Šklovskij, Viktor Borisovič
Critico letterario, teorico del cinema e sceneggiatore russo, nato a San Pietroburgo il 24 gennaio 1893 e morto a Mosca l'8 dicembre 1984. Š. fu uno dei primi teorici del cinema ad analizzare le potenzialità comunicative ed espressive della nuova forma espressiva, ponendola soprattutto in relazione con i procedimenti della letteratura e della poesia, e sperimentando tali teorie anche nella sua attività di sceneggiatore.
Dopo aver studiato letteratura a San Pietroburgo, entrò in contatto con i circoli intellettuali della città e con le nuove tendenze artistiche degli inizi del Novecento e, in particolare, con i circoli futuristi attivi a San Pietroburgo. Fu uno dei fondatori, nel 1916, della Obščestvo izučenija poetičeskogo jazyka (OPOJAZ, Società per lo studio del linguaggio poetico), che, insieme al Moskovskij lingvističeskij kružok (Circolo linguistico di Mosca) costituì uno dei punti di sviluppo del formalismo russo, movimento articolato ed eterogeneo che comprendeva al suo interno studiosi di letteratura, poesia e cinema come Jurij N. Tynjanov, Boris M. Ejchenbaum, Osip M. Brik, Roman O. Jakobson. Pur non costituendo una scuola in senso stretto, i formalisti indirizzarono le loro ricerche sul riconoscimento dell'autonomia della poesia rispetto ai fattori esterni e sull'individuazione delle leggi specifiche di elaborazione dei prodotti letterari. Nel suo saggio teorico del 1917 Iskusstvo kak priëm (trad. it. L'arte come procedimento, in I formalisti russi, a cura di Tz. Todorov, 1968), l'opera letteraria risulta essere la somma di materiali che vengono manipolati per creare una forma definita e deve essere studiata a partire dagli artifici tecnici utilizzati. Al tempo stesso i materiali condizionano e suggeriscono la forma. Partendo dal riconoscimento dell'arte come manipolazione, elaborazione di artifici (priëm), Š. elabora il concetto di "straniamento" (ostranenie), inteso come il processo per cui l'immagine poetica 'strania' l'usuale, il quotidiano, operando uno spostamento rispetto alla consueta serie semantica in cui si colloca e presentandolo in una nuova luce, dunque trasformandolo in oggetto poetico. È a partire da queste considerazioni che i teorici del formalismo (e in particolare Š.) svilupparono un interesse non occasionale per il cinema, da una parte motivato dalla necessità di fondare i presupposti linguistici della nuova arte e, dall'altra, rafforzato dagli stretti rapporti che legarono Š. e altri rappresentanti del formalismo come Tynjanov a registi e teorici come Abram M. Room, Lev V. Kulešov e Sergej M. Ejzenštejn (nel caso di Š.) o a Grigorij M. Kozincev e Leonid Z. Trauberg (nel caso di Tynjanov). Š., particolarmente interessato all'individuazione dei procedimenti costruttivi nelle opere letterarie e quindi ai problemi di montaggio (cfr. le suggestive pagine di O teorii prozy, 1925; trad. it. Teoria della prosa, 1976), pone il punto di partenza della sua analisi del cinema nel riconoscimento della natura segnica degli elementi cinematografici. Da questo punto di vista, il cinema si pone anzitutto come arte comunicativa, in grado di trasmettere pensieri e idee. I segni che compongono la forma cinematografica possono accentuarne la natura formale oppure evidenziarne la capacità semantica. In questo caso si avranno due tipi di cinema: rispettivamente un cinema di poesia e un cinema di prosa: "esiste un cinema prosastico e uno poetico; in ciò sta la differenza fondamentale fra i generi, e ciò che distingue uno dall'altro non è il ritmo o non soltanto il ritmo, bensì il prevalere dei momenti tecnico-formali nel cinema poetico in confronto a quelli semantici" (Poezija i prosa v kinematografii, in Poetika kino, a cura di B.M. Ejchenbaum, 1927; trad. it. La poesia e la prosa nel cinema, in I formalisti russi nel cinema, 1971, p. 150). Il rapporto tra queste due tendenze costituisce l'articolazione interna del cinema e la sua possibilità di porsi come linguaggio normativo. L'interesse di Š., infatti, è quello di sviluppare una complessiva teoria del cinema che deve dunque trovare al più presto il suo canone, le sue convenzioni. È in questa prospettiva che i formalisti si posero in un atteggiamento di rifiuto nei confronti delle invenzioni tecniche come il sonoro e il colore che rischiavano di cancellare la raffinatezza formale del cinema muto: "Oggi il cinema dispone di un pubblico mondiale, tutti vanno al cinema, lo spettatore è soddisfatto del cinema in bianco e nero e vi si è abituato. L'introduzione del colore segnerà per il cinema un passo indietro" (O zakonach kino, in "Russkij sovremennik",1927, 1; trad. it. Le leggi del cinema, in I formalisti russi nel cinema, 1971, p. 163). Gli scritti di Š. sul cinema non costituiscono comunque una teoria sistematica, ma sono di fatto un tentativo di penetrare le potenzialità comunicative ed estetiche della nuova arte, con una continua attenzione rivolta alla contemporanea esperienza concreta che spesso si rivelava in grado di anticipare la teoria.
A partire dagli anni Trenta, con l'affermarsi del realismo socialista (v. realismo), lo sviluppo del formalismo subì in Unione Sovietica una battuta d'arresto. Dopo la pubblicazione nel 1930 di un articolo in cui affermava superata l'esperienza del formalismo (Pamjatnik naučnoj ošibke, Monumento a un errore scientifico), l'attività di Š. si concentrò essenzialmente sulla scrittura di racconti, romanzi e sceneggiature, di testi biografici come quello dedicato a V.V. Majakovskij (O Majakovskom, 1940; trad. it. 1967) e a Ejzenštejn (Ejzenštejn, 1973; trad. it. Sua maestà Ejzenštejn, 1974), in cui, al di là della ricostruzione storica, emerge la volontà di ricordare il fermento creativo degli anni Venti in Unione Sovietica, di cui Š. era stato uno dei protagonisti. Tra le sceneggiature che continuò a realizzare sino agli anni Settanta, sono da ricordare soprattutto quelle scritte negli anni Venti per Kulešov, Po zakonu (1926, Secondo la legge), noto anche come Dura lex, e per Room Tret′ja Meščanskaja (1927; Letto e divano), noto anche come Ljubov′ vtroëm (Amore a tre), in cui Š. tentò di mettere in pratica le ricerche teoriche sul cinema, sviluppando una narrazione tesa a mantenere in equilibrio le soluzioni formali con quelle semantiche del testo filmico.
G. Kraiski, Poetiche russe del '900, Bari 1968, pp. 238-54.
G. Kraiski, Introduzione a I formalisti russi nel cinema, a cura di G. Kraiski, Milano 1971, pp. 5-10.
V. Dohrn, Die Literaturfabrik: die frühe autobiographische Prosa V.B. Sklovskij: ein Versuch zur Bewältig-ung der Krise der Avantgarde, München 1987, passim.
A. Boschi, Teorie del cinema. 1915-1945, Firenze 1998, passim.
G. Buttafava, Il cinema russo e sovietico, Roma 2000, pp. 36-48 e passim.