CARBONELLI, Vincenzo
Nato a Secondigliano (Napoli) il 23 apr. 1822 da Pietro, commerciante, e da Maria Antonia Stornaiuolo, si laureò in medicina a Napoli. Ostile all'assolutismo, partecipò alle cospirazioni professando idee socialmente avanzate, tanto che la polizia borbonica poté scrivere di lui: "D'indole ardente, di facile favella, destro e animoso, benché di cuore buono, egli ha vagheggiate le più perniciose utopie e ha tentato vanamente di ridurle in atto. Ora profugo, ora carcerato, egli si è affezionato sempre più all'ingiusta causa per la quale ha sofferto... là medico di professione, ma ha vaneggiato lungamente sui sogni di Saint-Simon, di Cabet e di altri socialisti francesi e alemanni" (commissario di polizia del quartiere Stella al prefetto di polizia, Napoli, 29 nov. 1848, copia in Arch. di Stato di Napoli, Ministero Polizia,Gabinetto, fascio 517). Però il 15 maggio del 1848, quando a Napoli si innalzarono le barricate, fu tra coloro che si adoperarono invano per farle rimuovere (G. Paladino, Il 15 maggio del 1848 a Napoli, Milano 1920, p. 258). Dopo il trionfo delle truppe regie fuggì a Roma.
Per incarico del ministro di Venezia a Roma, G. B. Castellani, a fine agosto il C. si recò a Venezia attraverso Livorno, Firenze, Bologna, Ravenna: apparentemente il suo compito consisteva nel procurare alla città assediata viveri e armi; in realtà doveva spingere Manin a una politica più vicina alla linea democratica. A fine settembre rientrò a Roma senza essere riuscito in nessuno dei suoi intenti (La Repubblica veneta nel 1848-49, II, Padova 1954, ad nomen). Nel settembre-ottobre sperò di rientrare a Napoli, dove riteneva imminente la ripresa della lotta popolare contro l'assolutismo, e chiese anche il visto alla legazione borbonica a Roma. Però nel novembre, espulso dal ministro Rossi come elemento pericoloso con l'altro esule napoletano Gennaro Bomba, preferì rifugiarsi a Genova. Tornò a Roma dopo la fuga di Pio IX e combatté in difesa della Repubblica. Alla sua caduta, secondo la biografia di V. Morelli (in Diz. del Risorgimento naz.), fu di nuovo a Venezia, quindi a Costantinopoli e a Genova, infine in Francia.
Vecchio amico di G. A. Romeo, si unì agli esuli meridionali che nel 1852 a Parigi cominciarono a sperare nell'avvento di Luciano Murat sul trono di Napoli (F. Bartoccini, Il murattismo, Milano 1959, pp. 36 s.). Poi, espulso dalla Francia, si stabilì a Genova, dove visse esercitando la professione medica; nell'estate '54 si distinse per il suo zelo in occasione dell'epidemia di colera. Sempre pronto all'azione, fu tra i membri della associazione "La solidarietà nel bene", sorta per soccorrere gli esuli poveri, e tra i fondatori del Circolo filologico e stenografico. Ricredutosi delle speranze nutrite precedentemente, il C. sottoscrisse la protesta contro le mene murattiane pubblicata dal Diritto il 25 sett 1855, ed entrò in stretti rapporti con l'emigrazione democratica, in particolare con C. Pisacane e R. Pilo. Con lo pseudonimo di Vincenzo De Vincenzi fu in corrispondenza col Comitato di Napoli, diretto prima da N. Mignogna, poi da G. Fanelli, e collaborò all'organizzazione della spedizione di Sapri. La sua attività non sfuggì alla polizia sarda, che lo arrestò nel luglio '55, ritenendolo, a torto, implicato in un tentativo di spedizione su Sarzana, e lo tenne sempre sotto sorveglianza. Nel febbraio '60 fu tra i fondatori della società "La Nazione", promossa da Bertani per contrastare la Società nazionale, quindi partì con i Mille, partecipando in Sicilia alla prima fase della spedizione.
Ai primi di luglio, dopo che Francesco II di Borbone aveva concesso la costituzione e permesso il ritorno degli esuli, il C., autorizzato da Garibaldi, rientrò a Genova col Mignogna (G. Pupino Carbonelli, N. Mignogna nella storia dell'unità d'Italia, Napoli 1889, p. 187), e di lì si recò a Napoli. Quale membro del democratico Comitato d'azione, che cercava di anticipare analoghe iniziative del moderato Comitato dell'ordine, il C. sollecitò dal Bertani l'invio di armi per suscitare la rivoluzione nel Mezzogiorno prima dell'arrivo di Garibaldi. Tra l'agosto e il settembre, sostituendo il cavouriano F. Matarazzo, fu a capo delle forze insurrezionali che agirono nell'Avellinese e nel Beneventano e si affiancarono poi all'esercito meridionale.
Tornato a Genova, il C. continuò ad essere uno dei democratici più impegnati; nel marzo '62 fu tra i vicepresidenti dell'assemblea delle società democratiche in cui fu fondata l'Associazione emancipatrice italiana; recatosi nel Mezzogiorno per secondare la nuova iniziativa garibaldina, a fine agosto fu arrestato a Napoli. Dopo Aspromonte fu tra i medici chiamati al consulto generale del 29 ottobre per la ferita di Garibaldi (Rivista popolare, XVIII [1912], nn. 16-17, p. 57); nel '63 firmò l'appello peruna sottoscrizione in favore degli insorti polacchi, ed anche in seguito partecipò come promotore o come oratore alle manifestazioni del Partito d'azione. Nel '66 fu di nuovo con Garibaldi, combattendo nel Trentino col grado di colonnello. Nel '67 partecipò alla campagna dell'Agro romano, e dal 26 ottobre comandò la piazza di Monterotondo, base di Garibaldi fino alla giornata di Mentana (F. Cavallotti, Storia della insurrezione romana nel 1867, Milano 1869, p. 502).
Intanto il C. era entrato a far parte del Parlamento, militando nella Sinistra. Nel '61, candidato a Taranto, luogo di origine della sua famiglia, era stato battuto da G. Pisanelli, ed era stato sconfitto di nuovo dallo stesso nel medesimo collegio in elezioni suppletive del gennaio '63. Invece fu eletto deputato a Bari nell'ottobre '65, dopo ballottaggio con G. Massari. Sconfitto a sua volta da Massari a Bari nel marzo '67, rientrò alla Camera come rappresentante di Campi Salentina nelle suppletive del 5-12 maggio '67, e fu rieletto nello stesso collegio nel novembre 1870. Nel novembre '74 strappò a Pisanelli il collegio di Taranto, dove fu confermato nel novembre '76. Non rieletto nel 1880, invano si ripresentò agli antichi elettori nel 1886 e nel 1890.
Oratore focoso, più efficace nei comizi che nelle aule parlamentari (il 20 febbr. 1867 Il Diritto lo incluse tra i demagoghi che la Sinistra, diventata partito di governo, avrebbe dovuto non ripresentare, e Mazzini lo riteneva pure dopo Mentana disposto a seguire iniziative repubblicane: vedi la lettera ad A. Bertani, inviata da Lugano il 17 gennaio 1869, in Edizione nazionale degli scritti..., LXXXVII, pp. 268 s.), il C. non svolse alla Camera attività di rilievo. Prese la parola raramente, soprattutto su questioni riguardanti il Mezzogiorno: sollecitò lavori per i porti di Crotone, Bari, Taranto, e più volte intervenne per la ferrovia Taranto-Brindisi. Fu relatore del progetto di legge sui lavori marittimi per il 1875 e della legge sulla pesca discussa nel febbraio 1878.Nel 1877 il C. aveva assunto la direzione del quotidiano democratico genovese Il Movimento, decaduto dopo la partenza del Barrili (1866); non riuscì però a ridare l'antico splendore al giornale, che cessò le pubblicazioni nel dicembre 1886, quando da qualche mese ne era uscito il Carbonelli.
Morì a Roma il 16 ott. 1901.
Fonti e Bibl.: La data di nascita, fissata nell'aprile 1820 in T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, I, Roma 1896, p. 228; e in Dizionario del Risorgimento nazionale, II, p. 547, è stata rettificata in base all'atto di nascita (Arch. di Stato di Napoli, Stato Civile, reg. n. 20. 304). Sul C. vedi anche il vivace schizzo biogr. tracciato da F. E. Morando, Mazziniani e garibaldini nell'ultimo periodo del Risorgimento, Genova 1929, pp. 207-13. Per la permanenza a Genova sul finire del 1848, e per gli anni 1854-57, vedi L'emigrazione polit. in Genova ed in Liguria dal 1845 al 1857, Modena 1957, II, pp. 417 s.; III, pp. 493, 497, 578 s., 618, 624; C. Pisacane, Epistolario, a cura di A. Romano, Milano 1937, ad nomen; Lettere di Rosolino Pilo, a cura di G. Falzone, Roma 1972, ad nomen; M. Mazziotti, La reazione borbonica nel Regno di Napoli, Milano 1912, pp. 316, 321; Sulla partecip. agli avvenimenti del '60 oltre al volume citato di Mazziotti, p. 415, vedi G. Mazzini, Ediz. naz. d. Scritti, LXVIII, pp. 154, 202 (lettere non datate ma del luglio 1860, ad A. Bertani); G. Petella, La Legione del Matese durante e dopo l'epopea garibaldina, Città di Castello 1910, pp. 44 s.; A. Zazo, Il Sannio e l'Irpinia nella rivoluz. unitaria, in Arch. stor. per le prov. napol., n. s., XL (1961), pp. 172-79. Lettere del C. al Bertani, Napoli, 1º, 15 e 25 ag. 1860 sono a Milano, Museo del Risorg., Archivio Bertani, cartt. 48, 49; altre lettere di scarsa importanza del 1863 e del 1866 sono rispettivamente in cart. 51 e in cart. 59. Nell'archivio dell'Istituto mazziniano di Genova sono conservati alcuni docc. relativi al C.: istruzioni per un imbarco notturno, probabilmente del 1860 (cart. 17, n. 2089), la delegazione al C. a comandare le forze insurrezionali delle province di Avellino e Capitanata (cart. 17, n. 2090), lett. al C. di G. Garibaldi, Caprera, 16 febbr. 1862, dove sono attestate le sue benemerenze nella spedizione dei Mille (cart. 17, n. 2091), e carte di scarsa importanza del 1866 e 1867 (cart. 17, nn. 2092, 2094, 2095 e cart. 5, n. 913). Nel Museo Centrale del Risorgimento a Roma, sono conservate quattro lettere del C. a G. e M. Garibaldi del 1861-63 (buste 43, 45, 925), due a C. De Lieto del 1853 (b. 174), due a G. Libertini del 1865-66 (b. 361), una a F. Sprovieri del. 1895 (b. 505), tre a N. Fabrizi del 1854-1861 (b. 520). Sulla permanenza a Genova dal 1860 in poi B. Montale, A. Mosto, Pisa 1966, ad nomen. Per le vicende elettorali vedi Indice gener. degli Arti parlamentari (1848-1897). Storia dei collegi elettorali, Roma 1898, pp. 62, 133, 642 s. Sul Movimento cfr. la voce, a cura di F. Poggi, in Dizion. del Risorg. naz., I, pp. 727-30.