Vichinghi
I padroni dei mari venuti dal Nord
Nell’8° secolo d.C. le coste europee furono travolte dalla grande espansione dei Vichinghi, i popoli dell’Europa settentrionale che, grazie alle loro straordinarie capacità marinare, si erano lanciati con successo in lunghe e pericolose traversate. Guerrieri, mercanti, pirati e colonizzatori, i Vichinghi si stabilirono ai quattro punti cardinali dell’Europa, e non solo
Gruppi di guerrieri e pirati scandinavi furono protagonisti dall’8° all’11° secolo di una notevole espansione marittima: erano i Vichinghi (termine che deriva da vik «baia», o da vig «battaglia»), i quali, pur non conoscendo la bussola, sapevano orientarsi in mare aperto anche nei giorni di nebbia, sfruttando per i loro calcoli alcuni strumenti artigianali; erano inoltre grandi conoscitori dei venti e ottimi marinai.
L’8 giugno del 793 i monaci dell’abbazia di Lindisfarne, un’isola sulla costa orientale dell’Inghilterra, assistettero terrorizzati alle loro razzie. Questo saccheggio segnò l’inizio dell’epopea vichinga in Europa. Spinti dalla volontà di accumulare ricchezze e gloria militare, valori di primaria importanza nella società nordica, ma anche da una notevole crescita demografica, questi gruppi si lanciarono in ogni direzione. I Danesi, alla testa di grandi armate, si diressero verso i territori dell’Impero carolingio (Normanni) e l’Inghilterra, dove fondarono il Regno di York, che costituì una spina nel fianco per i regni anglosassoni. Nel 1016 un danese, Canuto il Grande, fu incoronato re d’Inghilterra e di Danimarca. In questo periodo iniziò anche la cristianizzazione di queste popolazioni, che abbandonarono la loro antica religione guerriera.
Un altro popolo del Nord, i Norvegesi, specialisti delle incursioni e del saccheggio, approdò in Scozia, in Irlanda e in Islanda. Gli Svedesi, invece, si riversarono a est, verso la steppa e la grande pianura russa, si mescolarono alle popolazioni slave e si dedicarono al traffico di legname e pellicce, stringendo rapporti commerciali con l’Impero bizantino. I loro insediamenti costituirono il nucleo originario della Russia.
Le navi furono le grandi protagoniste dell’espansione vichinga. Grazie a importanti ritrovamenti archeologici avvenuti tra Ottocento e Novecento conosciamo bene queste imbarcazioni, costruite generalmente in legno di quercia, con poppa e prua rialzate e una grande vela quadrata. I battelli da combattimento erano leggeri e facilmente manovrabili: il loro scafo poco profondo permetteva di approdare con facilità sulle spiagge e di risalire i fiumi. La prua era intagliata e dipinta con disegni raffiguranti teste di cane, di bisonte o più spesso di drago. Questi animali dovevano servire a scacciare gli spiriti maligni del mare. Le navi più grandi misuravano circa 30 m e potevano trasportare da 40 a 80 guerrieri con i loro cavalli.
Le navi mercantili, al contrario, erano più pesanti e robuste, perché dovevano essere adatte al trasporto di grossi carichi e ideali per le lunghe traversate.
Nel corso dei loro viaggi i Norvegesi colonizzarono terre vergini o scarsamente abitate. Con le loro navi si spinsero molto lontano, approdando sul continente americano molti secoli prima di Cristoforo Colombo e di Giovanni e Sebastiano Caboto. All’origine di questa straordinaria avventura troviamo un leggendario capo vichingo, Erik il Rosso, nato in Norvegia nel 940 circa e costretto ad abbandonare il suo paese per aver commesso alcuni omicidi. Esiliato in Islanda, dovette lasciare anche questa terra e fece rotta verso ovest, approdando in un’isola deserta vicino al Polo Nord. Erik la chiamò Groenlandia, «terra verde», nel tentativo di attirare sull’isola altri abitanti. Dalla Groenlandia alla fine del 10° secolo partì la spedizione guidata da un figlio di Erik che toccò le coste americane, in un luogo che secondo gli studiosi era molto probabilmente il Labrador (Canada).
Le saghe norvegesi – racconti eroici e avventurosi dei popoli dell’Europa settentrionale – descrivono una terra fertile con un clima mite. Ma i rapporti con le popolazioni indigene non dovettero essere facili e dopo alcuni inverni i Vichinghi fecero ritorno in Groenlandia. Il Nuovo Mondo venne dimenticato, in attesa di un’ulteriore scoperta, frutto – questa volta – di una consapevole ricerca di terre nuove e di precise ipotesi geografiche.