GOGH, Vincent van
Pittore, disegnatore e incisore, nato a Zundert (Brabante) il 30 marzo 1853, morto a Auvers-sur-Oise (Oise) il 29 luglio 1890. Per sette anni, prima a L'Aia (1869), poi a Londra (1873-76), fece parte della casa Goupil, una delle più note nel commercio dei quadri, prendendovi il gusto della pittura. S'appassionò soprattutto per i maestri di Barbizon, specialmente per il Millet, la cui influenza è così evidente nei suoi primi quadri.
Dopo una breve parentesi mistico-religiosa, durante la quale studiò per due anni teologia ad Amsterdam e si stabilì poi presso a Mons per evangelizzare i minatori del Borinage (1878-81), ritornò alla pittura. I quadri del periodo olandese (1881-85) sono d'un colore sordo, di paste dense e terrose; il disegno è marcato sin all'esagerazione e rasenta la caricatura (Il tessitore; Mangiatori di patate, ecc.).
Chiamato a Parigi da suo fratello, impiegato presso la casa Goupil, vi si recò sul principio del 1886. Nei quattro ultimi anni della sua vita compì una meravigliosa evoluzione. Giunto in tempo a vedere l'ultima esposizione degli espressionisti, tre anni dopo la morte del Manet, fu abbagliato dalle formule di quel gruppo, ma nello stesso tempo ne fu anche urtato perché contrarie ai suoi principî: al gusto intransigente dell'arabesco e della forma decorativa, alla passione per la sintesi, così completamente opposti all'analisi dell'atmosfera e alla divisione dei colori. Strinse amicizia con E. Bernard, che condivideva le sue idee, e gli fece conoscere, altro ribelle all'impressionismo, P. Gauguin (v.). Lo studio delle incisioni giapponesi e del loro processo di semplificazione esercitò pure su di lui un'influenza decisiva e lo condusse a creare una tecnica nuova, evitando le ombre, la modellazione, ritornando ai toni puri, contornando le figure con un tratto nero, denso come un piomho di vetrata (autoritratto, ritratto del Père Tanguy, la Prigione, e molti altri quadri).
Deciso a continuare solo le sue espenenze, si stabilì ad Arles (febbraio 1888). Pareva preso allora da una specie di furore cromatico; la visione, esasperata, diventa interamente lirica; e intanto la sua tecnica si andava modificando con ogni qüadro e sembrava svolgersi come una specie di teorema o di fuga musicale, composta di elementi astratti e di una iperestesia della sensibilità (l'Arlésienne; Il fattorino Roulin; Veduta degli Aliscamps); è questa l'epoca dei giaggioli azzurri, dei girasoli (Utrecht e altrove). Proprio allora il Gauguin venne a vedere l'amico ad Arles. I due artisti non si compresero. Colpito da alienazione mentale alla fine del 1888, passò l'anno seguente tra l'ospedale e il manicomio di Saint-Rémy (Vaucluse), continuando a dipingere in uno stile sempre più infuocato e allucinato. Uscito dalla casa di salute il 16 maggio 1890 e condotto ad Auvers-sut-Oise, vi dipinse i suoi ultimi lavori (ritratto del dott. Gachet), sereni e mirabili: ma poco dopo si uccise con una revolverata.
Il v. G. è una delle più singolari nature pittoriche, che, come il Greco, passando per le più disordinate esperienze tenta di riordinare le proprie sensazioni. Egli sta alla base dell'"espressionismo" come il suo contemporaneo Seurat sta a quella del cubismo. Pochi pittori hanno saputo conferire tanto signifcato alla più umile natura morta, a un paio di scarpe a una sedia impagliata (Londra, Tate Gallery) e infondere alla vita reale una tale apparenza di fantasmagoria. La collezione più completa dei lavori del v. G. si trova a L'Aia nella collezione Kroeller (circa 400 fra pitture e disegni).
Bibl.: Lettres de V. v. G. à E. Bernard, Parigi 1911; V. v. G. Brieven aan zijn Broeder, Amsterdam 1914; ed. tedesca, Berlino 1914; E. Bernard, V. v. G., Parigi 1891; A. Plasschaert, V. v. G., Harlem 1898; E. H. du Ouesne van Gogh, V. v. G., Persoonlijke Herinneringen, Baarn 1910; M. Denis, Théories, Parigi 1911; H. P. Bremmer, V. v. G. Inleidende beschonningen, Amsterdam 1912; M. Raphael, Von Monet zu Picasso, Monaco 1913; J. Havelaar, V. v. G., 1915; T. Duret, V. v. G., Parigi 1916, 2ª ed., 1919; C. Glaser, in Thieme-Becker, Künstler Lexikon, XIV, Lipsia 1921 (con bibliografia); J. Meier-Graefe, Vincent van Gogh, Monaco 1922, voll. 2; G. Coquiot, V. v. G., Parigi 1927; N. Poiteau e A. Leroy, La folie de V. v. G., Parigi 1928; G. B. de la Faille, L'oeuvre de V. v. G., Parigi 1928, voll. 4; id., Les faux van Gogh, Parigi 1930.