CASASOLA, Vincenzo
Nacque a Buia (Udine) il 17 febbr. 1845 da Giovanni e da Caterina Tonino, in una famiglia di modestissime condizioni economiche. Fin dall'infanzia visse con lo zio, mons. Andrea Casasola (1806-1884; vescovo di Concordia dal 1855 al 1863, quindi arcivescovo di Udine fino alla morte), che lo educò, consentendogli di frequentare l'università di Padova e di laurearsi in giurisprudenza nel 1868. Dopo alcuni anni trascorsi a Portogruaro con lo zio, il C. fece a Padova le prime esperienze di Azione cattolica, collaborando, insieme con G. Sacchetti, A. Baschirotto, A. De Besi, P. Balan, A. De Giorgi e A. Gastaldis, alla rivista intransigente Le Letture cattoliche. Conseguita la laurea, si stabilì definitivamente a Udine, esercitando con successo l'avvocatura.
L'educazione ricevuta, le esperienze fatte a Padova e i vincoli di parentela con l'arcivescovo spiegano la presenza del C. alla testa delle prime iniziative cattoliche nella diocesi friulana, che ebbero risultati sempre modesti, per la difficile situazione religiosa e la dura opposizione della classe dirigente liberale, sostenuta dall'autorità pubblica. In sostanza, il C. condivise e cercò di attuare, tenuto conto dello scarso e poco qualificato peso dei cattolici sul terreno dell'azione ed anche dell'isolamento relativo della diocesi rispetto all'organizzazione regionale veneta, le direttive pastorali dello zio, interpretandone fedelmente, ma secondo opportunità, gli indirizzi intransigenti.
Infatti, quando nel maggio 1871 venne costituita l'Associazione cattolica friulana, con lo scopo "di conservare e promuovere" il sentimento religioso, inteso quale difesa e sostegno dell'autorità della Chiesa e del papa, il C. vi prese parte attiva. Segretario durante il primo anno di vita dell'Associazione, la presiedette negli anni successivi fino al 1878.
Relatore nelle sue adunanze annuali, nel 1874, analizzando le condizioni della Chiesa, sostenne che la persecuzione in atto era da attribuirsi alle "esagerate pretese del potere civile", per concludere in tono ottimistico, auspicando prossimo "il riordinamento della società, il trionfo della verità e la pace della Chiesa" (Tessitori, p. 22). Nel 1877, nel corso di una adunanza indetta in occasione del giubileo episcopale di Pio IX, che costituì una vera e propria rassegna delle forze cattoliche organizzate della diocesi di Udine, il C. incentrò la sua relazione, in evidente collegamento con lo sviluppo e gli indirizzi dell'Opera dei congressi, sulla necessità per i cattolici di diffondere maggiormente e di estendere le strutture organizzative anche nei centri minori della diocesi, tramite la costituzione dei comitati parrocchiali, che avrebbero potuto "impedire e poco a poco sanare i mali che travagliano la società". In questo modo si sarebbe mantenuta e rafforzata "l'unione del popolo al suo parroco" e aiutato "il parroco medesimo nel promuovere le opere di culto e di carità cristiana". Non mancò, inoltre, di rilevare la necessità di usare tutti i mezzi e gli strumenti di propaganda a disposizione, per affrontare con migliori possibilità di successo la lotta. Indicò nella partecipazione elettorale, "con le debite riserve", uno strumento particolarmente idoneo, "in uno stato che si fonda e si governa tutto sulla base del sistema rappresentativo", e legittimo, in quanto i cattolici "possono vantarsi di costituire la grande maggioranza della nazione (ibid., pp. 26s.).
Conclusasi nel 1878 l'esperienza dell'Associazione cattolica friulana, dopo aver preso parte a Venezia alla seconda adunanza regionale veneta dell'Opera dei congressi, risultati in gran parte vani i ripetuti tentativi di dare una solida struttura organizzativa al Comitato diocesano udinese dell'Opera e di diffondere i comitati parrocchiali, il C. continuò, tuttavia, per circa quindici anni - dal 1879 al 1894 - a guidare su posizioni rigidamente intransigenti, in difesa della libertà e dell'indipendenza del papa, come segretario del Comitato diocesano, presieduto da don Giovanni Dal Negro, le striminzite iniziative cattoliche friulane, collaborando attivamente al quotidiano cattolico di Udine, Il Cittadino italiano (1878-1900).
Quando, nel corso dell'ultimo decennio dell'800, G. B. Paganuzzi, nominato presidente dell'Opera dei congressi, seppe imprimere nuovo vigore all'azione religiosa e sociale dei cattolici italiani, anche nella diocesi di Udine si ebbe un risveglio organizzativo, i cui caratteri sottolineano l'emergere di nuovi problemi sociali, derivanti dalla crisi economica, e il diverso atteggiamento della giovane generazione cattolica. Il C., convinto sostenitore degli indirizzi programmatici del presidente dell'Opera, promosse e guidò con autorevolezza e prestigio le iniziative cattoliche diocesane in favore del "benessere del popolo", smorzando, fino a quando gli fu possibile, le tensioni inteme e le deviazioni rispetto alla linea intransigente e papale. Ricostituito nel febbraio 1895 il Comitato diocesano, lo presiedette. Si deve alla sua intensa attività se in tutta la diocesi, nel corso del 1895, si costituirono sessantasei comitati parrocchiali, dieci subcomitati, dieci sezioni giovanili, sedici casse rurali, dodici società operaie di mutuo soccorso, latterie sociali, tre società contro gli infortuni del bestiame, due biblioteche circolanti, sei bande musicali, una trattoria cattolica, e, infine, la Banca cooperativa cattolica di Udine.
Nel maggio del 1898, a seguito dello scioglimento del Comitato diocesano di Udine, attuato nel quadro della reazione promossa dal governo Di Rudinì, anche il C. subì la perquisizione domiciliare e il sequestro dei documenti.
In quell'occasione fece verbalizzare una dichiarazione, in cui sottolineò quali, a suo giudizio, erano gli scopi e l'utilità delle istituzioni cattoliche: eminentemente morali ed economici, "per impedire il diffondersi di idee socialistiche e per mantenere la tranquillità colla moralità nelle popolazioni". Ribadì, rafforzandoli, questi concetti in una lettera circolare ai membri dei comitati parrocchiali disciolti: "noi non siamo dei rivoluzionari, dei ribelli"; e precisò ancora meglio i limiti della sua prospettiva conservatrice alla fine dell'anno, quando fu revocato il decreto di scioglimento, in un'analoga lettera inviata ai parroci: scopo dei comitati era di "far rifiorire la vita cristiana, nella parrocchia, nella famiglia, negli individui".
Ma la linea del C., mutuata da G. B. Paganuzzi, era destinata con il mutare della realtà sociale ad entrare rapidamente in crisi. Ancora prima del decreto di scioglimento, a Udine le strutture diocesane dell'Opera avevano cominciato a cedere; la reazione governativa ne provocò il crollo. Rimasero in piedi le strutture economiche, ma con altre finalità e con altri dirigenti. In questa situazione, la leadership del C. nel movimento cattolico udinese andò lentamente declinando.
Nella lotta di tendenze apertasi all'interno dell'Opera dei congressi, il C., che nel 1902 era stato eletto vicepresidente del Comitato regionale veneto, si schierò apertamente con G. B. Paganuzzi, senza per altro ostacolare gli sviluppi e i nuovi indirizzi del movimento cattolico. La sua linea fu sconfitta a Udine nell'assemblea del 2-3 dic. 1903.
Non passò la sua proposta di aderire "senza riserve" alle istruzioni pontificie: non si tenne conto del suo dissenso nel consentire con la linea della presidenza Grosoli; le sue conclusioni sulla politica organizzativa furono radicalmente mutate dagli emendamenti proposti dall'assemblea diocesana: nelle parrocchie il centro di iniziativa non era più soltanto dei comitati; le sezioni giovanili dovevano ancora educare ai principî cattolici e alla difesa della fede e dell'azione esterna della Chiesa, ma "secondo le esigenze moderne", statuti e regolamenti dell'Opera e istruzioni pontificie dovevano essere osservate, ma alla stessa stregua dovevano osservarsi anche tutte le deliberazioni congressuali.
Negli anni seguenti, fino allo scoppio della guerra mondiale, il C. continuò, in coerenza con la propria visione dell'azione cattolica, ad operare come "gregario" nel movimento cattolico, senza tuttavia promuovere gruppi di tendenza e senza fare polemiche, del resto non necessarie in periodo di crisi. Tranne, forse, la polemica occasionale sostenuta nel 1904 dalle colonne de Il Crociato con Pio Paschini sulle origini della Chiesa di Aquileia. Il C. non entrò nel merito della questione, ma disapprovò i dubbi espressi dal Paschini sulla verità della tradizione, perché con quello stesso metodo "gli eretici razionalisti cercano di distruggere lo stesso codice della nostra religione".
Ossequio alla tradizione; obbedienza senza discussione ai vescovi, secondo il principio di autorità; difesa intransigente dei diritti conculcati della Chiesa e del Papa informarono l'azione del C. anche dai banchi del consiglio comunale e provinciale di Udine, sui quali sedette per lungo tempo. Sostenitore della partecipazione dei cattolici alle elezioni amministrative, determinò e capeggiò la lista cattolica, senza riuscire eletto, nelle consultazioni elettorali per il Consiglio comunale di Udine degli anni 1878, 1881, 1882, 1883. Fu, invece, eletto nella consultazione elettorale del 1890 e rieletto in quella del 1895. Presentandosi ancora nelle elezioni del 1901 e del 1908, non fu riconfermato. Rientrò in Consiglio comunale, in una lista di coalizione coi liberali, nel 1914. Fu eletto consigliere provinciale, in rappresentanza del mandamento di Gemona del Friuli, nel 1895. In seguito, fino alla prima guerra mondiale, fu rappresentante del secondo mandamento di Udine, rieletto nelle elezioni del 1902, 1910, 1914 in una lista di coalizione coi liberali moderati.
Tra i suoi interventi da ricordare quello svolto nel 1895 in Consiglio comunale, in occasione del XXV anniversario della Breccia di porta Pia; e l'altro, che suscitò violente polemiche ed ebbe risonanza nazionale, svolto in Consiglio provinciale nel maggio 1911, in occasione delle feste celebrative per il cinquantenario della proclamazione del Regno d'Italia. In questa circostanza il C. dichiarò di nonpoterpartecipare a festeggiamenti per commemorare un fatto storico che non intendeva apprezzare né giudicare, e che certamente non aveva alcuna velleità di far scomparire, ma che sapeva arrecare offesa al capo di quella religione della quale si onorava di far parte. La sua posizione, decisamente arretrata rispetto all'atteggiamento cattolico prevalente, ebbe l'appoggio incondizionato soltanto de L'Unità cattolica, che definì il C. "diritto oggi come cinquant'anni fa nel suo immutato pensiero". In Consiglio provinciale, nel 1907, fu promotore con G. Brosadola dell'Ufficio provinciale del lavoro, che funzionò fino al 1915.
Durante la guerra il C. fece ancora parte della giunta diocesana dell'Unione popolare, nominata nel 1916. Rimasto a Udine dopo la rotta di Caporetto, fu nominato dagli occupanti membro della consulta municipale. Nel dopoguerra, a ragione dell'età avanzata, ma soprattutto per rimanere fedele alle idee sempre professate, non aderì al Partito popolare italiano.
Era stato nominato da Leone XIII nel 1895 cavaliere e nel 1902 commendatore dell'Ordine di S. Gregorio Magno.
Morì a Udine l'8 apr. 1928.
Fonti e Bibl.: G. Drignani, Elogiofunebre di V. C. letto a Udine il 28 giugno 1928, Udine 1928; ampie e documentate notizie sull'attività del C. in T. Tessitori, Storia del movim. cattolico in Friuli (1858-1917), Udine 1964, ad Indicem;inoltre v.: Atti dell'adun. gener. delle associaz. cattol. tenuta in Udine il 3 giugno 1877, Udine 1877, passim; O. Comelli, Stampa cattol. in Friuli, Udine 1957, passim;G. De Rosa, Pietà attivistica e intrans. cattolica a Padova alla fine dell'800, in Rass. di polit. e di storia, XI (1965), pp. 118-125; Id., Storia del movim. cattolico in Italia. Dalla Restauraz. all'età giolittiana, Bari 1966, pp. 62-67; V. Negri, Fonti archivistiche per la storia del movimento cattolico veneto: il fondo Gaetano Roncato, in Boll. dell'Archivio per la st. del movim. sociale cattol. in Italia, II (1967), pp. 156-161; S. Tramontin, L'enciclica Rerum novarum al congresso di Vicenza (1891), ibid., III (1968), p. 96; N. Agostinetti, IlFriuli e l'Opera dei Congressi, in Atti del Conv. dell'Ist. per la storia contemp. del movim. operaio e contadino (14-16 sett. 1975), Ferrara 1977, pp. 225-280.