SARDOU, Victorien
Autore drammatico, nato il 7 settembre 1831 a Parigi, ivi morto l'8 novembre 1908. Iscritto per volontà dei parenti alla facoltà di medicina, non compì mai quegli studî; ma già a vent'anni aveva composto un dramma, La Reine Ulfra (1851), in versi, d'argomento svedese, che, rifiutato dalla Rachel, non fu mai rappresentato. Un secondo suo dramma, La Taverne des étudiants (1854), fu accettato e rappresentato all'Odéon; ma con grave insuccesso, pare soprattutto per opera degli spettatori studenti, che si ritennero offesi. Altri drammi - Bernard Palissy, Fleur de Liane, Pans à l'envers - gli vennero rifiutati; un altro, Candide, accettato dalla Déjazet, fu proibito dalla censura. Finalmente ottenne il suo primo successo con Les premières armes de Figaro (1859), interpretato dalla stessa Déjazet. A questo seguì, con ritmo trionfale, una copiosa produzione, comprendente drammi storici, drammi moderni, commedie satiriche e commedie brillanti: Pattes de mouche (1860); Nos intimes (1861); Les Pommes du voisin (1864); La Famille Benoîton (1865); Nos bons villageois (1866); Séraphine (1869); Patrie (1869); Fernande (1870); Rabagas (1872); Andréine (1873); Ferréol (1875); Dora (1877); Les Bourgeois de Pont-Arcy (1878); Daniel Rochat (1880); Divorçons (1880); Fédora (1882); Théodora (1884); Tosca (1887); Thermidor (1891); Madame Sans-Géne (1893); Spiritisme (1897); Robespierre (1899); L'affaire des poisons (1905), ecc. All'elenco vanno aggiunti molti libretti d'opera, e un libro polemico: Mes plagiats (1883).
Applaudito in tutto il mondo, arricchito, ricercato con predilezione nella grande società parigina del Secondo Impero e della Terza Repubblica, padre d'una famiglia felice, accolto (1877) nell'Académie française, S. conobbe le soddisfazioni della popolarità come pochi altri scrittori. Tuttavia la critica non mancò d'osservare, fin dal tempo suo, che S., colorito erede e aggiornatore della tecnica dello Scribe (v.), non è un artista ma un prestigioso fabbricante di congegni teatrali, abile sfruttatore delle più meccaniche visioni sceniche, scaltro costruttore di dialoghi spiritosi, amabile presentatore di quadri assai più gradevoli che significativi. Perfino in quelle sue poche commedie che si son volute lodare come commedie "di carattere" - es., Madame Sans-Gêne, o quel Rabagas che, grazie ad alcune scene di aristofanesca satira politica, è stato ammirato in Italia più ancora che in Francia - in realtà l'autore non s'è indugiato sul famoso "carattere", ma ha finito col dimenticarlo per tener dietro all'intrigo. Quello a cui S. vuole e sa interessare il suo pubblico non è l'umanità dei personaggi, non è la loro intimità né (nei drammi storici) un clima e un ambiente, ch'egli si contenta di affrescare con piccoli particolari aneddotici e del tutto esteriori; bensì sono le sorprese e i colpi di scena (si veda quel dramma giudiziario poliziesco avanti lettera che è Ferréol). S. è stato l'avveduto fornitore di pretesti teatrali a tutti gli attori e attrici della sua età, i quali in tutti i paesi si valsero dei suoi congegni per divertire, allettare e commuovere il loro pubblico: egli stesso fu, prima che scrittore, uomo di teatro, e accuratissimo regista dei proprî drammi, che insegnava minuziosamente agl'interpreti. Certo sarebbe ingiusto negare al S. la felicità di certi momenti in cui, attraverso la tecnica teatrale, egli ha stretto da vicino la vita: come nella satira delle ultime due commedie sopra ricordate, e in altri spunti di caricatura sociale o politica, motivi sui costumi di provincia, notazioni ironiche e anche sentimentali di psicologia femminile, ecc. Ma, in quel secolo XIX che sembrò aver trovato in Francia il paradiso della scena borghese, S. campeggia soprattutto come il maestro del mestiere teatrale: e non pochi altri maggiori artisti, francesi e stranieri, appresero da lui.
Bibl.: Brisson e Malkly, V. S., Lipsia 1898; J. A. Hart, V. S. and the S. plays, Filadelfia 1913; G. Moulu, Vie prodigieuse de V. S., Parigi 1931.