene ottenuto tramite galleggiamento su bagno di stagno fuso in atmosfera controllata. Il procedimento tirato (v. XXXV, p. 266) è usato per applicazioni speciali (spessori inferiori a 2 mm e v. aventi particolari colori) e in aree del mondo industrialmente poco sviluppate. Le lastre cristallo (v. XXXV, p. 269) sono scomparse dal mercato e il v. greggio o colato e laminato (v. XXXV, p. 265) è confinato in margini molto ristretti, mentre negli anni Settanta questi ultimi due prodotti costituivano le componenti dominanti del v. piano. Dopo l'avvio del primo impianto industriale, avvenuto nel 1959, il processo float è stato ottimizzato fino a raggiungere livelli tali da non attendersi ulteriori vistosi risultati. Al momento, comunque, non ci sono alternative che possano sostituire l'attuale processo nel prevedibile futuro. I moderni impianti float hanno una capacità produttiva superiore a 250.000 t/anno, con durata di vita del forno di fusione a bacino di oltre 12 anni e rendimento energetico di circa il 35%. Il consumo di energia nel forno di fusione per una miscela al 20% di rottame e per una potenzialità di circa 600 t/giorno è passato da 2400 kcal/kg del 1965 a 1500 kcal/kg attuali conseguendo un notevole miglioramento, anche se si è ancora lontani dal valore teorico di 530 kcal/kg.
Tali risultati sono stati raggiunti tramite l'impiego di nuovi refrattari, l'introduzione di complessi modelli di simulazione del processo nella progettazione del forno e della combustione, il recupero di calore per preriscaldare l'aria comburente. Ulteriori risparmi si potranno ottenere preriscaldando le materie prime in letto fluido, aumentando i livelli di automazione, estendendo l'uso dell'energia elettrica attraverso elettrodi immersi nella massa vetrosa, adottando refrattari aventi caratteristiche più elevate. L'uso dell'energia elettrica, quasi indispensabile per la produzione di v. colorati, favorisce l'incremento di produttività di circa il 20%, riducendo sia il consumo specifico di energia che l'emissione di sostanze inquinanti nell'ambiente.
L'entrata in funzione di leggi antinquinamento, con norme severe sul controllo e sulla limitazione delle emissioni solide e gassose, ha obbligato i produttori di v. piano a introdurre sistemi per abbattere i prodotti nocivi. Nei forni attrezzati con sistemi di trattamento superficiale del nastro di v. per il deposito chimico di ossidi metallici direttamente nella linea di produzione a temperatura elevata, sono stati eseguiti costosi interventi di abbattimento, al fine di rispettare i limiti imposti, a causa della presenza di notevoli quantità di effluenti tossici negli scarichi. Nel 1988 la legge prescriveva i seguenti valori massimi delle emissioni: NOx=200 mg/m3, SOx=80 mg/m3, polveri 200 mg/m3. Probabilmente nel prossimo futuro questi limiti saranno ristretti per poter essere adeguati a quelli tedeschi: NOx=50 mg/m3, SOx=40÷50 mg/m3, polveri 40÷60 mg/m3.
L'industria del vetro piano in Italia e nel mondo. - Gli operatori a livello mondiale dell'industria del v. piano sono (1995) otto: 3 giapponesi (Asahi, Central Glass e Nippon Sheet); 2 europei (Pilkington, Saint Gobain); 3 statunitensi (PPG, Guardian e Ford). La Società Italiana Vetro (SIV) dal 1993 fa parte del gruppo Pilkington. L'Asahi è presente in tre continenti (America, Asia, Europa), tutti gli altri in due continenti, eccetto Ford presente solo in America. In Italia sono presenti: Pilkington (tramite SIV), PPG (tramite PPG Industries Italia) e Saint Gobain (tramite Fabbrica Pisana). Nel 1994 erano installati nel mondo 129 impianti di produzione di v. float, dei quali 36 nelle nazioni dell'Unione Europea e 6 in Italia. Nello stesso anno la produzione di v. piano è stata di circa 17 milioni di t in tutto il mondo, di circa 6 milioni di t nell'Unione Europea e di circa 900.000 t in Italia, di cui il 62% è stato utilizzato direttamente senza ulteriori lavorazioni, il 22% è stato trasformato in vetrature per auto (parabrezza, lunotti, v. laterali, specchietti retrovisori) e il 16% in vetrature per edilizia (v. stratificati, temperati, riflettenti, bassoemissivi, specchi, vetrocamere). Tutti gli otto operatori a livello mondiale sono attivi sia nella produzione del v. piano che in quella delle seconde lavorazioni; in queste ultime però sono presenti un elevato numero di piccole e medie aziende (in Italia erano circa 690 nel 1989, con un consumo di 510.000 t di v. piano) che acquistano il v. di base per eseguire le successive lavorazioni.
Vetri speciali. - Questa categoria comprende le lastre di v. chiaro o colorato trattate superficialmente con depositi trasparenti di metalli e di ossidi metallici, i quali hanno la caratteristica di controllare la trasmissione dell'energia incidente per lunghezze d'onda che comprendono il visibile, il vicino e il lontano infrarosso (v. App. IV, iii, p. 820). Sono comunemente indicati come v. riflettenti antisolari e v. basso-emissivi per isolamento termico.
Le tecniche di deposito di film sottili inorganici su v., usate industrialmente a partire dagli anni Settanta, si basano su processi fisici e chimici. Nei primi il deposito viene effettuato sotto vuoto e il film sottile si ottiene per condensazione di vapori di materiali metallici (evaporazione termica) o per addensamento di atomi metallici espulsi da una sorgente bombardata da ioni del gas di processo (sputtering). Nei processi chimici i rivestimenti costituiscono il prodotto di una reazione in fase liquida o vapore che avviene sulla superficie del v. (pirolisi, sol-gel, CVD). Le tecnologie più diffuse nell'industria del v. piano sono: magnetron sputtering per il metodo fisico e pirolisi per quello chimico; con la prima si eseguono depositi su lastre di dimensioni fino a 3 m × 6 m, con la seconda il trattamento avviene direttamente nel forno float sul nastro di v. appena formato ad alta temperatura (600÷650°C). Per questa ragione il v. pirolitico presenta resistenza all'abrasione e chimica superiori a quelle del v. magnetronico, il cui deposito risulta legato alla superficie del v. da legami di tipo fisico, quindi di bassa energia. Solo negli ultimi 15 anni sono stati superati i difficili ostacoli che impedivano di ottenere prodotti aventi qualità uniforme e ripetibile per dimensioni così estese del substrato, strette tolleranze sulle caratteristiche luminose ed energetiche, stabilità nel tempo nelle difficili condizioni ambientali di esercizio.
I depositi per v. basso-emissivi ottenuti per via fisica, in particolare, sono costituiti da film sottili di metalli nobili (principalmente argento e oro) protetti sia dal vetro che dall'atmosfera da ossidi metallici. Per ottenere valori di emissività della superficie così trattata inferiori a 0,1, lo spessore della protezione non è così elevato da impedire l'alterazione dello strato metallico dovuta all'umidità ambientale. È quindi necessario ricorrere all'assemblaggio in v. doppio (v. App. III, ii, p. 1087), detto anche vetrocamera o vetrata isolante, con il film rivolto verso l'intercapedine riempita di aria disidratata o di gas argon: questo contribuisce a esaltare gli effetti d'isolamento termico ottenendo risultati di notevole interesse applicativo in quanto si raggiungono valori di trasmittanza termica inferiori a 1,3 W/m2/°C, con caratteristiche d'isolamento vicine a quelle delle pareti in muratura leggera, conseguendo risparmi di calore e aumentando il benessere ambientale. Analogamente i v. riflettenti antisolari, mantenendo all'esterno dell'ambiente una parte dell'energia solare incidente, favoriscono il risparmio di energia spesa per il condizionamento estivo. I v. speciali hanno contribuito a consolidare le applicazioni delle pareti esterne completamente in v. (facciate continue e strutturali) superando i problemi d'isolamento derivanti dalla presenza di grandi superfici trasparenti.
Il consumo nell'Unione Europea dei v. speciali era costituito, nel 1994, da v. riflettenti per circa 5,5 milioni di m2 e da v. basso-emissivi per circa 18 milioni di m2. In Italia nello stesso anno sono stati venduti rispettivamente circa 1,3 milioni di m2 e 370.000 m2. Nel settore automobilistico i v. con depositi superficiali sono stati applicati negli ultimi 10 anni nelle vetrature laterali e posteriori di limousine e nei tettucci trasparenti. Applicazioni di deposito elettricamente conducibile vengono eseguiti su parabrezza per auto, treno e aereo al fine di evitare la condensa dell'umidità dell'ambiente o la formazione di ghiaccio. Da segnalare i depositi su parabrezza, aventi funzioni di specchio combinatore d'immagini per visori a testa eretta, che sovrappongono alla visuale del mondo esterno le indicazioni degli strumenti di bordo. Sono usati soprattutto negli aerei militari.
Nuovi tipi di vetro. - È stata messa a punto una grande quantità di nuovi v. per specifiche applicazioni; qui di seguito si riportano quelli ritenuti di maggiore interesse applicativo.
Nell'ambito dei v. adiatermici (v. XXXV, p. 270), detti comunemente v. atermici, è da segnalare la recente realizzazione di un v. colorato in grado di ridurre la trasmissione energetica nel vicino infrarosso mantenendo un'elevata trasmissione nel visibile. Impiegato inizialmente nelle vetrature per auto per migliorare il comfort all'interno del veicolo nella stagione estiva, se ne può prevedere una prossima utilizzazione anche in edilizia sia come v. di base che con l'applicazione di depositi superficiali riflettenti. Per produrre il v., che viene montato con la dicitura Solextra anche su due modelli nazionali di autovetture, è stato necessario modificare il normale processo float con l'introduzione di una fase di affinaggio sotto vuoto, ottenendo valori di trasmissione luminosa di 70% e di trasmissione energetica di 45% per spessore di 3 mm.
I primi v. elettronici hanno trovato applicazione in specchietti retrovisori a riflessione variabile e in tettucci per auto. In generale tali v. sono costituiti da due lastre, stratificate mediante elettrolita polimerico, trattate sulle superfici interne con depositi conduttori di elettricità e altri film sottili (WO3, IrO2, V2O5, NiOx), la cui trasmissione luminosa può essere variata a piacere tra il 10% e il 70% circa, per l'azione di un campo elettrico, nell'arco di alcuni secondi. Le attuali realizzazioni non superano le dimensioni di circa 60 × 60 cm e presentano problemi di uniformità di colore, invecchiamento, elevati tempi di risposta, costo elevato. Le ricerche continuano in modo intensivo in tutto il mondo per l'interesse rappresentato dalla disponibilità di v. a controllo dinamico della trasmissione dell'energia solare. Il loro uso in edilizia non è previsto a tempi brevi soprattutto per le limitate dimensioni finora realizzabili.
I v. a cristalli liquidi sono lastre di v. con deposito trasparente conducibile, stratificate con film polimerico nel quale sono inglobate sferette di cristalli liquidi. In condizioni normali queste si orientano in modo casuale rendendo opaca la vetrata, che diventa trasparente sotto l'azione di una corrente elettrica. Il nome commerciale di questo prodotto è varilite e, per una sua possibile sensibilità ai raggi del sole, ha trovato applicazione nelle pareti divisorie interne; qualche realizzazione è stata fatta come fascia parasole nei v. per auto.
Gli stratificati vetro-policarbonato sono v. di sicurezza (v. App. IV, iii, p. 820) antiproiettile e antieffrazione che combinano le caratteristiche positive del v. (elevata resistenza termica e meccanica) con quelle del policarbonato (elevata tenacità). La stratificazione avviene mediante fogli di resina poliuretanica di adeguato spessore (superiore a 2 mm) che assorbono le differenze di dilatazione termica dei due materiali (nel rapporto di circa 1:10). Il policarbonato può essere posto tra le lastre di v. oppure solo dalla parte che dev'essere protetta dalla penetrazione dei proiettili.
Sono stati introdotti nel mercato v. antifuoco di caratteristiche più elevate dei v. armati o retinati (v. XXXV, p. 271; App. IV, iii, p. 820) in grado di proteggere un ambiente mantenendo, sotto l'azione del fuoco, la resistenza meccanica (R), la tenuta nei riguardi di fiamme, vapori o gas (E), e l'isolamento termico (I) anche fino a 180 minuti (REI 180). Sono v. stratificati aventi nell'interno uno strato di materiale isolante ''intumescente'' che, sotto l'azione del calore, si rigonfia e opacizza limitando la trasmissione del calore per irraggiamento; oppure vetrature costituite da due lastre di v. temperate e unite al perimetro la cui intercapedine è riempita di gelatina che assorbe il calore radiante.
I v. antiradiazione, disponibili in lastre stratificate oppure in vetrocamera, proteggono i dati del computer sia da impulsi di disturbo che da intercettazioni esterne. Sono costituiti da due lastre con deposito trasparente conduttore di elettricità montate in una cornice metallica. Si ottengono valori di schermatura smorzante fino a 68 dB con 1000 MHz; la protezione viene ottenuta nell'intervallo 30÷1300 MHz.
I v. sottofinestra sono v. temperati, resi opachi mediante verniciatura di una delle due superfici; sono utilizzati nelle facciate tutto vetro nella zona parapetto non trasparente al fine di uniformare l'aspetto cromatico con la parte trasparente.
Le eccellenti e peculiari proprietà, unite alla relativamente semplice tecnologia di produzione, hanno confermato il successo commerciale dei materiali vetroceramici (v. App. III, ii, p. 1087; IV, iii, p. 821) che sono solidi policristallini ottenuti da v. di opportuna composizione attraverso un processo di cristallizzazione controllata. Essi si sono affermati in molte applicazioni: meccaniche (pompe, valvole, tubazioni, scambiatori di calore); elettriche ed elettroniche (giunzioni metallo-ceramica, isolanti per alte temperature, substrati per microcircuiti, capacitori); ottiche (componenti di laser, tubi di scarica, lenti di telescopi); aerospaziali (trasparenza alle radiazioni radar, laser, infrarosse); civili (pentole, stoviglie, prodotti sanitari, mattonelle, piani di cottura, interni di forni); medicina (denti artificiali, protesi ossee); ingegneria nucleare (barre di controllo della reazione di fissione, saldanti, inglobatori di scorie radioattive). Nel 1990 il volume delle vendite di prodotti vetroceramici in tutto il mondo è stato superiore a 750 miliardi di lire.
Bibl.: Atti del seminario europeo Rivestimenti inorganici su vetro, COMETT, L'Aquila 1988; T.A. Michalske, B.C. Bunker, La fratturazione del vetro, in Le Scienze, 234 (1988); P.P. Boattini, A. Bonfiglioli, C. Pirone, F. Sebastiano, Il settore del vetro piano: aspetti energetici e di strategia industriale, in Energia, 2 (1991); R.G. Beerkens, H.P.H. Muysenberg, Comparative study on energysaving technologies for glass furnaces, in Glastech. Ber., 8 (1992); D. Farmer, M.V. Heltor, J. Sentieiro, A.T. Vasconcelos, New methodology for furnace monitoring, analysis and control, in Glass Industry, 10 (1992); Ceramic and glasses, in Engineered Materials Handbook, vol. 4, Metal Park 1992. Cfr. anche Atti del xv Congresso internazionale del vetro, Leningrado 1989, e del xvi, Madrid 1992.
Raccolta e riciclo del vetro. - In base alla l. 475/88, il 12 febbraio 1990 è stato costituito in Italia il Consorzio nazionale per il riciclaggio dei contenitori in v. per liquidi; già anteriormente a tale data una raccolta del v. era effettuata in alcune città (dal 1977 a Parma e Padova, seguite poi da Milano, Bologna, Torino, ecc.) a opera dell'Associazione dei produttori di vetro. La raccolta interessa il v. cavo, quello cioè usato per contenitori. Non tutto quello prodotto e messo in commercio può essere raccolto e riciclato poiché parte dei contenitori è a rendere, parte viene esportata (con vini, liquori, ecc.); alle bottiglie esportate fanno riscontro quelle importate, che sono però in quantità minore. Il v. dei contenitori a perdere costituisce circa il 60% della produzione, e parte di questa si ritrova nei rifiuti solidi urbani. Si calcola che questi rifiuti (in Italia circa 20 milioni di t/anno) contengano mediamente il 30% di materiali d'imballaggio (oltre al v., cartone, legno, materiali plastici, alcuni metalli, ecc.); il v. è presente all'incirca nella misura del 5% e, rispetto ad altri materiali presenti, si presta abbastanza bene a una raccolta differenziata. Sulla scia dei risultati raggiunti dall'Associazione produttori di v., in questi ultimi anni la raccolta si è accresciuta notevolmente, raggiungendo valori del 50÷53% del totale dei contenitori messi in commercio, valori che pongono l'Italia ai primi posti in Europa (dopo Svizzera, Olanda, Germania, Austria). La raccolta avviene per circa la metà attraverso il conferimento dei contenitori dismessi nelle cosiddette ''campane'' in vetro-resina distribuite in numerose città (alla fine del 1993 se ne contavano circa 75.000 ubicate in 5000 comuni). Un'altra sensibile quantità proviene dalla raccolta differenziata effettuata presso centri particolari (comunità, esercizi pubblici, centri di ristoro, centri di raccolta comunali, ecc.). A queste due fonti di raccolta, che oggi in Italia consentono di recuperare circa 640.000 t di rottame, si devono aggiungere il ricupero dai settori industriali e commerciali (che forniscono rottami non solo di v. cavo, ma anche di v. piano) e le importazioni.
Il v. proveniente dalla raccolta differenziata urbana non può essere riciclato tale e quale, ma dev'essere sottoposto a diversi trattamenti per allontanare le quantità anche rilevanti di impurezze che contiene (carta, plastica, sughero, sassi, terra, materiali ceramici, metalli ferrosi e non). Ciò si può fare con sistemi diversi, manuali e/o automatici, per es. facendo scorrere il prodotto raccolto su nastri trasportatori e allontanando i corpi estranei di dimensioni relativamente grandi; si possono così separare anche i contenitori di v. di diverso colore. Un lavaggio con acqua provvede a eliminare sostanze diverse (terrose, carta, sughero, plastica, ecc.). Il passaggio su dispositivi elettromagnetici serve ad allontanare parte dei materiali metallici; quelli non magnetici si eliminano, almeno in parte, manualmente. Il prodotto viene quindi macinato e sottoposto a vagliatura (per trattenere le parti estranee non sminuzzate), ad aspirazione con aria (per allontanare le impurezze leggere, carta, plastica), a deferrizzazione (per trattenere su magneti i componenti ferrosi), e con metal detector (per separare quelli non magnetici). Questi frazionamenti e separazioni possono essere ripetuti per eliminare impurezze non asportate nelle operazioni precedenti. Dopo questi trattamenti nella frazione più minuta possono essere presenti ancora impurezze (sassi, prodotti ceramici, metalli in quantità inferiore all'1ı).
Il rottame di colore misto ottenibile in questo modo, immesso nei forni di produzione, comporta difficoltà di lavorazione: infatti il diverso stato di ossidazione dei componenti di diverso colore rende difficile produrre un v. di colore determinato, i cui componenti devono avere un grado d'ossidazione analogo. Sono allo studio, e in alcuni paesi già in atto, sistemi di trattamento del rottame in grado di fornire una quantità notevolmente ridotta di parte fine, meno ricca di impurezze, e anche di selezionare il rottame in due classi di colore, chiaro (bianco e mezzo bianco) e scuro (ambra e verdi), ciò che facilita la lavorazione e consente d'impiegare sempre maggiori quantità di rottami, nella carica del forno, ottenendo v. di migliore qualità. L'uso del rottame nei forni comporta un risparmio di materie prime e anche di calore (poiché si richiede solo quello di fusione del rottame e non quello di trasformazione delle materie prime, già avvenuta). Si può calcolare che per ogni 100 t di rottame reimpiegato si abbia un risparmio di circa 115 t di materie prime (73 di sabbia silicea, 22 di carbonato sodico, 10 di carbonato di calcio, 8 di dolomite, oltre a quantità minori di solfato sodico, ossido di cromo). La sostituzione non è priva di inconvenienti e di difficoltà, in quanto sono necessari continui controlli per conservare nel v. prodotto le caratteristiche (vischiosità, lavorabilità, ecc.) che sono richieste dalle macchine formatrici degli oggetti cavi da foggiare (bottiglie, ecc.).
Va inoltre tenuto presente che la minore quantità di v. immesso nei rifiuti solidi urbani comporta una minore pericolosità e rappresenta un'economia per i comuni per il mancato invio a discarica.