BIANCHINI, Vincenzo
Figlio di Giovanni Antonio dei Bianchi da Udine, barbiere, fu capostipite di una famiglia di maestri del mosaico attivi a Venezia nella seconda metà del sec. XVI.
Insieme con il figlio Giovanni Antonio e con il fratello Domenico, il B. rappresenta, nell'arte del mosaico veneziano, l'affermarsi della corrente manieristica, interpretando, con notevole abilità tecnica, i cartoni forniti dai pittori che a quella corrente si rifacevano, in particolare il Salviati.
Il B. appare citato nei documenti come "Ser Vincenzo Furlan" o "Vincentius Forojuliensis" (Saccardo, p. 54). La prima notizia che lo riguarda è la sua nomina tra i mosaicisti di S. Marco, avvenuta il 6 maggio 1517, assieme al maestro Ludovico Rizzo. A questo periodo iniziale sembra risalire la figura di un Angelo vestito di verde, firmato "Vincentius, Antonii Fecit" e collocato in una nicchia del coro, accanto ad altro consimile, opera del Rizzo: entrambi furono probabilmente eseguiti come saggio per l'accettazione. Nel 1524 il B. è condannato per un ferimento a due anni di prigionia e a dieci di interdizione (ibid., p.51). Rientrato a Venezia, dopo otto anni ha ancora noie con la giustizia, perché accusato dal rivale F. Zuccato di falso di moneta, ma dai documenti appare impegnato, dal settembre 1532, a rifare gli antichi mosaici le cui parti rovinate, secondo il costume dell'epoca, venivano demolite e interamente rifatte, mantenendone solamente il soggetto. Così fu del Giudizio di Salomone eseguito dal B. nel braccio settentrionale dell'atrio, sopra il sepolcro del doge Gradenigo; il mosaico porta la firma dell'artista insieme con l'indicazione della data: 1538.
Quanto al cartone, secondo alcuni (Boschini, Pasini) sarebbe dovuto a G. Salviati, secondo altri (Zanetti, Saccardo) a Iacopo Sansovino. Sembra, però, più valida la recente proposta (Pallucchini) che propende a considerare il disegno per il Salomone di un anonimo, ispirato a qualche stampa di gusto classicheggiante. Il mosaico marciano è, ad ogni modo, tra le prove più interessanti dell'affermarsi a Venezia del manierismo di importazione tosco-romana: esso piacque assai al Vasari.
Nello stesso anno 1538 viene commesso al B., dall'Opera del duomo di Pisa, un mosaico a decorazione della porta del Camposanto.
Del lavoro, eseguito assieme al maestro e collega Giovanni Demio, detto il Vicentino, non vi è più traccia; sembra probabile del resto che si trattasse di un lavoro composto fuori opera e applicato in situ, a quanto si può dedurre dalle carte del pagamento, effettuato a meno di un anno di distanza (9apr. 1539;doc. in Tanfani Centofanti).
Tra il 1542 e il 1552 il B. è impegnato in un vasto lavoro, in cui l'aiutano, assieme ad altri, il figlio Giovanni Antonio e Giovanni Demio (doc. in Saccardo, p. 291). Il mosaico, che richiese dieci anni di lavoro, è quello raffigurante l'Albero genealogico della Vergine, che occupa tutta la parete di fondo del transetto a sinistra, nella basilica di S. Marco.
Quanto all'intervento del Demio, il Pallucchini (1950, p. 44) prospettò la possibilità che la sua collaborazione non fosse solamente esecutiva, ma che entrasse nel disegno medesimo, dove si notano i suoi modi, specie nella figura della Madonna. Per il resto, l'opera riflette fedelmente il concetto compositivo predisposto dal Salviati, e con esso il pieno manierismo. Le figure, in particolar modo, sono improntate alla esteriorità di un michelangiolismo accademico, tipica di quella corrente. L'Albero della Vergine fu pure lodato dal Vasari (VII, p. 466), che l'attribuì ad un inesistente Ludovico Rosso: errore giustificabile forse con il soprannome di "Rosso" dato al fratello del B., Domenico.
Nel 1563 il B. partecipò al concorso bandito fra tutti i maestri del mosaico dalla Procuratia di S. Marco: ma vinse il rivale Francesco Zuccato. Fu però approvata in tale occasione la figura del profeta Malachia (Zanetti, p. 577; pagamento, 6 febbr. 1563, in Saccardo, p. 293), collocata nel sottarco interno del transetto sinistro. Forse erano contemporanee, o di poco precedenti, le figure di S. Ambrogio (firmato) e di S. Tecla, collocate nei pennacchi della cupola di S. Leonardo, nel braccio opposto del transetto. Nello stesso anno, 1563, il maestro fu coinvolto, con gli altri familiari, nel processo contro i fratelli Zuccato, accusati di scarsa correttezza tecnica; dopo questa data non vienepiù ricordato nei documenti.
Domenico, detto il Rosso o Rossetto, fratello del B., fu attivo come mosaicista nella basilica di S. Marco tra il 1537 circa e il 1576, ma non sappiamo quando nacque. Nel 1537 è accettato tra i maestri del mosaico in S. Marco assieme a Giovanni Demio. A parte due notizie di pagamenti nel 1540 e 1544 (Saccardo, pp. 290 s.), mancano notizie sulla sua attività in questi anni, ed è escluso che abbia collaborato col fratello alla composizione dell'Albero della Vergine; eglistesso lo dichiarava apparendo nel 1563 tra gli accusatori nel processo contro i fratelli Zuccato (Saccardo, p. 53). Nello stesso anno partecipava, insieme con Vincenzo e Giovanni Antonio, al concorso indetto dai Procuratori di S. Marco tra i mosaicisti della basilica; pur non riuscendo vincitore, fu preso in notevole considerazione, perché "aveva più degli altri eseguito con puntualità l'invenzione" (Zanetti, p. 579) Il saggio da lui preparato, raffigurante S. Gerolamo, venne collocato accanto alla porta della sagrestia, presso quello del nipote Giovanni Antonio. Nel 1567 eseguì due mosaici, che sono tra i più importanti della sua attività, su cartoni forniti dal Salviati: Cristo che risuscita il figlio della vedova di Naim (pagamenti 1569, in Saccardo, p. 204) e la Guarigione miracolosa della Cananea, disposti nel sottarco del transetto sinistro. Tra il 1568 e il 1571 Domenico è impegnato nella composizione dell'Ultima Cena nell'ordine inferiore dello stesso arcone, su cartone di Iacopo Tintoretto. Le ultime notizie che lo riguardano si riferiscono al 1576, mentre si terminava il mosaico con i Santi Processo e Martiniano nell'arcone di fronte all'altare della Madonna, dove appare la firma: "D.B.R.F."; è suo anche il mosaico con la figura di S. Michele Arcangelo, sulpilastro di fronte all'ambone di sinistra (doc. in Saccardo, p. 296). Nel 1576 il proto di S. Marco, Simone Sorella, convalida l'opera svolta da Domenico (Saccardo, p. 296): dopo questa data mancano documenti che riguardino la sua attività.
GiovanniAntonio, figlio di Vincenzo, continuò l'arte del padre e dello zio Domenico. Si ignora il suo anno di nascita. Nominato maestro nel 1556 (Saccardo, p. 66), fu dapprima aiuto del padre, collaborando per il grande mosaico raffigurante l'Albero della Vergine. Nel 1557 firmava e datava due figure da lui composte, accanto all'Albero della Vergine, rappresentanti i santi Pigasio ed Esaudino. In quel frattempo eseguì probabilmente anche altre figure di santi, non identificati con sicurezza. Suo è il S. Geremia nel sottarco interno verso la crociera, nonché un festone decorativo di fiori e frutta sopra l'altare di S. Giovanni Evangelista (circa 1559-63; cfr. Saccardo, p. 292).
Nel 1563 prese parte, insieme col padre e con lo zio, al concorso indetto dalla Procuratia tra i mosaicisti della basilica per confermarli nel loro incarico: ebbe il secondo posto (cfr. Saccardo, pp. 89 s.). Il saggio da lui eseguito in tale occasione, un S. Gerolamo, è collocato a lato dell'ingresso della sagrestia, accanto a quello, raffigurante il medesimo santo, dello zio Domenico. Il 21 luglio 1564 Giovanni Antonio ricevette pagamenti per lavori eseguiti sopra l'altare di S. Giovanni Evangelista (Saccardo, p. 292). L'ultimo documento che a lui si riferisce è un pagamento del 7 maggio dell'anno 1568 (cfr. Saccardo, p. 66).
Un doc. del 17 ag. 1566, riportato in parte dal Saccardo (p. 67), farebbe supporre che egli si sia occupato anche di architettura, avendo fornito un modello della chiesetta di S. Geminiano, costruita dal Sansovino.
Fonti e Bibl.: I Bianchini sono naturalmente menzionati in tutte le guide di Venezia dove si parla dei mosaici di S. Marco; diamo qui solo la bibl. più importante: G. Vasari,Le Vite..., a cura di G. Milanesi, VII, Firenze 1881, pp. 466 s.; M. Boschini,Le ricche minere..., Venezia 1674, p. 2; A. M. Zanetti,Della pittura veneziana, Venezia 1771, pp. 567, 569 ss. (per Domenico, pp. 572, 578 s.; per Giovanni Antonio, pp. 578 s.); A. Pasini,Guide..: de St. Mare, Schio 1888, p. 119 (per Domenico, pp. 9, III; per Giovanni Antonio, pp. 9, 119); P. Saccardo,Les mosaiques de St. Mare…, Venise 1896,ad Indicem; (anche per Domenico e Giovanni Antonio); L. Tanfani Centofanti,Notizie di artisti…, Pisa 1898, pp. 490 s.; R. Pallucchini,Le giovinezza del Tintoretto, Milano 1950,ad Indicem; G. Lorenzetti,Venezia e il suo estuario, Roma 1963,ad Indicem (anche per Domenico e Giovanni Antonio); U. Thieme-F. Becker,Künstler-Lexikon, III, p. 588 (per Domenico e Giovanni Antonio), p. 589 (per Vincenzo, con ulter. bibl); Enc. Ital., VI, p. 869, s.v. Bianchini, famiglia.