TELLARO, Villa del
Villa tardo-imperiale posta sulla costa orientale della Sicilia, a S di Siracusa, presso la foce del fiume Tellaro. E stata scavata agli inizi degli anni '70 dopo la segnalazione di studiosi locali; le strutture erano inglobate all'interno di una fattoria, in stato di completo abbandono. La bellezza del sito in cui si trova la dimora era già stata decantata da Virgilio (Aen., III, 698) e dall'erudito cinquecentesco Tommaso Fazello (De Rebus Siculis - Decas prima, liber IV, Catania 1749, p. 215 ss.).
La pianta del complesso è incentrata intorno a un grande peristilio quadrato (20 m di lato), circondato da un portico (largh. m 3,70) su cui si aprono numerosi ambienti: sicuramente a Ν e a S, ma forse su tutti e quattro i lati. Tale peristilio presenta colonne in calcare e capitelli ionici rudimentali. Nel settore a Ν le stanze hanno conservato sia i pavimenti sia parte dell'elevato, mentre gli ambienti del lato S sono ridotti alle fondamenta. Del settore meridionale della villa l'unico elemento degno di nota è un'aula absidata, simile a quella di Piazza Armerina (v.) e di Patti Marina (v.), ma di dimensioni apparentemente minori; in quello occidentale si osserva invece una sorta di corridoio simile al «Grande Corridoio» di Piazza Armerina. Questo nucleo, costituito da corte e ambienti, è sicuramente il corpo centrale di un'estesa villa signorile, probabilmente epicentro di un latifondo, che aveva a E e a O annessi secondari apparentemente non in asse con peristilio e mosaici. Come l'impianto della villa, anche i mosaici superstiti si presentano particolarmente ricchi e sontuosi.
Mosaici con motivi ornamentali. - a) Mosaico con entrelacs de coussins (lato Ν del portico del peristilio). È un mosaico di notevole estensione (m 15 X 3,70) che presenta un motivo continuo di ricchi festoni di alloro che vanno a formare medaglioni circolari delimitanti ottagoni curvilinei, decorati con motivi geometrici di viva policromia. Questi entrelacs de coussins, ben noti in ambiente africano, rappresentano, nella villa del T., un esempio quasi unico per ricchezza compositiva e vivacità della policromia.
b) Mosaico dei «crateri» (stanza 2, a Ν del peristilio). La scena è divisa in quattro da ricchi festoni che si dipartono da altrettanti crateri disposti negli angoli dell'ambiente. Tali festoni, incontrandosi, vanno a inquadrare la scena principale, ora perduta. Sia i festoni sia i crateri presentano girali, frutti e maschere dai tratti fisionomici molto marcati. Sui lati sono delimitate quattro aree semicircolari in cui sono inseriti altrettanti emblèmata con scene di satiri e menadi presso un'ara, raffigurati in atto di danza con pedum e cembalo. Le formelle con menade e satiro sono decorate con una fascia a onda su cui si osserva un motivo a conchiglia. Questo mosaico presenta chiari elementi di confronto sia nella Villa dei Laberi a Udna, sia a Kurba, per quanto riguarda la presenza dei quattro crateri angolari. Le scene con satiro e menade in atteggiamento di danza ci riportano invece al mosaico di Giove e Antiope a Timgad e, in Sicilia, a un pavimento musivo scoperto a Palermo in Piazza della Vittoria.
Mosaici figurati. - a) Mosaico con scena di caccia (stanza ι, lato Ν del peristilio). In una riquadratura costituita da una fascia a meandro, con rappresentazione di volatili, uccelli o animali acquatici, all'interno di riquadri alternati a svastiche, si svolge su quattro registri la scena di caccia. Nel primo registro sono rappresentati un cacciatore e una pantera in una gabbia e tre fiere. Nel secondo registro si osservano sei cacciatori stanti e un altro nell'atto di ferire con una lancia un leone che ha appena abbattuto una gazzella che gli soggiace. In questo settore del mosaico campeggia la figura del leone volto indietro in posizione araldica. Nel terzo registro, tre personaggi (di cui quello centrale impugna il bastone a forma di τ, con presa a fungo, simbolo del comando), sono disposti accanto a un carro trainato da buoi e accompagnato da servi e cani mentre attraversa una palude trasportando gabbie con animali feroci.
Al centro della scena è rappresentata una figura femminile seduta su un trono di roccia, all'interno di una cornice di fronde d'albero. Si tratta probabilmente della personificazione dell'Africa, luogo di provenienza di gran parte degli animali rappresentati nel mosaico, che compare con lo stesso schema iconografico nella «Grande Caccia» di Piazza Armerina. A destra, una tigre assale un cacciatore barbato difeso da un cavaliere che tenta di colpire la fiera, mentre azzanna il bordo dello scudo. Nel quarto registro, infine, è rappresentato un banchetto all'aperto, con sei commensali dai tratti fisionomici assai marcati disposti intorno allo stibadium, sotto una tenda tesa tra gli alberi. La scena del banchetto è affiancata, da un lato, dalla raffigurazione dei servi al lavoro, dall'altro da un gruppo di cavalli. Da un punto di vista compositivo, i diversi gruppi di quest'ultima scena sono collegati, a mo' di raccordo, da due raffigurazioni di servi che contribuiscono anche a dare risalto all'epicentro della rappresentazione costituita dalle figure dei banchettanti i cui volti riconducono all'iconografia imperiale del periodo compreso tra il 337 e il 350-60 d.C. Questo mosaico con scena di caccia trova naturalmente i suoi maggiori elementi di confronto a Piazza Armerina, nella «Piccola Caccia» e nella «Grande Caccia», e in esemplari analoghi di Lilibeo (Insula di Capo Boeo), di Cartagine (Maison des Chevaux) e di Hippo Regius. Esso, tuttavia, presenta un'organizzazione particolare delle scene che si discosta totalmente da quanto si osserva a Piazza Armerina e in Africa: manca, infatti, una distribuzione schematica e lineare, sottolineata da una scansione di registri separati l'uno dall'altro da listelli, ma si avverte l'«inten- to di fondere scene diverse secondo una singolare simmetria» (Voza). La fascia perimetrale a meandro di svastiche con pannelli di volatili trova confronto con la bordura di un mosaico proveniente dalla villa costantiniana di Daphne, esposta al Louvre.
b) Mosaico col «riscatto del corpo di Ettore» (stanza 3. lato Ν del portico). Al centro della scena, il cadavere di Ettore, di cui rimane soltanto parte degli arti inferiori rigidamente accostati, è posato sul piatto destro di una grande bilancia, mentre nel sinistro si trova l'equivalente in oro del peso dell'eroe. A sinistra della scena si trovano tre figure maschili che possiamo identificare come Odisseo, Achille, Diomede, grazie alle iscrizioni in greco presenti nel mosaico, che ci permettono di riconoscere anche i personaggi a destra della scena come Priamo e i Troiani. Tutta la rappresentazione è incorniciata da un'ampia fascia con girali che circondano animali. Il tema del riscatto del corpo di Ettore, come altri del ciclo omerico, ebbe grande fortuna in età tardoantica - come attesta una consistente documentazione non solo su mosaici, ma anche su sarcofagi, vetri e vasi - un fenomeno ben noto in Africa, in Grecia e in Britannia, che riporta all'ambiente in cui viveva Ausonio. La raffigurazione di questo episodio presenta uno schema iconografico del tutto nuovo e non compare in tale forma nel XXIV libro dell'Iliade. È probabile, invece, che sia ispirata a una tragedia perduta di Eschilo, i Frigi.
I mosaici della villa del T. sembrano ricondurre, pertanto, alle maestranze africane che operavano nei grandi centri dell'Africa Proconsolare tra il III e il IV sec. d.C. Questa cronologia sarebbe confermata anche dal ritrovamento, sotto ai mosaici nel lato SE del peristilio, di un tesoretto monetale con un terminus post quem al 346 d.C. L'intero complesso si può quindi far risalire alla metà del IV sec. d.C., ed è dunque più tardo della villa del Casale di Piazza Armerina e di quella di Patti Marina.
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