VIBO VALENTIA (v. vol. VII, p. 1162)
L'area urbanizzata nella fase greca, finora pochissimo nota, di Hipponion, pare estendersi non tanto sotto l'abitato medievale nella parte alta del colle sotto al Castello, dove si ipotizza fosse l'acropoli, quanto piuttosto nelle aree sottostanti: se ne hanno tracce, anche di VI sec. a.C., nell'area del Convitto Nazionale Filangeri e, per il V-IV sec., in tutta la zona di S. Aloe. Non sappiamo ancora se l'abitato si sviluppava senza soluzione di continuità o per nuclei staccati.
La città venne cinta di mura, che conosciamo in una fase forse di IV sec. a.C., con successivi restauri e rifacimenti. La potente cortina, in opera isodoma di calcare tenero, si sviluppava per oltre 6 km, racchiudendo con l'area urbana anche ampi spazi liberi, complessi cultuali isolati e una parte della necropoli (Contrade Affaccio e Cancello Rosso), in uso dalla fine del VII sec. a.C., esterna alla città nel periodo precedente.
Il percorso registra affioramenti ancora imponenti a NE (località Trappeto Vecchio) e a NO (località Madonnella) e tracce discontinue in altri settori (talvolta già naturalmente fortificati).
Tutta l'area occidentale appare occupata da una vasta e regolare necropoli, con incinerazioni (rare e forse relative, nella prima fase, all'elemento indigeno) e inumazioni, in fossa, cassetta e cappuccina di embrici, in vasca fittile, con una casistica molto varia nel tempo, dalla fine del VII sec. all'esaurimento nel III sec. a.C. Sembra esserci una soluzione di continuità nei primi decenni del IV sec. a.C.: le nuove sepolture sistematicamente tagliano le precedenti e l'orientamento preferenziale diviene N-S da E-O. In una delle tombe (fine V-inizî IV sec. a.C.) era la nota laminetta aurea con testo orfico. In altra (di metà VI sec. a.C.) una spada bronzea (variante del tipo Cetona) e un pugnale a lingua da presa tipo Peschiera dell'Età del Bronzo Recente, in seconda giacitura, evidentemente recuperati nello scavo della fossa e inseriti nel corredo greco. In un'altra sepoltura erano riempiegati antepagmenta fittili dipinti di fine VII-inizî VI sec. a.C., da qualche edificio templare, di tipo peraltro già noto a Hipponion.
Nessuna nuova indicazione è giunta della necropoli greca segnalata dall'Orsi a Ν della Piazza d'Armi.
L'area interna alle mura a Ν e NE, che non sembra aver avuto destinazione residenziale, se non sporadica, anche per la cattiva esposizione, ha restituito documentazione che completa il quadro già definito a suo tempo dall'Orsi per gli edifici di culto. Sul Cofino, dal 1971, in occasione di lavori edilizî, è stata scavata una stipe votiva, forse in connessione con il tempio ionico, che ha restituito, da una camera quadrangolare in muratura, una protome leonina da decorazione architettonica di fine VI sec. a.C., grandi quantità di piccole kotylai, modellini fittili di templi (con gorgòneia nei frontoni), teste fittili di tipo medmeo, maschere, scadente ceramica attica. L'utilizzo va dalla fine del VI alla prima metà del IV sec., con tracce di frequentazione fino alla fine del III sec. a.C. Poco lontano, in Via Croce Nivera, scavi del 1974 hanno individuato un deposito votivo nel quale si trovavano soprattutto figure femminili con fiaccola e porcellino, di IV sec. a.C. L'intero complesso, forse unitario, sembra dedicato al culto di Demetra. A poca distanza era un edificio ellenistico o romano repubblicano, nel quale era una statua panneggiata femminile acefala, di notevole fattura.
Infine, in località Scrimbia, significativamente presso l'omonima fonte, venne individuata (1971) e successivamente scavata una ricca stipe votiva (inizialmente saccheggiata clandestinamente: Collezione Albanese al museo nel 1969), con almeno tre nuclei scalati nel tempo, dall'inizio del VI (580 c.a) alla metà o alla fine del V sec. a.C. Era forse in connessione con un edificio templare, del quale si sono trovati nella stipe antepagmenta di fine VI sec. a.C., probabilmente collocato più in alto (verso il Tiro a Segno, da dove forse provengono materiali analoghi). Insieme con grandi quantità di craterischi fittili, vi era ricchissima coroplastica, anche di grandi dimensioni, locrese, medmea e locale, figure di tori (forse caratterizzanti il santuario), maschere, pìnakes, abbondante ceramica del Corinzio Medio e Tardo, italo-corinzia, calcidese, laconica, con qualche pezzo ionico e rodio e con una splendida documentazione attica, dai Piccoli Maestri e dalle coppe tipo Siana ai migliori ceramografi a figure rosse della metà del V sec. a.C. Eccezionali erano gli oggetti metallici: elmi di tipo corinzio e calcidese, calderoni, specchi, statuette e vasi, schinieri, scudi. Sono presenti, infine, piccoli gioielli e vasetti in pasta vitrea.
Le complesse vicende della prima metà del IV sec., che si concludono con la conquista brettia del 356 a.C., non sembrano pregiudicare lo sviluppo della città. All'interno delle mura, costruite o rafforzate proprio in questo periodo, le necropoli continuano a essere utilizzate, anche se tendono a svilupparsi all'esterno, come nella località Piercastello, a O dell'Affaccio, dove si ha una continuità dal IV sec. a.C. sino all'età romana, anche con piccoli monumenti funerarî ellenistici. Tutta l'area di S. Aloe appare urbanizzata, con i livelli ellenistici sempre presenti sotto la fase romana. Un capitello dorico ellenistico trovato in una fossa di scarico in località Madonnella conferma la presenza di edifici anche di un certo respiro. Tutte le stipi votive finora note risultano invece esaurite in questa fase, con solo poche labili tracce di frequentazione (Cofino). Nulla sappiamo dei relativi santuari.
Documento eccezionale della crisi che sicuramente coinvolse anche la città alla fine della seconda guerra punica è l'imponente ripostiglio (866 pezzi) di argenti brettî ritrovato nel 1974 in località S. Aloe.
La fase romana, anche per la sua lunga durata, non appare di facile lettura. Da un'epigrafe ritrovata in un pozzo nelle terme di S. Aloe, sappiamo di lavori a una delle porte della cinta urbica, che forse venne rifatta con un circuito minore, escludendo almeno tutta l'area N. Se ne è voluta riconoscere traccia in strutture ora non più visibili e da verificare poco a Ν delle terme in località S. Aloe.
L'area urbanizzata appare comunque amplissima e si estende sotto l'intero complesso urbano di Monteleone e in gran parte della località S. Aloe. La concordanza nell'orientamento di alcuni edifici di culto cristiani (chiese del Rosario e di San Leoluca) con l'orientamento degli edifici romani noti a S. Aloe e con la strada che attraversava appunto questa località ha fatto proporre un impianto regolare con andamento NE/SO e NO/SE, che è però ancora tutto da dimostrare. Nulla sappiamo della collocazione del foro e degli edifici pubblici della colonia. Non stupirebbe, soprattutto per la conformazione del suolo, che il foro fosse proprio nella zona detta Terravecchia, a E della quale nel 1971 è stato individuato il teatro, che utilizza e regolarizza un pendio naturale sotto la chiesa del Rosario. Ne conosciamo solo alcuni muraglioni concentrici di imbrigliamento (non i più alti) e un piccolo settore di gradinata in pietra dell 'ima cavea. Non è possibile una datazione, così come non sappiamo se la struttura sorgeva su un precedente edificio greco o ellenistico.
Meglio note sono le terme, di cui è stato in parte scavato l'ampio frigidarium, con almeno due grandi piscine, a O della palestra porticata. I vani riscaldati erano posti, come di consueto, a N. L'edificio, che mostra analogie planimetriche soprattutto con impianti africani di II-III sec., ha restituito notevoli mosaici (III-IV sec.) nei vani lungo i lati della palestra, uno con pesci e le stagioni. Forse dal frigidarium proviene un notevole ritratto di Agrippa, ora al museo.
Tutta l'area N-E dell'impianto romano appare destinata a un'urbanizzazione molto qualificata, con grandi domus (come quella a peristilio in Via XXV Aprile scavata nel 1976-8 e quella più a Ν scavata nel 1982), con mosaici e decorazione statuaria (statua arcaistica da S. Aloe del 1969; statua femminile dalla scuola a fianco delle terme del 1974). Sempre in Via XXV Aprile imponenti strutture romane hanno fatto pensare a un criptoportico. Non stupirebbe che la città avesse uno schema urbanistico ad ali specializzate, poste ai lati di uno spazio pubblico (il foro?) di cerniera. A SE si avrebbe quindi il quartiere popolare e artigianale. Ne sembrerebbero una conferma gli impianti artigianali (fornaci) che sono apparsi sia nella piazza dell'attuale Municipio sia più a O, occupando aree precedentemente funerarie (Affaccio).
In queste fasi romane le necropoli paiono collocarsi anche in posizioni diverse rispetto al periodo greco; oltre che in località Piercastello (già citata, oltre l'Affaccio) e a NO (Piazza d'Armi; sotto le mura greche), anche a O (Madonnella).
Le grandi domus a S. Aloe mostrano una frequentazione che giunge sino al VI o al VII sec. d.C. Tutta l'area delle terme è però occupata, dopo l'obliterazione completa delle strutture romane, da un quartiere abitativo con orientamento dissonante dalla realtà sottostante, con muri in ciottoli e materiali di recupero relativi probabilmente alle ultime fasi di vita dell'abitato prima dell'abbandono nell'Alto Medioevo.
Bibl.: Per indicazioni sulle attività di scavo dal 1966 in poi cfr. gli Atti dei Convegni di Studi sulla Magna Grecia e le annate della rivista Klearchos·, v. inoltre E. A. Arslan, Scavi e scoperte a Vibo Valentia, in Magna Graecia, VII, 1971, 3-4, pp. 12-13, 21; C. Sabbione, Ricerche archeologiche nei territori di Locri e delle sue subcolonie, in Gli Eubei in Occidente. Atti del XVIII Convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto 1978, [Taranto] 1984, pp. 394-398; L. Quilici, Il Piane del Salvatore presso Briatico. Prospezioni Archeologiche, in ArchCl, XXXVI-XL, 1986-1988, pp. 105-115; M. T. Iannelli, G. Lena, G. Sivigliano, Indagini subacquee nel tratto di costa tra Zambrone e Pizzo Calabro, con particolare riferimento agli stabilimenti antichi per la lavorazione del pesce, in V Rassegna di Archeologia Subacquea, Giardini Naxos 1990, Messina 1992, pp. 9-43.
In generale: G. Pugliese Carratelli (ed.), Megale Hellas, Milano 1983, passim e pp. 621-622; S. Settis (ed.), Storia della Calabria. La Calabria antica, Reggio Calabria 1988, passim, in part. pp. 88 ss., 176 ss., 325 ss., 549 ss.; AA.VV., Giornate di studio su Hipponium-Vibo Valentia, in AnnPisa, XIX, 1989, pp. 413-876; P. G. Guzzo, I Brettii. Storia e Archeologia della Calabria preromana, Milano 1989, pp. 96-98, 100; M. Cucarzi, M. T. Iannelli, A. Rivolta, On Geosciences and Archaeology in the Mediterranean Countries, in The Geological Survey of Egypt, Cairo 1995, pp. 149-168; M. T. Iannelli, Dalla preistoria all'età romana, in F. Mazza (ed.), Vibo Valentia. Storia, cultura, economia, Soveria Mannelli 1995, pp. 26-68; I Santuari della Magna Grecia in Calabria. Santuari delle colonie locresi nel Tirreno, 1996, pp. 131-167. - Protostoria: V. Bianco Peroni, in Beiträge zu italienischen und griechischen Bronzefunden (Prähistorische Bronzefunde, XX, 1), Monaco 1974, pp. 127-134; R. Peroni, Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, I, Napoli 1982, p. 12; M. Pacciarelli, Ricerche sul promontorio del Poro e considerazioni su un insediamento del primo ferro in Calabria Meridionale, in Rivista Storica Calabrese, n.s. X-XI, 1989-1990, nn. 1-4, pp. 9-39. - -Topografia: E. Perotti, Le mura di Vibo Valentia e una recente scoperta epigrafica, in PP, XXIX, 1974, pp. 127-134; C. Sabbione, Cenni di topografia antica, in Beni culturali a Monteleone di Calabria, Chiaravalle Centrale 1978, pp. 147-159; Β. Sangineto, Frammenti di storia urbana da un intervento a Vibo Valentia, in ArchStorCalabria, LI, 1984, pp. 17-25; E. A. Arslan, Necropoli di Vibo Valentia-Hipponion, in AnnPisa, XVII, 1987, pp. 1030-1058; F. Barello, Resti di architettura greca a Hipponion, ibid., XIX, 1989, pp. 535- 558; L. Quilici, Note di topografia sul santuario del Cofino a Vibo Valentia, in PP, XLV, 1990, pp. 119-134; A. M. Rotella, M. D'Andrea, La Necropoli Occidentale di Hipponion Valentia e le successive fasi di riutilizzo, in Klearchos, XXII, 1990, 125-128, pp. 5-28; F. Sogliani, Per la storia di Vibo Valentia dal tardoantico al Medioevo, in CorsiRavenna, XXXVII, Ravenna 1990, pp. 453- 478; F. Sogliani, Vibo Valentia e il suo territorio: testimonianze di eruditi e viaggiatori, in RendAccNapoli, LXIII, 1991-1992, (1994), pp. 561-610; L. Quilici, Una vigna nel paesaggio della Calabria, in Archeologia Veneta, XV, 1992, pp. 117-129; T. Aumüller, Die Stadtmauern von Vibo Valentia, in RM, CI, 1994, pp. 242-278; C. Sabbione, Deposito votivo in contrada Scrimbia di Vibo Valentia, in I Greci in Occidente (cat.), Milano 1996, pp. 641-642. - Materiali vari: M. Schinko, Pinakes di tipo locrese nel Museo Archeologico di Vibo Valentia, in Klearchos, XV, 1973, pp. 59-90; E. Perotti, Bolli laterizi rinvenuti a Vibo Valentia, ibid., XVI, 1974, pp. 77-104; G. Barbieri, Due vasi del Pittore di Berlino da Vibo Valentia, in BdA, s. VI, n. 15, 1982, pp. 61-66; C. A. Chiarlo, Ritratto tardo-repubblicano da Vibo Valentia, in Απαρχαι. Nuove ricerche e studi sulla Magna Grecia e la Sicilia antica in onore di P. E. Arias, Pisa 1982, pp.
615-618; C. Vandermersch, Monnaies et amphores commerciales d'Hipponion. A propos d'une famille de conteneurs magno-grecs du IVe siècle avant J.C., in PP, XL, 1985, pp. 110-145; Μ. De Cesare, CVA Italia, 67. Vibo Valentia, Museo statale «Vito Capalbi», 1, Roma 1991; G. Pugliese Carratelli, Le laminette d'oro orfiche, Milano 1993. - Monetazione: M. Taliercio Mensiteri, Problemi monetari di Hipponion e delle città della Brettia tra IV e III sec. a.C., in Crotone e la sua storia tra VI e III sec. a.C. Atti del Seminario di studi, Napoli 1987, Napoli 1993, pp. 131-186. - Epigrafia: G. Pugliese Carratelli, Un sepolcro di Hipponion e un nuovo testo orfico, in PP, XXIX, 1974, pp. 91- 126; M. Bonocore, Note di epigrafia latina vibonese, in Klearchos, XXVI, 1984, pp. 53-71; L. Lazzarini, Sulla laminetta di Hipponion, in AnnPisa, XVII, 1987, pp. 329-332 (con bibl.).