via (vie)
L'avverbio di moto, con un generico valore di allontanamento, è presente in tutte le opere di D., anche se con frequenza non troppo elevata (meno di una settantina di casi in tutto, dei quali oltre un terzo nella sola Commedia); in particolare, si hanno occorrenze in rima in tre luoghi, Vn XXXII 5 3, If XVIII 65, Pg XIV 112.
Accanto alla forma ‛ normale ' si può incontrare anche la forma ‛ vie ', in sintagmi come ‛ vie più ', ‛ vie meno ' e simili (o anche ‛ vie via '), per cui, piuttosto che a un'equivalenza ‛ vie ' = " volte " (come pare suggerire il Rohlfs, Grammatica § 916 n. 1, in base a una proposta dello Spitzer), si dovrà pensare a un passaggio di -ia atono (in proclisia) ad -ie, abbastanza diffuso nel fiorentino del Duecento (come in Bietrice, diemante, o anche, in fonetica sintattica, sie, sieno, ecc.; cfr. al riguardo Erich Poppe, Diciassette, diciannove, in " Lingua Nostra " XXVII [1966] 77, e più in generale, B. Migliorini, Storia della Lingua italiana, Firenze 1960, 159, e C. Segre, nel commento alla sua edizione del Libro de' vizî e delle virtudi di Bono Giamboni, Torino 1968, 17); la forma si ritrova in Rime L 24, LXVII 47 e 48, CXVI 42, Rime dubbie XII 6, If XXX 68, Pg VIII 39, XV 36, Pd XIII 121, XX 11, XXV 94, Fiore XVI 3, XVII 7, LXXIII 13, XCVII 6, CLXXXVIII 8, CC 11, e Detto 240; va notato che in Pd XVII 99 il Petrocchi, diversamente dalla '21, preferisce leggere via più, sia pure riconoscendo che si tratta in fondo di una variante adiafora: cfr. ad l. (e anche in If XI 115 diversi codici leggono vie là altra). Si consideri, infine, e converso, un caso come Detto 444 che via troppo d'onor ha, dov'è pur possibile postulare una lettura con stacco ritmico (se non vera e propria cesura) fra i due componenti del sintagma.
Come si è detto, l'avverbio ha un valore semantico generico esprimente allontanamento, che si carica di significati specifici con connotazioni più o meno sfumate a seconda dei verbi (e dei contesti) con i quali si accompagna.
L'impiego più generale, e anche quello in cui l'avverbio assume un valore funzionale semantico più ‛ pieno ', è quello con il verbo di moto per eccellenza, ‛ andare ': come esempi nei quali la funzione dell'avverbio è più perspicua si potranno ricordare Pd XXI 37 come... / le gole insieme, al cominciar del giorno, / si movono a scaldar le fredde piume; / poi altre vanno via sanza ritorno, / altre rivolgon sé onde son mosse, / e altre roteando fan soggiorno, e Detto 99 chi da lu' si parte, / e' fugge e sì va via; ancora, in un contesto figurato, Vn XXXII 5 3 li sospiri miei / ... li quali disconsolati vanno via (che sarà da raccostare, per un altro verso, a If XIII 42); per traslato, ‛ andar v. ' può equivalere a " venir a mancare, cessare ", riferito alla vita, in Rime LXVII 37 quella vita che rimane spenta / solo in quel punto ch'ella si va via (e cfr. anche Cv III VIII 18).
In vari casi il verbo si trova impiegato all'imperativo; in Rime LXXII 5 io le dissi: " Partiti, va via ", If XXXII 112 e Pg XIV 124 Ma va via, Tosco, omai; a tale impiego è possibile ricondurre l'uso ‛ assoluto ' di v. in comandi, imprecazioni e simili (sottintendendo appunto un verbo come ‛ andare ' all'imperativo): così If VIII 42 'l maestro accorto lo [Filippo Argenti] sospinse [nella palude Stigia], / dicendo: " Via costà con li altri cani! ", e XVIII 65 Via, / rufian! qui non son femmine da conio; abbastanza diverso pare invece (anche perché preceduto dalla congiunzione ‛ e ', qui in chiara funzione ‛ di ripresa ') Pg XII 70 Or superbite, e via col viso altero, / figliuoli d'Eva.
Con altri verbi che già esprimono moto da luogo l'avverbio acquista la funzione di semplice rafforzativo, tutt'al più connotando l'idea verbale di un valore ‛ totalizzante ', di compiutezza e definitorietà: casi del genere sono ‛ partir via ' (Vn XXIII 18 10), e, semanticamente analogo, ‛ fuggir via ' (in senso proprio in Fiore CCXXVI 2 Quando 'l castello fu così imbrasciato / e che le guardie fur fuggite via, / allor, ecc.; anche in Vn XXVII 4 6, riferito agli spiriti del poeta, e in Pg XIV 112 O Bretinoro, ché non fuggi via, / poi che gita se n'è la tua famiglia / e molta gente, per non esser ria?); qui pure ‛ correr via ' (If VIII 14 Corda non pinse mai da sé saetta / che sì corresse via per l'aere snella); e ancora ‛ mandar via ' (Rime LXVI 4), ‛ cacciar via ' (Pd XXX 141 La cieca cupidigia che v'ammalia / simili fatti v'ha al fantolino / che muor per fame e caccia via la balia; figurato, in Rime dubbie X 3, in rima, con enjambement tra il verbo e l'oggetto, e in Fiore CLXXII 13 caccia la paura via); ‛ gettar via ' (Rime LXXXIII 20 Sono che per gittar via loro avere / credon potere / capere, e Cv III XV 5, in un contesto analogo, anche se figurato); ‛ levare via ' (Cv IV III 7), ‛ togliere ' [o, meglio, ‛ tòrre '] via ' (If X 92 fu' io solo, là dove sofferto / fu per ciascun di tòrre via Fiorenza; assai diversi gli esempi del Convivio, dove si hanno per oggetti dell'azione verbale la reprensione [III I 11], le guerre e le loro cagioni [IV IV 4], la distinzione di queste condizioni [XV 4, due volte]; e ancora al § 5, e in XIV 3, due volte, delle quali la prima con una completiva); e infine ‛ munger via ' (Pg XXIV 18 Qui non si vieta / di nominar ciascun, da ch'è sì munta / nostra sembianza via per la dïeta), e ‛ sequestrar via ' (XXV 114 la cornice spira fiato in suso / che la reflette e via da lei sequestra, in cui il complemento di luogo dipenderà piuttosto dal verbo che dall'avverbio).
Diverso dai precedenti, in quanto con funzione sostanzialmente intensiva, è l'avverbio in If XI 115 'l balzo via là oltra si dismonta (si confrontino alcuni dei commenti, antichi e moderni: " lontan di qui "; Boccaccio; " assai più in là ", Mattalia; " un po' più in là ", Sapegno; l'occorrenza di un caso siffatto parrebbe suggerire l'ipotesi che proprio in contesti analoghi possa essersi effettuata la transizione del valore avverbiale da specificamente locativo a più genericamente rafforzativo, per una sorta di ‛ ridondanza ' contestuale); tale impiego sembra invece abbastanza vicino a quello dell'avverbio seguito dai comparativi ‛ più ', ‛ meno ' (con o senza aggettivo) e simili, in quanto anche in tal caso si ha una funzione di rafforzamento (al punto di dare origine a sintagmi composti già all'epoca di D. in via di riduzione ad unum, anche se ancora analizzabili; ne può essere una riprova la costante presenza dell'allotropo ‛ vie ', se interpretabile come proposto più sopra; ivi si fa rinvio anche per la diversa opinione dello Spitzer, riportata dal Rohlfs).
Come caso particolarmente interessante andrà qui ricordato almeno Rime L 24 voi dovete / vie maggiormente aver cura di lui, per il quale si nota da Foster-Boyde di non doversi parlar tanto di un generico rafforzativo " ancora [di più] ", bensì, con maggiore precisione, di un " tanto [più] " correlato al comparativo del v. 20 (meno chiari, per la verità, gli altri esempi addotti di Rime LXVII 47-48 e di Pd XIII 121 e XVII 99); e ancora Rime dubbie XII 6, If XXX 68 l'imagine [dei ruscelletti del Casentino]... vie più m'asciuga / che 'l male ond'io nel volto mi discarno; Pg XV 36 (‛ vie meno ', come in Fiore CC 11), Pd XX 11, XXV 94 (‛ assai vie più ', come in Fiore XVII 7), Fiore XVI 3, LXXIII 13 vie più che l'altre guardi' era curiosa, XCVII 6 e CLXXXVIII 8; Detto 240 e 244 (‛ via troppo ').
Reduplicato, in Rime CXVI 42 Vie via vedrai morir costui, e in Pg VIII 39 lo serpente che verrà vie via, vale " ben presto " e simili (Contini, nel commento al luogo di Rime), con un impiego di larga attestazione nell'italiano antico (cfr. i passi citati dal Tommaseo [Dizionario] al riguardo, soprattutto dal volgarizzamento del De arte loquendi et tacendi di Albertano da Brescia; anche posteriormente a D., ad es. in Boccaccio Dec. IX 5 52).
In Vn XXIX 3 si registra l'unica attestazione dantesca di ‛ via ' con funzione prepositiva (equivalente, in contesti come il presente, a quella del più moderno ‛ per ', col quale pure nello stesso passo è significativamente in variazione): Lo numero del tre è la radice del nove, però che, sanza numero altro alcuno, per se medesimo fa nove, sì come vedemo manifestamente che tre via tre fa nove (e la variatio con ‛ per ' continua, ripetuta, al paragrafo successivo).