VIMINI
. Con questo nome s'indicano i rami giovani, decorticati, flessibili di talune specie di salici, che si usano per lavori d'intreccio, fabbricazione di canestri, ecc.
L'arte d'intrecciare vimini è assai antica e diffusa. Presso i Greci il λυγοπλόχος e, presso i Romani, il vietor o viminator costruivano con i vimini ceste, recipienti, sedili, ecc.; anche il clipeus era uno scudo fatto con un intreccio di vimini rivestito di cuoio. L'insieme degli oggetti fabbricati con tale materia prima era genericamente indicato con il nome di vimina (Plinio, Nat. Hist., XVII, 143). La lavorazione dei vimini continua nel Medioevo e nell'età moderna e la sua importanza è dimostrata dal costituirsi di corporazioni di quest'arte; nel Settecento, il panieraio italiano eccelle per finezza e buon gusto di prodotti. Attualmente vengono coltivate le speciali varietà di salice più adatte alla produzione di vimini, che in Italia e all'estero, alimentano, anche fuori dell'ambito artigiano, una vera industria, con mano d'opera specializzata.
Materia prima e lavorazione. - Le principali specie del genere Salix che si coltivano per la produzione dei vimini sono: S. alba, triandra, purpurea, incana, viminalis, aurita e la loro caratteristica è di avere rami lunghi, diritti, flessibili.
Queste piante si allevano in terreni freschi, argillosi, argilloso-silicei oppure argilloso-calcarei, a ceppaia o a capitozza e i rami si raccolgono ogni anno o ogni due anni.
La raccolta si fa in primavera: (fra marzo e maggio) e in inverno (da novembre a marzo) per mezzo del falcetto o del seghetto. I vimini poi si affastellano e i fascetti si pongono a macerare nell'acqua preferibilmente corrente e poscia si scortecciano o a mano, o a macchina, o a vapore, quindi si lasciano disseccare e si riuniscono nuovamente in fasci a seconda della loro lunghezza.
Le cortecce rappresentano un sottoprodotto di non trascurabile importanza. Possono servire, infatti, oltre che alla legatura di fascine, covoni, ecc., come concime, avendo un notevole valore fertilizzante; come alimento per bestiame, che si avvicina assai al potere nutritivo del fieno; come conciante, per il tannino che contengono e, infine, per l'estrazione della salicina, ad uso medicinale.
Per essere lavorati, i vimini devono essere flessibili e atti alla torsione cui spesso si assoggettano; si classificano secondo il maggiore o minore grado di tali requisiti nonché secondo la sezione; caratteristiche che dipendono da svariate cause, quali la natura e l'ubicazione del terreno in cui si coltivano le piante, i metodi di coltura e di raccolta, l'età delle piante e i modi di preparazione dei vimini.
Gli svariati articoli che si fabbricano con i vimini si possono così raggruppare: a) articoli da imballaggio e da viaggio, che vanno dalle molteplici forme di ceste e di panieri per frutta, ortaggi, fiori, latticinî, uova, pesce, ecc., e dagl'imballaggi per vetrerie e terraglie fino alle valige e ai bauletti; b) oggetti di uso casalingo, per biancheria, stoviglie, ecc.; c) oggetti rurali e per aziende agricole, come misure per cereali, le "profonde" per misurare alimenti da bestiame, le "criole" (gabbie circolari per allevamento di volatili), museruole, rivestimento di damigiane, ecc.; d) oggetti per bambini, come culle, carrozzelle, ecc.; e) lavori di fantasia: panierini da colazione, cestini per corrispondenza, da lavoro, portaombrelli, portavasi, ecc.; f) mobili e sediame per giardini, spiagge, verande, atrî, ecc. I vimini grossi si utilizzano anche in determinate opere fluviali.
Per la fabbricazione di questi oggetti, i vimini vengono usati da soli o unitamente ad altro materiale, come canne, rafia, bambù, listelli di varî legni, paglia, trucioli, sorgo, ecc.
Per la lavorazione, si usano speciali utensili e attrezzi adatti a tagliare, battere, forare e fendere i vimini. Quest'ultima operazione, oltre che a mano, si fa con la macchina fenditrice a pedali azionanti cilindri scannellati, che portano il vimine contro le lame disposte ad alette. Anche la piallatura si eseguisce a mano, con un'apposita piccola pialla ("graffietto") o con una macchina a pedale o azionata da motore, pure con rulli e lame, che riducono il vimine in lisce lamelle.
La torsione, cui si assoggettano i vimini per le lavorazioni meno grezze, è invece sempre operata a mano, al momento dell'applicazione. Per lavori di lusso, richiedenti omogeneità di dimensioni, si usa il "dado di misura", tubo di ferro lungo 7-8 cm., entro il quale si fanno scorrere i vimini. Quelli di grossa sezione vengono curvati con l'"arlecchino" di ferro o di legno, arnese in forma di una grande bottiglia con il collo molto allungato.
Per fare il fondo e i coperchi di cesti e panieri si usano forme e stampi in un sol pezzo o scomponibili, cui si fissano i pezzi in lavorazione, nel caso di lavori più delicati, mediante asticciole di acciaio, con un'estremità foggiata ad anello, dette "chiavi".
Produzione e commercio. - L'industria dei vimini, famosa nell'Estremo Oriente e notevole anche in varî paesi europei, come, per es., in Francia, nella Bassa Austria, in Olanda, nella regione del Neckar, ecc., occupa, in Italia, un posto tutt'altro che trascurabile fra le industrie minori. La fabbricazione di oggetti di vimini è, per quanto riguarda articoli casalinghi e agricoli, prevalentemente artigiana e rurale e vi attendono in particolare donne e ragazzi, ma, nei periodi di disoccupazione stagionale, anche uomini; essa rientra invece nell'industria propriamente detta quando comprende articoli fabbricati in serie, specie mobili e sediame, per i quali spesso è richiesto l'impiego anche di altri materiali, come detto più sopra.
L'industria dei vimini ha, in Italia, i centri di maggiore produzione nella Brianza e nelle provincie di Treviso, Asti, Firenze; seguono Udine, Fogliano di Monfalcone, Brescia, Genova, Roma, ecc.
Complessivamente essa dà lavoro ad alcune migliaia di operai, con una produzione annua che si aggira sul valore di 10 milioni di lire e che copre interamente il fabbisogno nazionale, non solo, ma alimenta, in condizioni normali, una relativamente notevole corrente d'esportazione. Infatti, nel 1929, ad es., l'esportazione di vimini lavorati superò i 13 mila quintali per un valore di oltre sette milioni di lire; principali centri di sbocco la Grecia, l'Argentina, l'Egitto e la Germania.