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BAFFI, Vincenzo

di Mario Quattrucci - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 5 (1963)
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BAFFI, Vincenzo

Mario Quattrucci

Nacque ad Acri (Cosenza) il 12 maggio 1829, da Gennaro; trasferitosi giovanissimo a Napoli, frequentò la scuola di R. Savarese, laureandosi in legge; entrato nella magistratura, si fece presto apprezzare per la seria preparazione in materia penale. Volgendosi prevalentemente i suoi interessi in campo letterario, il B. preferì tuttavia sacrificare la sua carriera per non allontanarsi da Napoli, ove dava vita a un noto circolo letterario, di cui fecero parte anche F. Persico e D. Morelli. Allievo prediletto di F. S. Arabia, la cui scuola doveva lasciare una impronta assai profonda nelle sue poesie, il B. aveva presto esordito con un'ode in morte di un amico, L. Iorio, pubblicata su un foglio volante, poi smarrito (1848). Collaboratore di alcune riviste letterarie napoletane (Sirena, Guirlande de Julie), vi pubblicò numerose sue rime, raccolte poi in un unico volume, Versi (Napoli 1854); una nuova edizione, arricchita con canti inediti e con l'Arrigo (frammenti di una novella calabra in ottava rima, dedicata a G. Carcano), fu pubblicata da Le Monnier, con una interessante prefazione di S. Baldacchini (Firenze 1858). La natura elegiaca della sua musa si rivela più chiaramente in una nuova raccolta di versi, Italia (dedicata a Vittorio Emanuele II, Napoli 1860), ove cogliamo commossi accenti di un sincero amore per la sua terra. Legato da stretti rapporti di amicizia con G. Carcano, A. Maffei e S. Baldacchini, il B. partecipò attivamente alle lotte che agitarono in quegli anni il mondo letterario napoletano; curò in seguito una raccolta di poesie patriottiche di scrittori italiani di ogni secolo, Poeti della Patria. Canti italiani (Napoli 1863), di cui il Manzoni rifiutò cortesemente la dedica (Epistolario di Alessandro Manzoni, raccolto e annotato da G. Sforza, II, Milano 1883, pp. 308 s.). Ingegno assai vivace, il B. fu uomo di vasta cultura: valendosi della sua conoscenza delle lingue, tradusse versi di Hugo, Longfellow, Heine (Frondi Sparte, Napoli 1875). Raggiunta una vasta popolarità (nella celebrazione di solenni anniversari molto spesso si ricorreva alla sua penna), il B., divenuto presidente del tribunale di Cassino, moriva a Napoli il 24 marzo 1882, nel pieno della sua attività.

"Aedo della dolcezza", il B. appartiene a quella schiera di poeti calabri, chiamati giustamente dal De Sanctis "romantici naturali"; la sua indole, incline al patetico-sentimentale, lo fece aderire infatti spontaneamente alla scuola romantica, che nel meridione risentiva fortemente la suggestione delle letterature straniere: evidente è l'influsso del Lamartine sul B., che tuttavia non credeva di essere "ribelle alla scuola dei classici". Il suo romanticismo fu dunque assai temperato, lontano dalle esuberanze della scuola romantica napoletana. La sua opera più nota, l'Arrigo, ripete comunque i motivi dell'Angiola Maria, romanzo sentimentale del Carcano; degne di essere ricordate sono alcune belle traduzioni, in particolare la Preghiera di Margherita,dal Faust di Goethe. Pur incontrando la calda approvazione dei più noti critici letterari del tempo (Niccolini, Zanella, Tommaseo), e l'Aleardi molto apprezzava la sua "malinconia soave", il B. resta una figura affatto secondaria nella storia della letteratura romantica dell'Ottocento, conservando in definitiva un valore più documentario che poetico.

Fonti e Bibl.: P. C. Ulloa, Pensées et souvenirs sur la littérature contemporaine du Royaume de Naples, II, Genève 1859, p. 55; D. Galati, Gli uomini del mio tempo, Bologna 1882, pp. 292 ss.; G. Falcone, Poeti e rimatori calabri, II, Napoli 1902, pp. 348-50; A. Villari, I tempi, la vita, i costumi, gli amici, le prose e poesie scelte di F. S. Arabia, Firenze 1903, pp. 130 s., 270 s.; S.De Chiara, V.B., studio critico, in Riv. critica di cultura calabrese, I(1921), n. 1; F. De Sanctis, La letteratura italiana nel sec. XIX (con note di B. Croce), Napoli 1922, pp. 73, 201 nota 27; L. Aliquò Lenzi-F. Aliquò-Taverriti, Gli scrittori calabresi, dizionario bio-bibliografico, I, Reggio Calabria 1935, pp. 62 s.; G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1949, pp. 697, 756, 1259; G. Gallo, Dal carteggio inedito di V. B., in Brutium, XXXV(1956), nn. 1-2, pp. 8-11.

Vedi anche
prosa Espressione linguistica orale o scritta, non vincolata dalle regole metriche e ritmiche proprie della poesia; il termine è riservato specialmente all’espressione letteraria. prosa d’arte Nel linguaggio della critica letteraria, la prosa tipica dei frammentisti, in voga in Italia negli anni precedenti ... letteratura In origine, l'arte di leggere e scrivere; poi, la conoscenza di ciò che è stato affidato alla scrittura, quindi in genere cultura, dottrina. Oggi s'intende comunemente per letteratura l'insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano ... Victor-Marie Hugo Scrittore francese (Besançon 1802 - Parigi 1885), figlio di Joseph-Léopold-Sigisbert (v.), che egli seguì da bambino nei suoi spostamenti (Corsica, Calabria, Spagna). Già nel 1818 e nel 1819 fu premiato nei "giochi floreali" di Tolosa: alla poesia si dedicò fin dalla prima adolescenza, durante gli studî ... poesia Arte di produrre composizioni verbali in versi, cioè secondo determinate leggi metriche, o secondo altri tipi di restrizione; con una certa approssimazione si può dire che il significato di poesia è individuabile, nell’uso corrente e tradizionale, nella sua contrapposizione a prosa, in quanto i due termini ...
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baffo
baffo s. m. [etimo incerto]. – 1. Di solito al plur., baffi, i peli che coprono il labbro superiore dell’uomo (solo in caso di ipertricosi, ma in misura molto ridotta, nella donna), tagliati in varie fogge secondo la moda, e anche di taluni...
baffuto
baffuto agg. [der. di baffo]. – Che porta i baffi, fornito di baffi più o meno folti; può essere usato anche al femm., di donna che abbia folta peluria sul labbro superiore.
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