Van Gogh, Vincent
Energia e colore
Vincent Van Gogh è un pittore oggi molto noto, ma la sua vita fu infelice e travagliata. Partito, a metà dell’Ottocento, dalla brumosa Olanda contadina, Van Gogh si dedica all’arte come a una missione. Dalla pittura francese impara a riempire le sue tele di luce e di colori, e il suo temperamento inquieto gli suggerisce l’idea di fondare una comunità di artisti proprio nel Sud assolato della Francia. L’intensità con cui guarda alla natura dà ai suoi quadri un’energia che percepiamo intatta ancora oggi. Travagliato da disagi e drammi interiori, pose fine tragicamente alla propria vita divenendo un mito della pittura moderna
Vincent Van Gogh nasce nel 1853 in un villaggio olandese da una famiglia benestante. Il padre è un severo pastore protestante che si interessa al commercio di opere d’arte. Vincent cresce in un ambiente che segna profondamente i suoi interessi: dopo aver fatto il mercante d’arte tra l’Aia, Londra e Parigi, lascia una promettente carriera per una delusione sentimentale; viaggia, insegna, fa il commesso, ha una crisi mistica che lo porta a un’intensa attività evangelica, fino a che, a 27 anni, decide che la sua missione nella vita è diventare artista.
Le sue prime opere raffigurano un’Olanda povera e triste. Nel primo grande quadro, I mangiatori di patate, una famiglia di contadini è seduta intorno a un tavolo per la cena. Il dipinto è realizzato con colori terrosi e scuri, l’atmosfera è cupa e dimessa. Van Gogh rende con totale onestà la dura realtà dei poveri, evitando ogni abbellimento, romanticismo o moto di compassione, come invece faceva il francese Jean-François Millet – cui Van Gogh si ispira – quando ritraeva i suoi mietitori al lavoro.
Grazie all’aiuto del fratello minore Theo, suo instancabile ammiratore, Vincent gode di una minima libertà economica e sceglie la Francia come paese di elezione; Theo diventa mercante d’arte a Parigi e vi invita l’irrequieto fratello, che non tornerà più in patria.
Trasferitosi a Parigi nel 1886, Vincent incontra l’arte luminosa degli impressionisti (impressionismo) e dei loro successori. Lontano dalla famiglia e dalla rigida Olanda, frequenta Gauguin e altri artisti del vivace mondo parigino, trova nuovi colori da aggiungere ai suoi quadri e soggetti più mondani da ritrarre. Scopre le delicate stampe che venivano dal Giappone – raffinate incisioni di soggetti quotidiani molto di moda in Europa all’epoca – e si misura con nuovi modi di dipingere.
Il suo carattere tormentato e l’aspetto trascurato gli impediscono però di stringere normali relazioni sociali. Per lui posano solo le persone più vicine, come il vecchio fornitore di colori, il signor Tanguy. Nel Ritratto di Père Tanguy, come lo chiamavano gli artisti, vediamo l’uomo posare nel suo negozio davanti a una raccolta di stampe giapponesi. Van Gogh usa già la sua tipica pennellata pastosa stesa a piccoli tratti, caricando il timbro dei colori per dare loro maggiore forza. Desideroso di sperimentare più a fondo l’effetto della luce naturale sui colori, Van Gogh si trasferisce nel Sud della Francia, in Provenza, dove l’intensa luce del Sole accende i colori del cielo, dei campi e dei fiori.
È il 1888 e Van Gogh parte in treno per stabilirsi ad Arles, con il sogno di fondare una comunità di pittori che condividano i suoi ideali di pittura e uno stile di vita semplice, e che insegnino a guardare con occhi onesti e puliti la natura nel suo fulgore. Ritrae i Girasoli, i fiori dei campi che – come lui – rincorrono il Sole, bisognosi del suo calore per vivere. Il cambiamento delle sue tele è subito visibile: Vincent semplifica le forme e i colori, i pochi campi del quadro sono riempiti dalle tonalità intense del Sud, varie tonalità di giallo e ocra stese con una pennellata spessa e breve, come se il colore fosse secco, grumoso. Colpisce l’energia sprigionata da questi girasoli, un’energia che li spinge fuori dal quadro, e quasi acceca l’intensità del giallo. Eppure la struttura del dipinto mantiene equilibrio ed eleganza, come vediamo anche nei soggetti come i mietitori e i seminatori al lavoro nei campi di grano.
Van Gogh vorrebbe condividere il suo inno al Sole e alla natura con altri artisti della sua generazione e invita ad Arles Gauguin, il suo maestro. Grazie all’aiuto di Theo, Gauguin trova i soldi per recarsi da Van Gogh, ma le cose non vanno come sperato. L’atteggiamento di Vincent si fa sempre più imprevedibile e violento a causa dell’acuirsi del suo senso di incomprensione e di solitudine.
Gauguin rimane poco più di due mesi con Van Gogh nella cosiddetta casa gialla. Questa e altri luoghi di Arles sono stati ritratti da Van Gogh, come Il caffè di notte, una lugubre sala da biliardo con tavolini, in cui esprime con i colori i suoi inquieti stati d’animo. Gauguin e Van Gogh condividono infatti l’idea di usare il colore in modo arbitrario, per rappresentare la natura non tanto come appare nella realtà, bensì come la si percepisce attraverso il senso estetico (è il caso di Gauguin) o attraverso le emozioni del momento (secondo Van Gogh). La convivenza all’inizio funziona: La camera da letto ritratta da Vincent poco prima dell’arrivo dell’amico è un quadro apparentemente sereno, che ritrae gli oggetti essenziali, come le sedie, il letto, il tavolino, l’appendiabiti e qualche cornice alla parete blu.
È in questa casa che avviene un episodio drammatico. Durante una discussione con Gauguin, Vincent reagisce minacciandolo con un rasoio. Il francese fugge e Van Gogh, in un momento di follia, rivolge il rasoio contro di sé tagliandosi un pezzo di orecchio. Poco dopo Van Gogh si ritrae all’interno della sua camera con lo sguardo fisso e la fasciatura nell’Autoritratto con l’orecchio bendato. Gauguin tornerà a Parigi e Vincent rimarrà solo, confortato unicamente dalle lettere di Theo. Non si deve tuttavia ridurre l’incontro tra questi due pittori al tremendo incidente finale, ma bisogna vederlo come il tentativo di due giganti dell’arte dell’Ottocento di scambiarsi idee sul tema della pittura, un argomento per loro assolutamente vitale e di centrale importanza.
L’episodio spinge Van Gogh a ricoverarsi in una casa di cura per trovare un po’ di pace. Qui ritrae i pochi soggetti a sua disposizione: sé stesso, gli iris nel giardino dell’ospedale, i cipressi, le stelle. I colori diventano scuri. Notte stellata è uno splendido quadro di questo periodo che coglie la luce delle stelle e della Luna in una notte estiva; su questa tela Van Gogh ha sciolto toni di blu e giallo con movimenti ondulati e circolari, creando un effetto di grande poesia e suggestione. Sperando negli effetti salutari di un cambiamento, decide di trasferirsi a Auvers-sur-Oise, a nord di Parigi. In questo periodo dominano ancora i colori blu e verde, con poche eccezioni; il pittore dipinge La chiesa di Auvers stagliata su un cielo violetto, quasi notturno, mentre il prato e la strada sono illuminati dal Sole.
Van Gogh usa i colori a seconda dei propri stati d’animo: questo è un insegnamento che verrà subito colto dalla generazione successiva di artisti, soprattutto dal norvegese Edvard Munch, facendo di Van Gogh il precursore dell’espressionismo.
Stanco e depresso, impaurito dalle incontrollabili conseguenze della sua malattia nervosa, Van Gogh prende un’estrema decisione. Possiede una pistola, forse per scacciare i corvi dai campi di grano che ama dipingere (Campo di grano con corvi). Una sera di luglio del 1890, a soli trentasette anni, si spara in uno di questi campi e due giorni dopo muore, assistito dall’amato fratello.
L’ironia del destino vuole che Van Gogh, da cui tutti fuggivano e che in vita vendette un solo quadro, sia oggi l’artista più ricercato: il Ritratto del dottor Gachet, un medico diventato suo amico, ha battuto nel 1990 il record del prezzo più alto pagato all’asta per un’opera d’arte!