ARMANNI, Vincenzo
Nacque a Gubbio il 13 febbr. 1608 da nobile famiglia. Per la sua spiccata inclinazione allo studio fu inviato a Napoli nel 1629 presso lo zio Francesco Billi, agente commerciale dell'ultimo duca di Urbino Francesco Maria Della Rovere. Qui studiò giurisprudenza, si legò d'amicizia con nobili e letterati, entrò a far parte dell'Accademia degli Oziosi e godette del particolare favore del cardinale Boncompagni, arcivescovo di Napoli. Nel 1631 scrisse un libro in cui ricercò le cause delle eruzioni vesuviane; l'anno dopo lesse a Maria d'Austria, sposa del re d'Ungheria, un'orazione di lode intitolata La virtù trionfante.Sotto il nome anagrammatico di Antonino Rumaceni ristampò con notevole successo, debitamente rielaborati e castigati, tre romanzi di G. F. Biondi, che più tardi in Londra gli mostrerà amicizia e persino riconoscenza. Per formarsi uno stile proprio intraprese lo studio analitico della lingua dei classici che continuerà "nei momenti d'ozio" per tutta la vita e il cui frutto maggiore è il Dizionario della lingua italiana che, preceduto da un'erudita prefazione e da una dedica alla regina Cristina di Svezia, è rimasto manoscritto e incompiuto alla lettera M inclusa.
Morto il duca di Urbino l'A. dovette lasciare Napoli nel 1631 per seguire lo zio a Roma, dove l'anno successivo si laureò in diritto civile e canonico. Introdotto nell'ambiente colto romano, continuò le sue prove letterarie ripubblicando l'Adone purgato d'ogni oscenità e rifacendo il Torrismondo.Compose pure, in tre libri, un De regulis juris e approfondì inoltre la conoscenza delle principali lingue europee.
Nel 1639 l'A. venne scelto come segretario del prelato ferrarese Carlo Rossetti, che Urbano VIII aveva nominato rappresentante pontificio presso la regina d'Inghilterra Enrichetta Maria di Francia, moglie di Carlo I e sostenitrice dei cattolici inglesi. Si trasferì dunque a Londra dove collaborò strettamente col nunzio papale nell'opera di difesa delle ormai pericolanti posizioni cattoliche.
Numerose sue lettere descrivono la travagliata situazione politica e religiosa d'Inghilterra, la lotta delle fazioni e l'attività del Parlamento; si soffermano sulla difficoltà delle trattative e sui pericoli corsi in mezzo ad un popolo ormai in rivolta contro la dinastia e la parte cattolica. Durante il soggiorno londinese si interessò di storia britannica scrivendo sulla costituzione d'Inghilterra, sulla vita di Enrico VIII, sul regno di Elisabetta. Si mostrò pure largo di consigli a Carlo I per il quale scrisse appositi opuscoli apologetici e filosofici in cui, tra l'altro, esamina dal punto di vista curiale le incertezze della politica del sovrano e ne prevede l'imminente tragica fine. Tutte le opere composte durante il suo soggiorno inglese si conservano ancora manoscritte nella Biblioteca comunale di Gubbio; si ha notizia che una di esse fu data alle stampe a Parigi nel 1640e a Venezia nel 1648sotto il titolo di Trattato in cui si mostra con ragioni politiche quanto a Re Carlo I sia necessaria la riduzione alla fede cattolica.L'A. ebbe anche modo di contrarre a Londra importanti amicizie: con Virgilio Malvezzi, ambasciatore di Spagna, e Giovanni Giustiniani, ambasciatore di Venezia; con personalità inglesi dell'ambiente cattolico come sir Kenelm Digby e Toby Matthews.
Quando, in seguito alle violenze subite, il Rossetti riparò dall'Inghilterra a Gand e di qui a Bruxelles, dove gli giunse la nomina a nunzio straordinario presso il Congresso per la pace universale che si era radunato in Colonia per iniziativa papale sin dal 1636, l'A. fu pregato dalla regina Enrichetta di restare a Londra per continuare i negoziati con la stessa autorità del rappresentante papale. Rifiutò perché riteneva ormai compromessa la situazione, e per l'improvviso aggravarsi d'una oftalmia che pochi giorni prima della sua fuga da Londra (luglio 1642) lo rese quasi cieco. Seguì dunque il Rossetti, creato nel frattempo cardinale, e continuò nonostante l'infermità a dirigere la sua segreteria. Ma il Rossetti non riuscì meglio dei suoi predecessori a superare le trattative sterili e infruttuose che aduggiavano il Congresso, e l'A. in numerose sue lettere testimonia dell'immobilismo dei negoziati non solo a causa dell'obbiettiva rivalità delle potenze, ma anche della diffidenza nutrita dalla Curia romana verso eventuali concessioni ai protestanti.
Quarantacinque di queste lettere, indirizzate al fratello Francesco Maria canonico in Gubbio, nelle quali l'A. commenta anche le notizie che continuava a ricevere dall'Inghilterra e i fatti connessi agli ultimi sviluppi della guerra dei Trent'anni, sono state pubblicate dal Mazzatinti (Lettere politiche di V. A.,in Arch. stor. ital., XI[1883], pp. 173-193; XII [1884], pp. 162-179, 331-367; XV [1885], pp. 15-34; XVIII [1886], pp. 3-19; XIX [1887], pp. 165-189).A Colonia, oltre ai lavori connessi alla sua specifica funzione scrisse Il Segretario politico,le Istruzioni per un Nunzio pontificio e una Vita di Maria de' Medici,in occasione della morte di questa sovrana avvenuta appunto a Colonia in quel frattempo. Ebbe grande fama la lettera Il cieco afflitto che nei primi tempi della sua cecità egli inviò al letterato francese Renato de Cériziers, che egli aveva conosciuto a Parigi e di cui tradusse più tardi la Vita di Santa Genovieffia di Brabante e il Gionata.Anche tutte queste opere si trovano manoscritte nel fondo Armanni della Biblioteca comunale di Gubbio.
Nel 1644 l'A. lasciò Colonia al seguito del cardinal Rossetti che, alla notizia della grave e fatale malattia di Urbano VIII, si affrettava a rientrare a Roma. Il nuovo pontefice Innocenzo X si mostrò largo di benevolenza e di favori verso l'A. il quale però, ormai completamente cieco, preferì ritirarsi nella sua Gubbio dove, salvo qualche raro viaggio a Roma, restò sino alla morte, avvenuta il 1º nov. 1684.
Questa seconda parte della sua vita fu piena d'una sorprendente attività di ricerca e di erudizione. Valendosi di collaboratori e di amanuensi raccolse dai monasteri, dalle chiese, dalle biblioteche private del territorio eugubíno una gran quantità di pergamene e di documenti utili alla storia del Comune; ordinò la serie dei vescovi; formò un catalogo di tutti i cittadini illustri; dettò le vite di numerosi santi e beati; scrisse la storia e la genealogia delle famiglie nobili; non trascurò infine di raccogliere e ordinare le antiche iscrizioni del territorio. Né trascurò l'attività più propriamente letteraria: nel fondo Armanni si trovano manoscritte varie raccolte di sentenze e proverbi e di decine di sonetti, strambotti, canzonette, capitoli. Di tanto lavoro, uscirono alle stampe, nel corso della sua vita, le seguenti opere: La traslazione del corpo di San Giovanni da Lodi vescovo di Gubbio,Perugia 1648; Della nobile e antica famiglia de' Capizucchi baroni romani, Roma 1698; Vita e virtù di Laura de' Conti Gabrielli Conventini, Bologna 1679; Della famiglia Bentivoglia ...; - L'Archivio Armanno ovvero i titoli e gli argomenti in modo di catalogo ...; Lettera discorsiva per accompagnamento d'un Catalogo intitolato "Lo Scrittore allo scuro"...; Bologna 1683. La sua notevole fama di dotto epistolografo indusse gli abati M. Giustiniani e L. Niccolini a pubblicare un'ampia scelta delle sue lettere (Delle Lettere del Signor V. A., colla vita dell'autore per Carlo Cartari, I, Roma 1663; II e III, Macerata 1674), tra le quali è da segnalare quella in cui volle difendere il rigore del suo metodo nella formazione delle genealogie, sovente accusato di poca serietà (II, p. 88).
L'A. aveva in animo di scrivere la storia delle due legazioni del Rossetti ma, come egli stesso oscuramente dice, non potè realizzare il suo disegno perché del manoscritto dei diari di viaggio, prestato e non restituito, "altri" ne traeva vantaggio (Lettere..., I, p. 192). Nel 1885 G. Ferraro pubblicò un Diario di viaggio fatto in Inghilterra nel 1639 dal Nunzio pontificio Rossetti, scritto da un tal Domenico Fantozzi Parma che altri non sarebbe, secondo quanto lo stesso Ferraro scoprì successivamente, che l'anonimo trafugatore di cui l'A. si lamenta, cosicché il diario del viaggio di ritorno il Ferraro poté pubblicarlo più tardi sotto il nome del suo vero autore (Viaggio del Cardinale Rossetti fatto nel 1644 da Colonia a Ferrara, a cura di G. Ferraro, in Atti e Mem. d. Deput. di storia patria per le prov. di Romagna, VI [1888], pp. 1-90). Un frammento di questo diario, tratto da un manoscritto della Vaticana e firmato dal Fantozzi Parma, è stato pubblicato anche da Ph. Dengel (Kardinal Karl Rossetti auf seiner Wanderung durch Tirol im Jahre 1644, in Forschungen und Mitteilungen zur Geschichte Tirols und Vorarlbergs, I [1904], pp. 264-281), ma, al dire del Pastor, esso non si accorda per lo stile col corrispondente passo presso il Ferraro (Storia dei Papi, XIII, p. 840). Infine, una copia manoscritta di questo diario, dedicata a sir Kenelm Digby allora residente della regina d'Inghilterra in Roma, si trova nel fondo Armanni. È certo comunque che questi diari, pieni di personaggi importanti, di episodi curiosi, di descrizioni vivaci, risultano un'opera tra le più interessanti del genere.
Prima di morire l'A. stesso si incaricò di classificare e registrare tutti i documenti raccolti e tutte le opere dettate nell'Archivio Armanno, di cui pubblicò a stampa un catalogo ragionato. Esso costituisce oggi il fondo principale della Biblioteca comunale della città di Gubbio (cfr. G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle Bibl. d'Italia, I). Contiene, oltre alle opere citate, alcuni volumi di lettere dell'A. e lettere originali dei suoi dotti corrispondenti, tra i quali furono l'Ughelli, lo Jacobilli, l'Allacci, il Wadding, ed altri. L'Armanni fu anche in relazione col Bolland a cui inviò per i suoi Acta Sanctorum abbondanti notizie e trascrizioni concernenti i santi eugubini.
Bibl.: L. Jacobilli, Bibliotheca Umbriae, I, Fulginiae 1658, pp. 267-272; F. Fabi Montani, Elogio storico di V. A., Modena 1835; W. Maziere Brady, Anglo-Roman Papers, I, The eldest natural son of Charles II, Paisley 1890, pp. 95, 96, 105, 110, 117; M. DeMarinis, A. G. Brignole Sale, Genova 1914, pp. 116 s.; L. v. Pastor, Storia dei Papi, XIII, Roma 1931, pp. 503, 839 s. M. Battistini, I Padri bollandisti Henschenio e Papebrochio nell'Umbria nel 1660, in Miscell. Francescana, XXXIV (1934), pp. 53 ss.; B. Croce, Nuovi saggi sulla letterat. ital. del Seicento, Bari 1931, v. Indice; Id., Per la biografia di un poeta barocco: Girolamo Fontanella, in Aneddoti di varia letteratura, II, Bari 1953, pp. 164, 167.