CANNIZZARO, Vincenzo
Le notizie su questo pittore, non corroborate da documenti d'archivio, sono fornite dalla biografia che ne scrisse il canonico P. Pellicano nel 1838. Nato a Reggio Calabria nel giugno 1742 da Giovanni Battista (non si conosce il nome della madre), si dette presto agli studi artistici ed ebbe a suo primo maestro il poco noto pittore reggino A. Cilea. Da Reggio si trasferì, appena sedicenne, a Napoli e si mise alla scuola di F. De Mura che ebbe influenza determinante sul suo sviluppo artistico.
Sono presumibilmente riferibili al primo periodo del soggiorno napoletano del C. la tela con Roberto d'Angiò che fonda il convento di S. Chiara del Museo di Reggio Calabria, che ripete con qualche lievissima variante quella eseguita dal De Mura per la chiesa di S. Chiara a Napoli nel 1754 (andata distrutta durante la seconda guerra mondiale), e quella, con lo stesso soggetto, del Museo della Badia di Cava dei Tirreni attribuita a G. Diana.
La Strage degli innocenti, conservata anch'essa nel Museo nazionale di Reggio e già assegnata ad ignoto del XVIII secolo, è, invece, attribuibile al C. per l'imitazione (con poche varianti) di un'opera di identico soggetto attribuita recentemente al De Mura e conservata nella Galleria Corsi di Firenze.
Nel 1763 il C. si trasferì a Roma, dove scelse come maestro P. Batoni. A questo periodo è riferibile la Caduta di Simon Mago del Museo nazionale di Reggio Calabria, così esplicitamente derivante dall'opera batoniana di identico soggetto nella chiesa di S. Maria degli Angeli, da mostrare nel C. un copista, ma non di bassa lega.
Il C. riuscì a vincere il concorso della Accademia di S. Luca con il disegno raffigurante Abramo avendo combattuto con i cinque Re e liberato Lot suo nipote,ritornando vittorioso... incontrato da Melchisedec Re e sacerdote che dimorava nella città di Salem e in sua presenza offerse sacrifici a Dio di pane e di vino. Di questo concorso non fa menzione il Pellicano che cita solo, in modo vago, "moltissimi dipinti e di valevole pregio". Il disegno (conservato nell'archivio dell'Accademia) rivela nel C. aperture a certe soluzioni rococò, anche per l'intonazione mondana, quasi da melodramma metastasiano, con cui è narrato l'avvenimento biblico.
Indubbiamente tra le opere migliori dell'artista è la Trasfigurazione di Cristo della Galleria nazionale di Parma (1766), con la quale ottenne il premio al concorso della R. Accademia di Belle Arti, e che dev'essere collegata certamente all'esperienza romana dell'artista per il ricordo vivo del medesimo tema di Raffaello e di M. Benefial (Vetralla, S. Andrea). Non sappiamo a quale anno con esattezza appartenga il piccolo Autoritratto del C. con i pennelli, in mano (oggi proprietà degli eredi di Michele Barbaro a Reggio Calabria); mentre dell'ultimo periodo della brevissima vita del pittore è presumibilmente il suo più bel ritratto, quello dell'Arcivescovo Matteo Testa Piccolomini, notevole "portrait de verité" conservato nella sacrestia del duomo di Reggio, insieme con quello, ma di minor levatura, del cosentino Domenico Zicari, vescovo di Crotone. Tra le opere migliori, e anch'essa da ritenere dell'ultimo periodo, è il Martirio di s. Lorenzo (Reggio Calabria, Museo nazionale), dove il ruolo principale sostenuto dal colore rivela l'influsso della cultura figurativa veneziana del sec. XVIII. Vagamente memore di motivi veneti sembra anche il bozzetto, alquanto danneggiato, con l'Assunzione della Vergine (eredi Barbaro, Reggio Calabria). Dispersi sono andati la Vergine dei dolori e altri bozzetti e quadri ricordati dal Pellicano come spediti in Inghilterra.
Nel marzo 1767 il C. lasciò Roma per Reggio dove avrebbe ancora dipinto pregevolissimi quadri per la maggior parte non reperibili. Già gravemente ammalato, dipingeva la tela di maggiori dimensioni da noi conosciuta, la Battaglia di Giosuè, che va posta nell'ambito di quella "pittura di battaglie", caratteristica dell'arte napoletana. In una collezione privata di Napoli, una tela di recente pubblicata e attribuita al De Mura è senza dubbio quella da cui il C. ha copiato la sua con qualche lievissima variante, e testimonia perciò il persistente attaccamento a iconografie demuriane dimostrato dal Cannizzaro.
Il C. morì a Reggio Calabria il 26 giugno 1768.
Bibl.: P. Pellicano, Vita di V.C. ..., Reggio 1838; D. Spanò Bolani, Storia di Reggio Colabria..., Napoli 1857, II, pp. 219-221; C. Minicucci, V. C. e il suo "ex voto" alla protettrice di Reggio, in Brutium, VII (1928), 9-10, p. IV; A. Frangipane, Tracce di calabresi nell'insigne Accad. di S. Luca,ibid., XIV (1935), 4, pp. 74 ss.; Id., V. C.,ibid., XVII (1938), 4, pp. 56-60; 5, pp. 69-71; Id., V. C.,un pittore reggino devoto alla Madonna della Consolazione, in Corr. di Reggio, 30 ott. 1954; Cronaca dei restauri, in Bollettino d'arte, XLII (1957), pp. 350-54; P. O. Geraci, Profili di artisti reggini del '700 e '800: V. C. …, Cava de' Tirreni 1971; F. Gualdi, V. C. pittore calabrese, in Commentari, XXII (1972), pp. 112-130; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 505.