Viaggio in Italia
(Italia/Francia 1953, 1954, bianco e nero, 84m); regia: Roberto Rossellini; produzione: Adolfo Fossataro, Alfredo Guarini, Roberto Rossellini per Sveva/Junior/Italia Produzione/SGC/Ariane/Francinex; sceneggiatura: Vitaliano Brancati, Roberto Rossellini; fotografia: Enzo Serafin; montaggio: Jolanda Benvenuti; scenografia: Piero Filippone; costumi: (per Ingrid Bergman) Fernanda Gattinoni; musica: Renzo Rossellini.
I coniugi Alex e Katherine Joyce giungono dall'Inghilterra nel Sud dell'Italia per vendere una villa ereditata da uno zio, rimasto a vivere a Torre del Greco dopo la fine della guerra. Per la prima volta soli dai tempi della luna di miele, i due si scoprono estranei e trasformano il viaggio in Italia in un viaggio nella diversità che li separa l'uno dall'altra, ma anche dall'ambiente mediterraneo che li circonda. Irritata dalla cinica freddezza del marito, Katherine visita da sola musei e siti archeologici che la turbano profondamente; Alex, dal canto suo, spazientito dal romanticismo della moglie e infastidito dalle usanze del luogo, si trasferisce a Capri, dove corteggia invano una giovane francese. Al ritorno dall'isola, dopo l'ennesima lite Alex propone alla moglie di divorziare. La decisione sembra presa quando, tornando da una visita agli scavi di Pompei, restano bloccati in una processione. Katherine tenta di ricucire il loro rapporto, ma litigano di nuovo, mentre la folla eccitata grida al miracolo e travolge la donna spingendola lontano. Alex allora corre in suo aiuto e l'abbraccia; entrambi riconoscono i propri errori e confessano di amarsi, mentre la processione continua al forte suono della fanfara.
"Mi sembra impossibile vedere Viaggio in Italia senza sentire con l'evidenza di una sferzata che questo film apre una breccia, e che il cinema intero deve attraversarla per non morire". Così Jacques Rivette, in un celebre scritto del 1955, entra nel vivo del dibattito sul cinema moderno trasformandolo in un dibattito su un 'prima' e un 'dopo', dove 'dopo' vuol dire 'dopo Rossellini', lungo la strada indicata da Viaggio in Italia.
Moderno in Viaggio in Italia è l'uso del suono ‒ specie nella versione originale inglese, che contiene anche una scena di circa due minuti in più ‒ dove spiccano i rumori della vita reale uditi per le strade, origliati alle finestre, o semplicemente affidati alle voci di menestrelli e lavandaie; è il montaggio disinvolto e libero come non mai; è l'uso della luce, quel bianco assoluto che Rivette paragona al colore di Matisse, l'illuminazione naturale priva di contrasti e ricercatezze ottenuta dal direttore della fotografia Enzo Serafin, già collaboratore di Antonioni in Cronaca di un amore e I vinti (1953). È l'andamento frammentario del racconto, aperto al caso e all'improvvisazione in una sorta di estetica della diretta (durante la visita agli scavi di Pompei, Alex e Katherine assistono davvero alla formazione del calco in gesso di due corpi sorpresi dalla morte per l'eruzione del Vesuvio). La spoliazione drammaturgica di un intreccio che non contiene fatti di particolare rilievo e che all'azione preferisce la sua attesa.
Eppure Viaggio in Italia ha una struttura forte e ben costruita: inizia e termina con i due protagonisti in automobile e si articola lungo sei giornate scandite dalle peregrinazioni di Katherine, sempre in automobile. Come ogni altro film di Roberto Rossellini interpretato da Ingrid Bergman (Stromboli ‒ Terra di Dio, 1950; Europa '51, 1952; l'episodio Ingrid Bergman, 1953, da Siamo donne; Giovanna d'Arco al rogo, 1954; La paura, 1955), racconta di una straniera calata in una situazione estrema di esclusione e incomprensione e la moltiplica per due, in una sorta di estraneità al quadrato dove al contrasto tra la donna e i luoghi si aggiunge la sua estraneità nei confronti del marito. Più volte Rossellini ha dichiarato di aver voluto mettere in scena la differenza "tra gli uomini drappeggiati e gli uomini cuciti": i primi mediterranei, segnati da un concetto sensuale e rilassato della vita; i secondi settentrionali ‒ quelli veri, scesi dal grande Nord come la scandinava Bergman ‒ efficienti ma irrigiditi dalle pelli, materiali e simboliche, che devono indossare per proteggersi e sopravvivere. Degni esponenti dei popoli cuciti, George Sanders e Ingrid Bergman imprimono al film un forte senso di verità grazie al contrasto dei loro corpi stranieri alti e slanciati messi a confronto con la popolazione partenopea, con le strade affollate di bambini e di donne incinte, con la sensualità del marmo scolpito in statue seducenti che affollano i musei e le antiche vestigia mediterranee, con il forte senso di vita e di morte che si respira ovunque ed era già molto presente nella sceneggiatura originale ‒ una sceneggiatura che esiste, contrariamente a quanto vuole la leggenda: fu Rossellini a non parlarne per proteggere "il suo metodo" aperto all'improvvisazione, e costringere gli attori a vivere sul set quel disagio che voleva ottenere dalle loro interpretazioni.
Anche nel finale, ambientato durante la processione annuale di Maiori, è la comune diversità rispetto a quanto li circonda che rende possibile l'improbabile ricongiungimento di Alex e Katherine. "C'erano 'sti due bistecconi lunghi lunghi", dirà più tardi Rossellini, "e tutti quei nanetti intorno erano ancora più nani perché si erano inginocchiati. Questo è il finale, cioè, è questo isolamento improvviso", il solo da cui può scaturire un riavvicinamento perché fa sentire marito e moglie egualmente estranei, uniti dalla loro diversità in un lieto fine che è tale solo in apparenza e dove si rifugiano l'una nell'altro con l'atteggiamento "di chi è sorpreso nudo e si stringe, si stringe all'asciugamano, si stringe a chi gli sta vicino, si copre".
Autobiografico come ogni altro film rosselliniano di quegli anni, nella vita reale i due "bistecconi" uniti nella diversità sono anche il regista e l'attrice, maltrattati dalla critica del tempo e costretti a stringersi l'uno all'altra per lavorare e sopravvivere. Nonostante l'accoglienza dei giovani critici francesi, futuri registi della Nouvelle vague, Viaggio in Italia fu infatti stroncato un po' ovunque alla sua uscita, in Francia come in Italia, dove fu visto come l'ennesima conferma dell'involuzione di Rossellini e accusato di presunzione, di noia, persino di rovinare la reputazione di Ingrid Bergman. Dovranno passare molti anni ‒ e molti film, come Le mépris di Jean-Luc Godard ‒ perché anche la critica ufficiale riconosca il valore di Viaggio in Italia con "l'evidenza di una sferzata".
Interpreti e personaggi: Ingrid Bergman (Katherine Joyce), George Sanders (Alex Joyce), Maria Mauban (Marie Rastelli), Anna Proclemer (prostituta), Leslie Daniels (Tony Burton), Natalia Ray (Natalie Burton), Jackie Frost (Judy), Paul Müller (Paul Dupont).
J. Rivette, Lettre sur Rossellini, in "Cahiers du cinéma", n. 46, avril 1955.
M. Schérer, La terre du miracle, in "Cahiers du cinéma", n. 47, mai 1955.
F. Truffaut, Voyage en Italie, in "Radio-cinéma-télévision", mai 1955, poi in "Cahiers du cinéma", n. 410, juillet-août 1988.
A. Bazin, Difesa di Rossellini, in "Cinema nuovo", n. 65, 25 agosto 1955.
A. Aprà, C. Martelli, Premesse sintagmatiche ad un'analisi di 'Viaggio in Italia', in "Cinema & Film", n. 2, primavera 1967.
Roberto Rossellini. Il mio metodo, a cura di A. Aprà, Venezia 1987.
A. Bergala, 'Voyage en Italie' de Roberto Rossellini, Crisnée 1990.
L. Mulvey, Satellites of Love, in "Sight & Sound", n. 12, December 2000.
Sceneggiatura: in "Filmcritica", n. 156-157, aprile-maggio 1965; in "L'avant-scène du cinéma", n. 361, juin 1987.