vicino (agg. e sost.)
L'aggettivo ricorre nove volte nella Commedia, ove esprime idea di prossimità con persone e cose: If XVI 92 'l suon de l'acqua n'era sì vicino, / che per parlar saremmo a pena uditi; Pg VIII 116 se novella vera / di Val di Magra o di parte vicina / sai; XXV 94 l'aere vicin quivi si mette / e in quella forma ch'è in lui suggella / virtüalmente l'alma che ristette, dove Stazio allude al disporsi dell'aria " circostante all'anima ivi fermatasi ", e al suo atteggiarsi, " quasi materia, in quella forma di corpo umano che in esso imprime... l'anima con la sua virtù informativa " (Scartazzini-Vandelli); XXX 114 nostre viste là non van vicine; Pd VI 42 vincendo intorno le genti vicine, e X 97 Questi che m'è a destra più vicino.
Maggiore attenzione meritano alcuni luoghi in cui l'aggettivo va inteso in un campo concettuale più ampio dovuto al particolare contesto.
In Pd I 111 Ne l'ordine ch'io dico sono accline / tutte nature, per diverse sorti, / più al principio loro e men vicine, v. è connotato dall'idea filosofica della scala degli esseri che tendono al loro unico fine coincidente con Dio (ma cfr. Tomm. Sum. theol. I 19 1c, oltre a Cv III VII 5 ss.). In Pd X 78 quelli ardenti soli / si fuor girati intorno a noi tre volte, / come stelle vicine a' fermi poli, può avvertirsi una determinazione da linguaggio scientifico (ma cfr. Cv II V 8 ss.). Nel passo di Pd XVI 52 Oh quanto fora meglio esser vicine / quelle genti ch'io dico, nelle parole di Cacciaguida, l'aggettivo vale, dato il contesto, " non cittadine " (cfr. Scartazzini-Vandelli), ed è uso poco comune per una forma che inglobava abitualmente in sé proprio l'idea opposta (v. oltre). Ricorrenza, del tutto usuale, in Fiore CCXII 2 A la sua spada mise man Paura / per soccorrer Vergogna, sua vicina. Da ricordare poi il superlativo vicinissime congetturato dalla '21 in Pd XXVII 100 (altra congettura, nel Pézard, vicine), ma vedi vivo poiché il Petrocchi legge vivissime.
Come sostantivo, v. si registra nella sola Commedia (otto volte), ma con interessante gamma di significati. Riferito a persona, nell'usuale accezione di " chi ci sta dappresso ", ricorre in Pg XX 137 tutti ‛ Deo ' / dicean, per quel ch'io da' vicin compresi, e in XVII 115 È chi, per esser suo vicin soppresso, / spera eccellenza, e sol per questo brama / ch'el sia di sua grandezza in basso messo, ove nondimeno il tono di morale sentenziosità (accusa contro la superbia, ma cfr. Tomm. Sum. theol. II II 162 3 ad 4 " superbia dicitur esse amor propriae excellentiae, inquantum ex amore causatur inordinata praesumptio alios superandi, quod proprie pertinet ad superbiam ") dà al vicin il significato tutto cristiano di " prossimo ".
L'incrocio di queste due sfumature diverse è presente nelle parole di Ugolino, in If XXXIII 15 ti dirò perché i son tal vicino (all'arcivescovo Ruggieri), dove l'idea di fisica vicinanza e di possibile solidarietà umana sono deformate e stravolte dal sarcastico tal, come ebbe già a osservare il De Sanctis: " ‛ Vicino ' risveglia idea benigna d'amicizia e dimestichezza di uomini che vivono e usano insieme; ma in bocca a Ugolino è una ironia amara " (Saggi critici, a c. di L. Russo, Bari 1965, III 31). Nell'invettiva di If XXXIII 81 poi che i vicini a te [Pisa] punir son lenti, / muovasi la Capraia e la Gorgona, il termine pare coprire con allusione generica Fiorentini e Lucchesi, di Pisa acerrimi nemici (cfr. G. Villani VII 128 e 137), mentre in altri passi il sostantivo è sinonimo di " concittadino ": così in If XVII 68 sappi che 'l mio vicin Vitalïano / sederà qui dal mio sinistro fianco; Pg XI 140 scuro so che parlo; / ma poco tempo andrà, che ' tuoi vicini / faranno sì che tu potrai chiosarlo; Pd XVI 135 ancor saria Borgo più quïeto, / se di novi vicin fosser digiuni, e XVII 97 Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie.