Mature, Victor
Nome d'arte di Vittorio Maturi, attore cinematografico statunitense, nato a Louis-ville (Kentucky) il 29 gennaio 1913 e morto a Rancho Santa Fe (California) il 4 agosto 1999. Figlio di un italiano originario del Trentino, emigrato negli Stati Uniti nel 1912, M. aveva tratti spiccatamente latini, un'eccezionale prestanza fisica e una certa sensuale indolenza (talvolta al limite dell'inespressività) che lo resero particolarmente adatto a interpretare kolossal nel periodo di maggior successo del genere, ossia i primi anni Cinquanta. Tuttavia se a questo tipo di film dovette il suo successo, dimostrò di essere più convincente nel delineare personaggi torbidi e psicologie tormentate in opere di varia ispirazione, come The Shanghai gesture (1941; I misteri di Shangai) di Josef von Sternberg o My darling Clementine (1946; Sfida infernale) di John Ford.
Bocciato al provino per Gone with the wind (1939; Via col vento) di Victor Fleming (per la parte poi assegnata a George Reeves), esordì nel piccolo ruolo di Lefty in Housekeeper's daughter (1939; La casa delle fanciulle) di Hal Roach, accanto a Joan Bennett, e per lo stesso regista recitò in One million B.C. (1940; Sul sentiero dei mostri) nelle succinte vesti del cavernicolo Tumak, riuscendo ad attirare l'attenzione dei produttori. Fu sulle scene di Broadway con Gertrude Lawrence, e la 20th Century-Fox gli offrì un contratto pluriennale. In The Shanghai gesture fu oltremodo persuasivo in una parte di cattivo (il diabolico dottor Omar), ma la Fox preferì utilizzarlo, in ruoli di spalla, al fianco delle più belle dive del momento. Senza particolare entusiasmo fu così il partner di Betty Grable in ben tre film del 1942: I wake up screaming (Situazione pericolosa) di H. Bruce Humberstone, Song of the Islands (Maia, la sirena delle Hawaii) di Walter Lang e Footlight serenade (Baci, carezze e pugni) di Gregory Ratoff. Più a suo agio sembrò accanto a Rita Hayworth nella parte del musicista Paul Dresser in My gal sal (1942; Follie di New York) di Irving Cummings, e offrì un'interpretazione memorabile nel ruolo del tubercolotico Doc Holliday nel western My darling Clementine. Diede anche buone prove nella parte del sinistro eroe di Moss rose (1947; Rose tragiche), ancora per la regia di Ratoff, e soprattutto nel ruolo di poliziotto in due ottimi film noir: Kiss of death (1947; Il bacio della morte) di Henry Hathaway e Cry of the city (1948; L'urlo della città) di Robert Siodmak. Dopo aver interpretato con sobrietà, e una segreta vena d'amarezza, un asso del football costretto al ritiro in Easy living (1949; Il gigante di New York) di Jacques Tourneur, con il ruolo del protagonista in Samson and Delilah (1949; Sansone e Dalila) di Cecil B. DeMille ottenne un clamoroso successo che lo inchiodò per l'avvenire a personaggi di analoga impostazione. Tentò altre strade, facendo nuovamente coppia con Betty Grable in Wabash avenue (1950; La venere di Chicago) di Henry Koster, o imboccando la via della commedia con il pungente Something for the birds (1952) di Robert Wise, ma la Fox lo ricacciò nel ruolo di un personaggio di fantasia, lo schiavo Demetrio, in un altro film di cassetta, The robe (1953; La tunica), ancora di Koster. Da allora fu legato a parti in costume, come quella dell'impassibile Horemheb in The Egyptian (1954; Sinuhe l'egiziano) di Michael Curtiz o di nuovo dello schiavo Demetrio, diventato l'amante di Messalina, in Demetrius and the gladiators (1954; I gladiatori) di Delmer Daves. Gli si presentarono ancora due buone occasioni, dapprima nel tesissimo Violent Saturday (1955; Sabato tragico) di Richard Fleischer e subito dopo nel western The last frontier (1955; L'ultima frontiera) di Anthony Mann, in cui è Jed Cooper, respinto e attratto dalla disciplina militare. Si trasferì in Gran Bretagna, dove però non ricevette offerte interessanti: ebbe il ruolo di un cacciatore accecato dall'odio per i Mau Mau in Safari (1956) di Terence Young, e affiancò Anita Ekberg nell'esotico Zarak (1956; Zarak Khan), ancora di Young. Nel 1958 interpretò China doll (Bambola cinese) di Frank Borzage e il film di guerra No time to die (Non c'è tempo per morire) di Young, e l'anno successivo fu l'avventuriero Mike Conway in Timbuktu (La prigioniera del Sudan) di Tourneur, ma il successo gli aveva ormai voltato le spalle. Prolungò la sua carriera, virtualmente terminata, giungendo in Italia per partecipare a due film del filone storico-mitologico: Annibale (1959) di Carlo Ludovico Bragaglia e Edgar G. Ulmer, nel ruolo del leggendario condottiero, e I tartari (1961) di Ferdinando Baldi, accanto a Orson Welles. Riuscì quindi a sorprendere i critici per il furore autoderisorio con cui interpretò, al fianco di Peter Sellers, il divo in disarmo Tony Powell in Caccia alla volpe (1966) di Vittorio De Sica, tratto da un lavoro di N. Simon, che segnò in pratica il suo addio al cinema. Recitò infatti ancora in qualche film di scarsa importanza e ricomparve in una produzione televisiva, Samson and Delilah (1984) di Lee Philips, nelle vesti del padre dell'eroe biblico che aveva impersonato oltre trent'anni prima.