EGLĪTIS, Viktors
Scrittore lettone, nato a Madonas Lejas Kaupas il 14 aprile 1877, morto il 20 aprile 1945 in prigionia sovietica. Studiò nel seminario religioso di Vitebsk e frequentò i corsi di pittura e disegno a Pensa, poi a Pietroburgo. Nel 1898 apparvero le sue prime poesie e novelle. Stabilitosi nel 1902 a Riga, si distinse subito per le sue tendenze d'avanguardia.
Si è soliti considerarlo promotore del decadentismo nella letteratura lettone; certo è che vi giunse influenzato dai simbolisti russi, attratto dai "maudits" francesi e più ancora dal Poe, e fu sollecitato dall'idea che l'uomo di cultura, per lo sviluppo della propria personalità, dovesse passare attraverso le più intime esperienze passionali. Esteta e pensatore, si affannò nella ricerca d'un armonioso accordo fra istinti e cultura. S'illuse che il nuovo, il non espresso, potesse nascere solo da uno stato d'inconscio caos; ma che il poeta dovesse essere capace di cantare in qualsiasi momento e su qualsiasi tema. Nella prima raccolta dei suoi versi Eleǧijas ("Elegie", 1907), la poesia spesso gli diventa sequenza di abilissimi giochi di parole. Così nei racconti Zilā cietumā ("Nell'azzurra prigionia" 1907), e Vērtības pārvērtējot ("Quando i valori vengono sovvertiti", 1911), s'incontrano tipi insoliti. Ma in genere la narrativa di E. non manca di originale inventiva, come il risveglio d'amore nel racconto Antonija.
Spirito irrequieto, E. sentì a un certo punto il bisogno di uscire dal suo caos artificiale. Nel 1907 s'iscrisse all'univ. di Tartu e per cinque anni studiò filologia classica. Quando nel 1914 tornò a Riga, dove diventò professore di ginnasio, si mise a capo d'un movimento neoclassico. Maturò questa tendenza anche nell'ultimo periodo della sua vita, trascorso - dopo gli anni di guerra - a Riga in piena attività letteraria.
Fra le migliori sue creazioni sono da annoverare varie raccolte liriche: Hipokrēne ("Ippocrene", 1912), Kastaúavots ("La fonte Castalia", 1925), Zeme un mūžība ("La terra e l'eternità'', 1926), e il bel poema in sonetti Dievu sūtne ("Messaggera degli dei", 1934), ispirato dalla morte della prima moglie; poemi epici: Pelēkais barons ("Barone contadino", 1909), Upeslejas precības ("Sposalizio di Upesleja", 1914-I6), racconti e novelle: Dvēseles slāpes ("La sete dell'anima", 1922), romanzi: Līdzvainīgie ("I complici", 1915-17), Skolotāja Kalēja piedzīvojumi (Esperienze del Maestro Kalejs", 1921). Fra le sue opere teatrali maggiore successo hanno riscosso le due commedie, Ministra sievas ("Le mogli del ministro", 1926) e Lauku miljonars ("Il milionario di campagna", 1929). Degni di ricordo sono anche i saggi critico-letterarî Celš uz latvju renesansi ("La via verso il rinascimento lettone", 1914), e le molteplici monografie sugli scrittori contemporanei, J. Poruks (1903), E. veidenbaums, Aspazija, Rainis, A. Niedra, J. Lautenbachs ed altri (1919-23).
Bibl.: Jānis Lapinš, Viktors Eiglītis, in Latv. Lit. Vesture, Riga 1934; V. Dambergs, XX. gadu simtenis latviešu rakstienicībā ("XX sec. nell aletteratura lettone"), in Latvieši, Riga 1932; M. Rasupe, Poeti lettoni contemporanei, Roma 1946; E. Blese, Storia della letteratura lettone, in Storia delle letterature baltiche a cura di G. Devoto, Milano 1957.