CONTI (Comes, Conctus, De Conctis), Vincenzo
Nacque a Verona nella prima metà del sec. XVI da famiglia probabilmente di origine ebraica.
Nella città natale apprese le lingue classiche e l'ebraico, e s'impratichì nell'arte tipografica, che era in quel momento particolarmente fiorente nello Stato veneziano. Di sicuro aveva stampato o collaborato a stampare in Verona libri latini, greci, italiani e ebraici, per quanto tale notizia (De Rossi, Annali ... di Sabbioneta, p. 6) sia del tutto incontrollata. Il C. era con ogni probabilità in rapporto con le comunità giudaiche del Veneto e con i tipografi veneziani di opere ebraiche, che spesso riprodusse durante la sua attività di stampatore, dietro loro licenza. Manca tuttavia una prova diretta di questi suoi contatti con i più noti Cornelio Adelkind, Geronimo Soncino, Giovanni di Gara, i Bomberg e i Bragadin che operavano a Venezia o nel Veneto. Nel 1554, accogliendo un invito del vescovo cremonese Gerolamo Vida, il C. lasciò Verona per trasferirsi a Cremona con i figli Anteo e Francesco, suoi collaboratori nella stamperia.
Apprendiamo questo dalla lettera che lo stesso C. indirizzò alla "Magnifica città di Cremona" per dedicarle (1564) l'orazione scritta da G. P. Nazzari nel 1560 al momento dell'istituzione dell'Accademia degli Animosi, in cui il C. afferma di essere "per honesta causa obbligatissimo" al Vida, al medico G. B. Picenardi e ad Agostino Gallarati "dappoiché capitai colla stampa nella città di Cremona".
Come prova della capacità professionale del C. e della considerazione in cui egli era tenuto nell'ambiente veneziano (cosa che gli valse l'invito del Vida), si può citare la lettera di Anton Francesco Doni, segretario dell'Accademia Peregrina in Venezia, al medesimo C., in cui fra l'altro si diceva: "Noi abbiamo hauto tuti grande allegrezza del vostro condur stampa a Cremona, perciocché quella città ripiena veramente di signori, gentilhuomini, et di virtuosi è degna non solamente d'una impresa tale, ma d'ogni maggior cosa ancora che possibil sia.... Certo che se voi... servirete sì illustrissimi Signori, come havete fatto i nostri magnifici Accademici, io non dubito punto che non vi sieno.:. tutti pronti a beneficiarvi" (Marcolini, p. 111).
Sulla venuta dei C. a Cremona influirono forse altre considerazioni. Il 12 sett. 1553 il papa aveva emanato una bolla che ordinava confisca e rogo del Talmūd, sia quello "babilonese" sia quello "palestinese", che ebbe applicazione iniziale solo nello Stato della Chiesa. Ma il 21 ott. 1553 un decreto del Consiglio dei dieci comandava egualmente confisca e distruzione dei Talmūd e di "tutti i compendi, sommari e altri libri dipendenti da detto Talmud" nel territorio della Repubblica dì Venezia, provocando una impressionante rarefazione delle edizioni ebraiche di questo periodo. È probabile che il C., per sfuggire al rigore di queste disposizioni, abbia pensato di trasferire la propria stamperia a Cremona, che allora faceva parte del ducato di Milano, soggetto agli Spagnoli, e dove l'atteggiamento antigiudaico era più temperato. Lo stesso pontefice d'altronde si rese conto dei danni che la severità di queste misure avrebbe procurato all'avanzamento culturale, sia ebraico sia non ebraico, e intervenne a mitigare, con bolla del 29 maggio 1554, l'asprezza della precedente, istituendo a tutela reciproca una censura preventiva che avrebbe permesso la pubblicazione o meno dei testi ebraici. In effetti molti libri pubblicati dal C. sono forniti di questo visto speciale.
L'attività del C. a Cremona durò circa quindici anni e fu varia e proficua. La sua officina tipografica era divisa in tre sezionì, che stampavano libri italiani, latini ed ebraici. Fra gli italiani, meritano una menzione le Rime di diversi autori eccellentissimi (raccolte da G. Offredi), di pp. 334 (1560), mentre tra i latini si deve ricordare l'edizione dell'opera del vescovo Vida, Dialogi de rei publicae dignitate (1556), per cui il C. ottenne la concessione di stampa della durata di cinque anni a partire dal 22 febbr. 1556, quella delle Praefationes del ginnasiarca cremonese M. P. Tartesio (1559), le Constitutiones synodales Civitati Albae ac Diocesi praescriptae, pubblicate per incarico dei Vida (1562), le Orationes di F. Zava (1569), che sembra essere l'ultima opera curata dal C. in Cremona. Di gran lunga più intensa fu la pubblicazione di opere ebraiche, iniziata con il Toledòth Adàm (Generazioni di Adamo) del rabbi Elia, figlio di Mosè Gallina (1554-56), trattato di chiromanzia e fisionomia. Il C. diede in luce più di quaranta titoli, riproducendo libri già editi (a Bologna, Costantinopoli, Fano, Mantova, Napoli, Pesaro, Pieve di Sacco, Roma, Sabbioneta, Venezia) o stampandone di nuovi.
Tra queste edizioni, molte delle quali portano il visto della commissione di censura (ad esempio, la Pietra di paragone del rabbi Kalonymo, del 1558, che alla fine, c. 32, reca la facoltà del vicario dei vescovo, Decio Alberti, e dei vicario dell'Inquisizione Gerolamo di Vercelli, in data 19 marzo 1557). la più notevole appare quella del Salterio con il commento di David Kimchì (1561), di ff. 293 oltre alla prefazione del Kimchì, che dà il testo biblico in caratteri ebraici quadrati e il commento, fornito di apparato critico e varianti, benché sensibilmente ridotto rispetto all'editio princeps del 1477, in caratteri rabbinici. Le edizioni dei C., che ebbero come impresa Ercole che abbatte l'idra con il motto "at virtus superavit", pur senza raggiungere la bellezza di quelle mantovane, fornite di illustrazioni come la Haggādāh del 1560, si raccomandano per la nitidezza dei caratteri e per gli accorgimenti tipografici. La tiratura di ogni esemplare poteva raggiungere le mille-duemila copie, stando alla testimonianza del domenicano Sisto Senese, rappresentante dell'Inquisizione (p. 572), che nel 1559 fece sequestrare e distruggere in Cremona molte opere ebraiche, fra cui interi depositi dei C., che non erano sfuggite al rigore della censura.
Dal 1557 al 1567 il C., per incarico di Vespasiano Gonzaga, rilevò anche la stamperia ebraica di Sabbioneta, aperta da Tobia Foà nel 1551, subentrando a C. Adelkind ed operandovi intensamente, specie nel triennio 1565-67. Successivamente, non sappiamo per quali motivi, il C. si trasferì a Piacenza, dove cominciò la sua attività nel 1569 ripubblicando l'Ordine et Bandi ducali generali da osservarsi inviolabilmente nella magnifica città di Piacenza, ma limitando la sua attività alle edizioni latine e italiane.
Il C. morì a Piacenza nel 1570 (a torto l'Ascarelli, p. 56, pensa che sia vissuto fino al 1589).
La sua tipografia fu tenuta in vita dal figlio Francesco, morto nel 1576, e da Anteo, che si associò a partire dal 1578 con Giovanni Bazachi, i quali aggiunsero all'antica impresa un cerbero conladicitura: "fida custodia". Anteo, morto nel 1589, collaborò fino al 1581 con il Bazachi che in seguito restò solo alla direzione della stamperia.
Fonti e Bibl.:Arch. di Stato di Cremona, Libri e librai;F. Marcolini, Pistolotti amorosi dei magnifici signori Accademici Pellegrini, Venezia 1554, p. 111; Sisto Senese, Bibliotheca sancta, Venetiis 1559, pp. 572 ss.; A. Oriandi, Origine e Progressi della stampa, Bologna 1722, p. 240; F. Arisi, Cremona literata, II, Parma 1745, pp. 104, 242 s., 254, 271 ss., 277, 300, 310; 111, 1762, p. 110; G. B. De Rossi, Annali ebreotipografici di Sabbioneta, Parma 1780, pp. 6, 28 s., 31; I. Bianchi, Sulle tipografie ebraiche di Cremona, Cremona 1807, pp. 8, 11, 17 ss., 2736; G. B. De Rossi, Annali ebreo-tipografici di Cremona, Parma 1808, pp. 3-21; I. G. T. Graesse, Trésor de livres rares et Précieux, III, Dresde 1862, p. 442; IV, ibid. 1863, p. 242; VI, 1, ibid. 1864, p. 124; VI, 2, ibid. 1867, pp. 302, 508; Appunti e notizie. in Arch. stor. lomb., XXI (1894), p. 281; L. Cerri. I primordi della stampa in Piacenza, Piacenza 1894, ad Ind.;Id., Mem. per la storia letteraria di Piacenza, Piacenza 1895, pp. 113, 115, 203; F. Novati, Sedici lettere ined. di M. G. Vida, in Arch. stor. lomb., XXV (1898), p. 210; A. Bongiovanni, Le rare o poco note edd. ebraiche dei secc. XV e XVI esist. nella Bibl. dell'Archig., in Bull. della Bibl. com. di Bologna, III (1908), p. 110; A. Levi, Le orig. della stampa a Cremona, Cremona 1931, pp. 10-15; Id., Le origini della stampa a Casalmaggiore e Sabbroneta, ibid., pp. 9-11; J. Bloch., Venetian Printers of Hebrew Books, New York 1932, p. 18; F. Ascarelli, La tipografia cinquecentina ital., Firenze 1953, p. 56; C. Roth, Studies in Books and Booklore, Farnborough 1972, pp. 165-184; G. Fumagalli, Lexicon typographicum Italiae. Florence 1905, pp. 107, 302; M. E. Cosenza, Diction. of the Ital. Printers and of Foreign Printers in Italy. Boston Mass., 1968, p. 186.