VIATORE da Coccaglio
VIATORE da Coccaglio (al secolo Vincenzo Bianchi). – Nato a Coccaglio (Brescia) il 20 aprile 1706, da Giacomo e da Maddalena Personelli, ebbe come fratello minore Paolo (13 maggio o 25 luglio 1713-17 marzo 1778).
Entrò diciottenne nell’Ordine cappuccino, assumendo il nome di Viatore da Coccaglio. Percorse diverse cariche nell’Ordine: fu predicatore, lettore, guardiano, definitore provinciale, prefetto apostolico della missione della Rezia, custode generale e infine, nel 1771-74, provinciale della provincia di Brescia.
Dovette aderire, già dagli anni Cinquanta, al gruppo giansenista bresciano, che si riuniva presso il conte Gian Maria Mazzuchelli, secondo testimonianze concordi di Giuseppe Cornaro, proposto di Villongo (Bergamo), e di Pietro Tamburini, poi figura di spicco del movimento: un gruppo che raccoglieva, tra gli altri, alcuni oratoriani della Pace di Brescia, come Camillo Almici e Antonio Maria Macchi, i benedettini Costantino Rotigni e Giovanni Girolamo Calepio, il somasco, poi benedettino, Giuseppe Maria Pujati e il fratello dello stesso Viatore, Bonaventura da Coccaglio (al secolo Paolo Bianchi), anch’egli cappuccino.
Nel clima della diffusione del giansenismo, della dottrina agostiniana e della polemica antigesuitica della seconda metà del secolo, Viatore assume con i suoi scritti una posizione particolarmente interessante, non di vertice, ma espressione di quel tono medio, religioso e culturale, che costituì il tessuto connettivo del movimento, alimentando gli scontri con la Compagnia di Gesù, l’edizione di testi patristici e più in generale di opere teologico-morali, e persino dibattiti all’interno dello stesso giansenismo italiano.
Il primo intervento a sostegno della dottrina agostiniana da parte di Viatore si ebbe in polemica con il minore riformato Fortunato da Brescia, autore di uno scritto Cornelii Jansenii Yprensis episcopi Systema de medicinali gratia Christi redemptoris methodice expositum et theologice confutatum (Brixiae, Rizzardi, 1751).
In esso il padre Fortunato intese distinguere il tema delle due dilettazioni o dei due amori, che si contrastano nel cuore umano e che per sé sono atte a trarre infallibilmente al bene o al male, allorché diventano relativamente preponderanti e dominanti, nel senso sostenuto da Giansenio, dall’interpretazione datane dalla scola agostiniana italiana, in particolare dal padre Gianlorenzo Berti, che riteneva l’arbitrio dell’uomo libero da costrizione esterna, ma invincibilmente spinto per costrizione interna (amor caelestis o concupiscentia carnalis) al bene o al male dalla forza dell’amore preponderante.
Lo scritto del padre Fortunato, che sembrò non adeguato a esprimere l’agostinismo della scuola italiana, provocò una critica severa da parte di un autorevole periodico del movimento, le Novelle letterarie di Firenze (7 e 14 luglio 1752), innescando uno scontro assai vivace, che si prolungò per qualche tempo, in cui intervennero lo stesso padre Fortunato, con le sue Osservazioni critiche sopra certo articolo delle “Novelle letterarie” (Roveredo 1752), e con un’ulteriore Risposta (Madrid 1754) il gesuita Francesco Antonio Zaccaria, a favore del padre Fortunato, e, in polemica con il francescano, il padre Berti e il padre Viatore, al quale sono attribuiti un Esame sulle osservazioni critiche (Lucca 1753) e la Storia e difesa delle due censure del novellista fiorentino (Lucca 1757).
L’episodio è rilevante non in sé, ma per il rilancio della dottrina agostiniana, sotto tiro anche in Francia, per la recrudescenza del problema giansenista intorno alla metà degli anni Cinquanta, che aveva dato vita a una linea politico-religiosa antigiansenista, ostile anche alla scuola agostiniana italiana, di cui si erano resi interpreti due autorevoli presuli, Jean-Joseph Languet de Gergy, vescovo di Soissons e poi arcivescovo di Sens, e Jean d’Yse de Saléon, vescovo di Agen, poi di Rodez, e quindi arcivescovo di Vienne. In un clima che vide apparire numerose opere dei Padri della Chiesa e dei primi scrittori cristiani, da s. Agostino a s. Fulgenzio, da Tertulliano a s. Cipriano, Viatore pubblicò la Ricerca sistematica sul testo, e sulla mente di S. Prospero d’Aquitania nel suo poema contro gli ingrati (Brescia, Rizzardi, 1756) e Lo spirito filosofico-teologico-ascetico di San Prospero d’Aquitania ne’ suoi epigrammi (Brescia, Bossini, 1760).
La scelta di s. Prospero, discepolo di s. Agostino, che polemizzò contro i semipelagiani di Marsiglia, a difesa della dottrina agostiniana della grazia, non era casuale, in quanto consentiva a un lettore settecentesco, rigorista o filogiansenista, di individuare negli ‘ingrati’ – i negatori della grazia – i gesuiti, per l’assimilazione del molinismo al semipelagianesimo, secondo un’accusa già formulata da Giansenio.
La Ricerca, che utilizza l’edizione delle opere di s. Prospero, stampata a Venezia nel 1744, dedicata al cardinale Domenico Passionei, antigesuita e autorevole protettore del movimento giansenista, si colloca nel contesto di altre traduzioni, di cui Viatore dà notizia, quella di Gian Francesco Giorgetti (1751) in ottava rima, quella del domenicano Carlo Agostino Ansaldi (1753) in endecasillabi sciolti, e altre in preparazione, ma Viatore rivendica alla propria traduzione, in versi sciolti, la «scrupolosa fedeltà» all’originale e la ricchezza dell’Apparato (pp. 3-16 e 143-156), e soprattutto la presenza delle settanta annotazioni (pp. 163-569) di carattere teologico e storico che accompagnano il testo. Lo spirito filosofico-teologico-ascetico è dedicato al cardinale Carlo Vittorio Amedeo Delle Lanze, grande elemosiniere del re di Sardegna e abate commendatario di S. Benigno di Fruttuaria, anch’egli allora protettore e punto di riferimento del movimento, prima del suo clamoroso distacco, nell’area piemontese e savoiarda. In questa prosecuzione ideale del lavoro precedente, Viatore, obbedendo a una volontà ‘sistematica’, organizza i centosei epigrammi di s. Prospero per materia o argomento, indicando però l’ordine originario degli stessi epigrammi, sulla base della citata edizione veneziana del 1744, nell’intento di facilitare a novizi di ordini religiosi, e in generale ai lettori, l’apprendimento della dottrina agostiniana, «onde confondere, e abbattere gli empi sistemi de’ moderni Filosofanti, che fan guerra sì aspra contro la Cattolica religione» (pp. n.n. della dedica). Vi era dunque in lui anche una preoccupazione apologetica in difesa della fede contro la filosofia dei Lumi, insieme con quella contro la Compagnia di Gesù, accusata di favorire gli erramenti dall’antica tradizione cristiana.
Più tardi Viatore intervenne in occasione delle polemiche sollevate dall’enciclica Ex omnibus Christiani orbis (1756) di Benedetto XIV, che, con scelta moderata nei confronti dei contrasti insorti in Francia intorno al nodo del giansenismo, pur ribadendo in ogni modo la dovuta obbedienza alla bolla Unigenitus (1713), ne aveva omessa la qualifica di ‘regola di fede’, attribuitale nel Concilio romano del 1725, promosso da papa Benedetto XIII, una qualifica che aveva provocato subito violente polemiche, in quanto ritenuta introdotta surrettiziamente negli atti del Concilio. La polemica, aperta dal domenicano Gian Vincenzo Patuzzi nel 1758, e protrattasi per circa un trentennio, ebbe una ripresa negli anni Ottanta, a opera degli ex gesuiti Luigi Mozzi e Francesco Antonio Zaccaria. Viatore indirizzò al primo, in forma anonima, gli Zoppiccamenti sulla lettura di un libro intitolato: Il falso discepolo ecc. (Bergamo, Locatelli, 1780), e al secondo La Bolla Unigenitus non annunziata mai dalla S. Sede regola di fede (Brescia, Vescovi, 1782); ma era d’ambo le parti uno scontro ormai fuori tempo, «uno dei tanti piccoli fronti su cui ci si accaniva negli anni di crisi della Chiesa di antico regime entro lo scacchiere di battaglie più impegnative» (Stella, 2006, I, p. 294).
Tra gli anni Sessanta e Ottanta Viatore appare impegnato su altri due fronti diversi, che farebbero pensare a una personalità scissa o a una figura contraddittoria: la difesa dell’autorità papale contro l’opera di Febronio, De Statu Ecclesiae et legitima potestate Romani pontificis (1763), e la pubblicazione di un’ampia opera di filosofia scolastica, frutto evidente dei suoi studi e del suo insegnamento, l’una e l’altra destinate a un notevole successo. In realtà, Viatore non fu giansenista in senso definito e convinto, ma, pur nell’attenzione dedicata al movimento, appare da un lato sostenitore dell’ortodossa scuola agostiniana italiana, che aveva cercato di distinguere la dottrina agostiniana dall’interpretazione di Giansenio, come la polemica con il padre Fortunato da Brescia sta a confermare, e dall’altro fedele alla S. Sede, negli spazi dottrinali e istituzionali che i dibattiti coevi consentivano, e alla tradizione culturale e religiosa del suo Ordine.
Contro l’opera di Febronio, interprete delle tendenze episcopaliste, che miravano a limitare l’autorità papale, pubblicò uno scritto Italus ad Febronium i[ur.] c[ons.] clar. de Statu Ecclesiae (Lucae, ma Lugano, 1768), che rappresenta una voce significativa nel contesto della polemica aperta dal De Statu Ecclesiae.
Alla prima edizione seguirono una ristampa nello stesso anno «pro supplemento ad Tentamina theologica» (v. oltre) e una seconda edizione corretta e aumentata (Lucae 1770), un’altra edizione, forse la stessa, a Venezia, presso lo stampatore Simone Occhi, e un’edizione in due tomi (Francofurti ad Moenum 1773, apud fratres Durenios), cui si affiancherebbe una traduzione in tedesco, che Ilarino da Milano (in Biblioteca dei Frati minori cappuccini, 1937, n. 1545) dà in forma dubitativa, ma che Valdimiro da Bergamo (1889, p. 140) dà come edita a Francoforte in due tomi presso i Duren nel 1773. Completano il quadro editoriale un’edizione cui sono aggiunte delle Vindicae, in italiano, stampate, il primo tomo a Trento nel 1774, presso Francesco Michele Battisti, e il secondo tomo a Venezia nel 1775, presso Occhi, e ancora a Trento, presso lo stampatore vescovile Giambattista Monauni, una Versione e proseguimento dell’Italus..., I-II, 1771, e, presso lo stesso stampatore, nel 1772, un tomo III, che ha per titolo Proseguimento dell’Italus [...] in risposta al secondo tomo stampato in Frankfort, ed in Lipsia nell’anno 1770: un iter che si conclude con il Quarto corso di lettere dell’Italus al ch. sig. Giustin Febbronio in risposta al libro di Daniele Berton intitolato Causa buona di Giustin Febbronio difesa contro il padre Viatore da Coccaglio cappuccino. In Frakfort ed in Lipsia anno 1772, edito a Bologna, Longhi, 1776.
Contemporaneamente, Viatore andava pubblicando la sua opera di teologia speculativa scolastica, che intitolò Tentamina, cioè saggi, ma che si sviluppò in ben sei volumi, Tentamina theologico-scolastica, stampati a Bergamo, presso Francesco Locatelli, nel 1768 (I-III), 1769 (IV), 1770 (V), 1771 (VI). A essa si affiancò, per la teologia morale, la serie di altri sei volumi di Tentamina theologico-moralia, sollecitata dall’arcivescovo di Genova Giovanni Lercari, apparsa a Lucca, presso Giacomo Giusti (I-III, 1778-1779) e sempre a Lucca, presso Marescandoli (IV-VI, 1780).
Nell’uso didattico sembrò opportuno, per le due serie, approntare due edizioni ridotte, che apparvero come Tentaminum scholasticorum synopsis (Venezia, Occhi, 1782), in due volumi, ma il secondo è in due tomi, e come Tentaminum theologicorum in moralibus synopsis (Venezia, Occhi, 1791), in due volumi, con il secondo in due tomi.
Negli ultimi anni abbiamo poche notizie di Viatore. Gli vengono attribuite le Riflessioni sopra l’origine, la natura ed il fine della divozione al Sacro Cuor di Gesù (Napoli 1780), in polemica contro la ‘nuova devozione’ diffusa soprattutto dalla Compagnia di Gesù, e una Vita della venerabile Maria Maddalena Martinengo (Brescia, Vescovi, 1794) a sostegno del culto di questa mistica bresciana dell’Ordine cappuccino, un testo abbozzato dal fratello Bonaventura da Coccaglio, che in più occasioni intrecciò la propria attività con quella di Viatore.
Morì nel convento di Cologne Bresciano il 18 gennaio o marzo 1793.
Fonti e Bibl.: Valdimiro da Bergamo, Biografia e bibliografia del P. Viatore Bianchi da Coccaglio, in Miscellanea francescana, 1888, vol. 3, pp. 139-143 (con indicazioni delle opere edite e inedite); A.C. Jemolo, Il giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1928, pp. 98, 103-115, 141-157, 165, 173, 213, 343; Biblioteca dei Frati minori cappuccini di Lombardia (1535-1900), a cura di Ilarino da Milano, O.M.Cap., Firenze 1937, pp. 291-299 (con l’indicazione solo delle opere edite; pp. 78-85 per notizie su Bonaventura da Coccaglio); E. Codignola, Carteggi di giansenisti liguri, I-III, Firenze 1941-1942, I, pp. 18, 149-178, III, pp. 827 s.; G. Mantese, Pietro Tamburini e il giansenismo bresciano. Con prefazione e una appendice bibliografica di Mons. Paolo Guerrini, Milano-Bologna-Brescia 1942, pp. 47, 220 s.; E. Codignola, Il giansenismo toscano nel carteggio di Fabio de Vecchi, I, Firenze 1944, pp. 21, 31, 219 s.; E. Dammig, Il movimento giansenista a Roma nella seconda metà del secolo XVIII, Città del Vaticano 1945, pp. 61, 167, 180, 302, 309 s., 335 s., 372; M. Rosa, Atteggiamenti culturali e religiosi di Giovanni Lami nelle “Novelle letterarie”, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, s. 2, XXV (1956), 3-4, pp. 260-333 (in partic. pp. 297 s., 309-311); A. Vecchi, Correnti religiose nel Sei-Settecento veneto, Venezia-Roma 1962, pp. 425, 442, 451-454, 473 s., 480 s., 519, 560; P. Stella, Il giansenismo in Italia, I-III, Roma 2006, I, pp. 293 s., 304, II, pp. 16, 105, 109, 219, 225; M. Rosa, Il giansenismo nell’Italia del Settecento. Dalla riforma della Chiesa alla democrazia rivoluzionaria, Roma 2014, pp. 65 s., 79.