PRETESTATO, Vettio Agorio (Vettius Agorius Praetextatus)
Uno dei più tenaci difensori del paganesimo in Roma, dove, dopo avere esercitato magistrature minori ed essere stato sotto Giuliano proconsole d'Acaia (362), fu praefectus urbi nel 367. In tale qualità dovette intervenire nella contesa tra papa Damaso e il competitore Ursino (in quell'occasione, avrebbe proferito la celebre frase di scherno "fatemi vescovo di Roma e mi farò cristiano"). Prefetto al pretorio d'Italia nel 384, morì in quell'anno, essendo già console designato. Onorato dal senato con una statua, amico di Virio Nicomaco Flaviano e di Simmaco, con cui interloquisce nei Saturnali di Macrobio, svolse attività letteraria, e soprattutto di raccoglitore e correttore di opere antiche e di traduttore (Analytica priora e posteriora nella parafrasi di Temistio); augure, pontefice di Vesta e del Sole, quindecemviro, ecc., iniziato ai misteri di Dioniso, eleusini, di Mitra (col grado di pater) e probabilmente di Cibele, e considerato perciò princeps religiosorum, sacrorum omnium praesul, iniziò anche la moglie Aconia Fabia Paolina, "a tutti i misteri", come ricorda la celebre iscrizione funebre di entrambi (Corpus Inscr. Lat., VI, n. 1779); insomma fu un caratteristico rappresentante di quel sincretismo misticheggiante ed estetizzante, che fu la forma ultima del paganesimo nelle classi colte ed elevate.
Bibl.: M. Schanz, Gesch. d. röm. Literatur, IV, i, Monaco 1914, p. 139; P. De Labriolle, La réaction païenne, Parigi 1934, p. 348 segg. Sulla prefettura del pretorio di P., E. Stein, in Byzantion, IX (1934), p. 333 seg.; J. R. Palanque, ibid., p. 355 segg.