CABIANCA, Vincenzo
Pittore, nato a Verona sul finire del 1827, morto in Roma il 21 marzo 1902. Frequentò l'Accademia di belle arti in Venezia, quindi nel 1853, desideroso di libertà civile e artistica, si recò a Firenze, dove si legò subito di amicizia con quel gruppo di giovani pittori che con le polemiche feroci, con le fulminanti ironie e con l'esempio si proponevano la demolizione dell'Accademia e dei suoi insegnamenti.
Conducono vita insieme, fanno chiassate per gli studî, vanno in campagna a dipingere e la sera al caffè a discutere di arte e di politica. Ma i primi saggi compiuti a Firenze fra il 1854 e il 1858 (Goldoni giovinetto nella barca dei commedianti), dimostrano come fosse assai più facile demolire l'opera degli altri che conquistare sé stesso, e come il rinnovamento fosse in realtà faticoso e penoso. Risale a quegli anni, e segnò la sua prima vittoria, la piccola tela intitolata Donna con un porco contro il sole, che dai compagni fu salutata come la più perfetta attuazione della "macchia" e che al furore iconoclasta del Signorini servì per opporre a tutte le romanticherie e agli apparati teatrali della pittura di allora quel pezzo di umile natura, dove il problema di una macchia scura sopra un muro bianco era risolto con giustezza di rapporto.
Nel 1860, il C. è a Spezia col Banti e col Signorini, sempre a studiare effetti di sole; un anno dopo espone a Torino i Novellieri fiorentini e le Monachine e subito dopo si reca col Signorini a Parigi, portandovi pur sempre il quadretto della Donna col porco per essere colà tenuti non scolari, ma maestri. Distaccato in seguito da Firenze, il C. dipinge nel 1864 il Bagno fra gli scogli (Galleria di arte moderna di Firenze) che, proprio per quella violenza di colorito e di chiaroscuro che non le conciliò allora il favore dei pittori fiorentini, deve essere considerata una delle sue opere più importanti per fiammeggiante densità di pittura.
Dal 1868 troviamo il Cabianca a Roma, attrattovi forse da Nino Costa. Allora, mentre la maggior parte dei suoi vecchi compagni toscani s'irrigidivano nella loro intransigenza programmatica che finì sovente in aridità e in secchezza, egli, che dell'arte veneta aveva in fondo conservato il sentimento del colore e quella deliziosa armonia che formò sempre una delle sue qualità principali, conciliò le indagini tecniche con una più comunicativa espressione della sua squisita sensibilità. E, a poco a poco, le sue opere, in cui sono indimenticabili le sinfonie dei bianchi generatori di tanta luce nelle ombre oscure, si arricchirono di un intimo senso poetico e di un tenue, dolcissimo velo romantico, che si accentuò specialmente dopo il 1880. Pochi come il C. seppero intendere e rendere la poesia di Verona e di Venezia in tutta la loro divina malinconia.
Fra le sue opere migliori sono anche da ricordare: Piccola via presso Perugia; Una casa ad Anacapri; Reminiscenze di Amalfi, tutte del 1877; La pace del chiostro (1883); Sul far del giorno; Neve in Ciociaria; Neve a Venezia; Estate; Amore costante (1898). I suoi acquerelli, di una tecnica raffinatissima, ebbero largo successo, specialmente in Inghilterra. Eseguì le illustrazioni per Isaotta Guttadauro di Gabriele D'Annunzio.
Bibl.: Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, V, Lipsia 1911 (con la bibl. precedente); P. Caliari, in Madonna Verona, VIII (1914), pp. 219-20; G. Fogolari, Vincenzo Cabianca, in L'Arena, 24 marzo 1927; A. Colasanti, Catalogo della Galleria nazionale di arte moderna in Roma, Milano s. a., p. 38; U. Ojetti, La pittura italiana dell'Ottocento, Milano-Roma 1929.