CATELANI, Vincenzo
Da famiglia di disagiate condizioni economiche, nacque a Reggio Emilia il 13 ott. 1742. Compì gli studi presso il locale seminario, ove fu accolto per intercessione del vescovo Gian Maria Castelvetro. Gli fu così possibile seguire regolari corsi di eloquenza e di teologia, dedicandosi assiduamente allo studio delle sacre scritture, e per questo si applicò con successo all'apprendimento del greco e dell'ebraico. Terminato il corso di teologia, assolse le funzioni di insegnante presso lo stesso seminario che lo aveva visto studente, ricoprendo la carica di prefetto. Decise quindi di entrare nell'Ordine di S. Filippo Neri, ove fu nominato preposto, mentre tanto il vescovo Castelvetro quanto il suo successore monsignor d'Este si servivano della sua dottrina per esaminare i chierici e i nuovi parroci della diocesi.
Cagionevole di salute, non risparmiò le energie assolvendo a quell'ufficio di direzione spirituale al quale era stato assunto dall'Ordine. Contemporaneamente non mancava di intrattenere relazioni letterarie con alcuni tra i rappresentanti più significativi della contemporanea cultura. Fu ascritto all'Accademia dei Concordi di Bologna col nome di Archillo; era frequentemente visitato da Agostino Paradisi; Francesco Cassoli si rivolgeva con affetto a lui in un'ode (inclusa nei Versi, Parma 1802) che rievoca pateticamente il continuo sodalizio intellettuale e poetico col C.: "Oh egregio Archillo, o a me per lustri e lustri / compagno, amico, e, s'io il volea, modello...".
Il C. attraversò senza disavventure, e anche senza impegnarsi a fondo sul piano della polemica ideologica, il periodo rivoluzionario, durante il quale intensificò la sua produzione letteraria improntata a sentimenti di sincera religiosità. Morì a Reggio nel settembre del 1804 e fu sepolto nella cittadina chiesa del SS. Salvatore, detta anche di S. Teresa.
Gran parte dell'attività letteraria del C., quella più chiaramente impegnata sul piano pratico richiesto alle sue funzioni di sacerdote, è andata perduta. Già nei primi anni del sec. XIX, appena qualche tempo dopo la sua morte, si erano perse le tracce dei suoi sermoni religiosi e morali, probabilmente indirizzati agli allievi del seminario di Reggio. Parimenti perduto deve considerarsi un panegirico del beato A. Bonaventura da Potenza recitato dal C. nella chiesa dei padri minori conventuali di Reggio su invito dell'amico Iacopo Belli, mentre fu data alle stampe (Firenze 1773) e ci è stata quindi tramandata la Vita della serva di Dio Rosa Maria Martini secolare fiorentina, morta il 20 febbr. 1769 in odore di santità.
Tra le opere edite, e sempre rimanendo nel campo della prosa, merita una menzione l'opuscolo intitolato Discorso sopra l'influsso delle stelle (Modena 1778), in cui il C. confutava le più radicate e popolari superstizioni connesse con la consuetudine astrologica. Complementare deve infine considerarsi, se non per la natura del genere sicuramente per la sporadicità con cui il C. vi ricorse, la produzione di versi latini, attestata, nella Raccolta pel sacro oratore P. Vallaperta (Reggio 1803), da una lirica commemorativa.
Quel che sembra comunque assicurare al C. una migliore reputazione letteraria è il complesso delle sue rime in volgare, edite a suo tempo in rari opuscoli o sparse in numerose raccolte poetiche del tempo, dalle quali L. Ceretti trascelse i componimenti più significativi dello scrittore reggiano per le Notizie biografiche in continuazione della Biblioteca modenese del Tiraboschi:cosicché a tutt'oggi le pagine dedicate all'autore nel primo tomo di tale compilazione costituiscono anche la più nutrita sintesi della sua attività poetica. Alcuni di questi componimenti risentono dell'occasione per cui furono composti e possono senza alcuna incertezza essere annoverati nell'immenso numero di poesie settecentesche motivate da cause contingenti (nozze, monacazioni, lauree, ricorrenze pubbliche di particolare solennità); in altre, i Cantici, il C. giunse ad una più riflessa e personale cifra lirica desumendo luoghi e modi espressivi dai testi sacri, che avevano costituito sin dalla giovinezza materia di studio intenso e appassionato.
Ma è pur vero che talvolta i due piani di ispirazione s'incontrano: quando il motivo occasionale impegna lo scrittore sul piano morale (nell'elogio funebre, per esempio, o in certe meditazioni sul destino inesorabilmente caduco di personaggi illustri) il C. riesce a utilizzare il proprio patrimonio di cultura biblica e classica in forma meno esteriore e più congeniale a un'indole sinceramente commossa.
Bibl.: P. Viani, Ricordanze reggiane, Reggio 1812, pp. 30 ss.; Notizie biografiche in continuazione della Biblioteca modenese di G. Tiraboschi, a cura di L. Ceretti, I, Reggio 1833, pp. 127-151, 475.