viabilita e rotte di navigazione
Nell’antichità, l’esigenza di aprire vie di comunicazione terrestri affidabili, vincendo le difficoltà ambientali e orografiche, e di garantire rotte sicure e un sistema portuale affidabile per gli spostamenti marittimi e fluviali, venne avvertita presso ogni entità statale sviluppata nel mondo greco, sin dall’epoca micenea, e comportò progressi sensibili, sotto il profilo sia tecnologico sia geografico. La frammentazione politica, tuttavia, rappresentò a lungo un ostacolo allo sviluppo di una rete organica di comunicazioni su larga scala: solo le monarchie ellenistiche, che controllavano tra l’altro l’imponente sistema viario costruito dall’impero persiano, intrapresero iniziative sistematiche per l’apertura di nuove rotte e nuove strade di lunga estensione. I romani, pur ereditando conoscenze e infrastrutture da tutti i popoli vicini, in primo luogo dai greci e dagli etruschi, svilupparono un approccio del tutto originale ai problemi della viabilità e delle rotte di navigazione. Sin dalle conquiste della prima età repubblicana, il miglioramento delle possibilità di spostamento, specialmente attraverso la costruzione di nuove strade, venne considerato un modo per esprimere il potere dello Stato sui territori che esso comprendeva. La conquista dell’Italia fu accompagnata così dall’apertura di imponenti arterie viarie, quali la via Appia (312 a.C.), da Roma a Capua, in seguito prolungata fino a Brindisi, o la via Flaminia (268 a.C.), da Roma a Rimini, cui si aggiunse la via Emilia (187 a.C.), fino a Bologna. Con la conquista della Grecia e dell’Asia Minore, Roma controllò anche il sistema viario sviluppato dalle monarchie ellenistiche, che ammodernò ulteriormente. Inoltre, in età imperiale nuove strade furono aperte in tutte le province: in età giulio-claudia, nuovi collegamenti furono aperti soprattutto attraverso le Alpi, verso i territori danubiani, e quindi in Dalmazia e in Gallia (a opera rispettivamente di Tiberio e Claudio); Adriano si interessò soprattutto al riassetto del sistema viario in Africa del Nord e in Asia Minore. In ambito marittimo Roma, impadronendosi gradualmente di tutti i principali approdi mediterranei, si assicurò il controllo su rotte consolidate già da secoli e in precedenza gestite da altri popoli. I percorsi, variabili a seconda delle stagioni e fortemente condizionati dall’andamento dei venti e delle correnti, garantivano collegamenti tra porti italiani, in particolare Pozzuoli, Brindisi, Ostia, e porti a E e O del Mediterraneo, quali Antiochia, Cesarea, Alessandria, Cartagine, Cadice, Tarragona, Narbona, Marsiglia; da questi approdi principali partivano reti capillari di navigazioni locali, spesso anche per via fluviale. A partire dal 1° sec. d.C., inoltre, si accrebbe l’importanza delle vie carovaniere che collegavano l’impero con le regioni più estreme dell’Oriente. Particolare rilievo avevano, per es., la «via dell’incenso», che collegava l’estremità della Penisola Arabica (Oman e Yemen) al Mediterraneo, o la «via della seta», un sistema di strade che si irradiava tra il cuore della Cina e le coste della Fenicia, da dove le merci trasportate potevano raggiungere via mare l’Italia. L’interazione stretta tra vie carovaniere e porti si ritrova in ogni regione dell’impero: in Egitto, per es., il porto di Myos Hormos (Mar Rosso), dove convergevano merci provenienti attraverso la Penisola Arabica da tutto l’Oriente, era collegato al porto nilotico di Koptos da una strada ampliata e fortificata sotto Vespasiano; da Koptos era possibile raggiungere facilmente Alessandria grazie alla navigazione del Nilo, e da Alessandria si aveva accesso a tutte le principali rotte mediterranee.