VIGESIMA
. Nell'anno 6 d. C. Augusto introdusse una imposta del cinque per cento (vigesima pars "un ventesimo") sulle successioni e legati d'ogni genere (vigesima hereditatum et legatorum) tra cittadini romani. Si ebbero forti resistenze in senato, giacché, fatta astrazione da un progetto subito abbandonato di Cesare, l'imposta non aveva precedenti: anzi da secoli i cittadini non pagavano più alcun tributo allo stato, mentre la vigesima li metteva, in parte, allo stesso livello dei provinciali.
Il gettito era devoluto all'aerarium militare, una cassa speciale di recente istituzione, che pagava, all'atto del congedo, le pensioni dovute ai militari: mentre prima, specie durante le guerre civili, il trattamento dei veterani era stato sempre una questione aperta, fonte di gravi difficoltà. Dalla vigesima erano eccettuate le successioni fra parenti strettissimi (ma non si conosce sicuramente quali) e per somme al disotto di 100.000 sesterzî. La percezione fu dapprima appaltata; poi lo stato la curò direttamente per mezzo di procuratori. Caracalla l'innalzò a un decimo (Macrino la fece poi ridiscendere a un ventesimo), e, per assogettarvi, a quanto si afferma, tutto il mondo romano, estese, con la constitutio Antoniniana, a tutti i provinciali la cittadinanza. La vigesima fu soppressa da Costantino.
Bibl.: J. Marquardt, Röm. Staatsverwaltung, II, 2ª ed., Lipsia 1885, p. 266 seg.; R. Cagnat, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grec. et rom., V, p. 826; H. Dessau, Geschichte der röm. Kaiserzeit, I, Berlino 1924, p. 174.