DAI DESTRI (Dalle Destre), Vincenzo (Vincenzo da Treviso)
Figlio di Giovanni, fabbro oriundo da Polcenigo, probabilmente nato e a lungo residente a Treviso, il primo documento che forse lo riguarda è una contesa del 25 sett. 1471 tra il padre e un certo maestro Gherardo, circa la mercede spettantegli "in docendo unum filium dicti magistri Iohannis" (Bampo, ms.): probabilmente il giovane D., essendo avviati gli altri due figli, Bartolomeo e Sebastiano, al mestiere paterno.
Il cognome Dalle Destre, introdotto nell'800 dal Biscaro, non traduce correttamente in volgare la forma latina "a dextris" con cui e citato nei documenti. In un atto del 20 genn. 1520, riguardante il fratello maggiore Bartolomeo, si dice infatti esplicitamente "vocato da li Dextri" (Gargan, 1980, p. 6). La storiografia ottocentesca tentò di identificare l'artista con Vincenzo Catena (Crowe-Caval caselle, 1871, 1, p. 247), ma la scoperta dell'iscrizione dei nomi di entrambi con i rispettivi patronimici nello stesso anno 1530 nella fraglia dei pittori veneziani, fece definitivamente cadere l'ipotesi.
Compare successivamente come testimone in un atto del 20 settembre e del 29 nov. 1488 (Bampo, ms.), mentre il 3 dicembre è presente a Verona alla stesura di un contratto di affitto riguardante l'abbazia benedettina di S. Zeno (Ludwig, 1905, p. 38). Lo stesso giorno - e la coincidenza non manca di suscitare una certa perplessità - presenzia alla stipula di alcuni atti a Bigolino, nella casa del notaio Giacomo Donato Strazzaroli, quindi nell'abbazia di S. Bona di Vidor, nella saletta di udienza del vescovo di Feltre Angelo Fasolo, insieme con il fratello dello Strazzaroli, il pittore Gerolamo da Treviso il Vecchio (Nepi Sciré, 1973, p. 36). Testimonia ancora nella stessa abbazia il giorno successivo, mentre è presente ancora "in Vila Fontigi" due giorni dopo (Bampo, ms.).
La simultanea presenza, dinanzi al vescovo di Feltre, del D. e di Gerolamo da Treviso il Vecchio, senz'altro l'artista più rappresentativo in quegli anni a Treviso, che influì infatti fortemente sulla sua formazione e ne fu forse il primo maestro, fa ragionevolmente supporre che ai due pittori fosse stato commissionato qualche lavoro in comune. Il D. ricompare come testimone sempre a Treviso in un atto del 6 luglio 1490 (Bampo, ms.); il 29 maggio 1492 è chiamato per la prima volta maestro (Ludwig, 1905, p. 38). Doveva aver quindi organizzato una propria bottega e raggiunto una certa fama. Effettivamente il 14 marzo 1495 lo troviamo elencato tra i pittori che decoravano la sala del Maggior Consiglio nel palazzo ducale di Venezia, insieme con Giovanni Bellini, Alvise Vivarini, Cristoforo da Parma, Lattanzio da Rimini e Francesco Bissolo (Lorenzi, 1868). Il compenso mensile accordatogli, di 3 ducati, contro i 5 del Bellini e del Vivarini all'apice del loro successo, e i due del Bissolo, è senz'altro la paga di un maestro ben quotato. Ma l'impegno di lavoro e il soggiorno veneziano dovettero durare solo qualche anno. All'inizio del nuovo secolo (26 nov. 1500) lo troviamo nuovamente a Treviso, dove è presente alla stipula di un documento nella residenza di Ludovico Marcello, priore della commenda gerosolimitana di S. Giovanni al Tempio (Biscaro, 1898, p. 132). La sua presenza in questo contesto non dovrebbe essere casuale; è noto, infatti, come il Marcello avesse promosso un cenacolo umanistico aperto agli artisti e come fosse attivamente impegnato a promuovere la ricostruzione della chiesa e dell'annesso ospedale. L'11 apr. 1501, il D., definito cittadino e abitante in Treviso, ricevette dalla Scuola dei barbieri della città l'incarico di dipingere per 17 ducati uno stendardo dorato con le immagini dei SS. Cosma e Damiano, simile a quello, evidentemente già da lui stiesso eseguito, della Scuola dei falegnami (Ludwig, 1905, p. 38). Lo troviamo testimone il 19 dicembre dell'anno successivo (ibid.), mentre il 26 apr. 1503 è nominato procuratore della sorella Paola e dei marito di lei, un Vincenzo lapicida, per l'esazione di un legato (Bampo, ms.). Testimonia ancora il 12 luglio 1503 (Ludwig, 1905, p. 38), mentre il 23 agosto seguente, il rettore della chiesa di S. Michele e Cristoforo da Feltre pellicciaio, in qualità di esecutori testamentari di Zanino da Bavaria da una parte, e il D. dall'altra nominavano loro arbitri Lorenzo Lotto e Pier Maria Pennacchi per stimare una pala ed un paliotto eseguiti dal pittore per la chiesa di S. Michele, al fine di stabilire il compenso relativo all'esecuzione e alle spese.
Due giorni dopo, i due periti procedettero alla stima, indicando separatamente il valore delle singole parti per un totale decisamente alto di 40 ducati (Biscaro, 1896, p. 270). Il 1° dicembre il D. ricevette il saldo definitivo di 10 ducati (Bampo, ms.). La pala si conserva oggi nella chiesa di S. Leonardo, dove fu trasportata, dopo la soppressione della chiesa di S. Michele, a parte una breve parentesi al Museo civico.
Il D. dovette stabilirsi poco dopo nuovamente a Venezia, dove compare come teste il 24 dic. 1505 (Ludwig, 1905, p. 40). Per un lungo periodo mancano sue notizie, finché il 25 marzo 1518 lo troviamo tra i confratelli della veneziana Scuola grande di S. Giovanni Evangelista, che contribuisce alle elemosine con 2 ducati (ibid.). Tuttavia la fortuna tra le lagune non dovette sempre arridergli, poiché il 30 dicembre di nove anni più tardi fu il D. a ricevere la carità di un mantello dalla Scuola grande di S. Maria della Misericordia, se è da identificare, come vuole il Ludwig (ibid.), con il beneficiato "Vincenzo depentor a S. Lio", contrada, in cui risulta ancora abitante il figlio Iacopo in un documento del 1543 (ibid., p. 41). Nel 1530 comunque risulta iscritto alla fraglia dei pittori veneziani (Favero, 1975), segno che si era definitivamente stabilito a Venezia e che le commissioni non mancavano. Il 15 nov. 1537 è citato in una controversia relativa al pagamento delle decime per una casa di sua proprietà in Treviso (Ludwig, 1905, p. 40).
Il 21 apr. 1543 il D. risulta già morto (ibid., p. 41).
Pur ammettendo che il D. abbia goduto di un certo credito presso i contemporanei, come testimoniano il suo stipendio e la sua stessa inclusione tra i pittori ufficiali della Signoria, oltre alla stima di Lotto e di Pennacchi, la produzione pittorica superstite è scarsissima e assai poco rappresentativa. La stessa pala di S. Erasmo, l'unica che possiamo ancorare a datazione sicura (1503), pur ammettendovi estese ridipinture ed alterazioni cromatiche, resta una mediocrissima opera, faticosamente ispirata alla Paladel Fiore di Girolamo da Treviso, nel duomo trevigiano, e più ancora alla coeva tavola con S. Ambrogio e santi della cappella dei Milanesi nella basilica dei Frari a Venezia, lasciata incompiuta da Alvise Vivarini e ultimata da Marco Basaiti. Né i ricordi di origine antiquaria presenti nei capitelli hanno bisogno di essere spiegati facendo ricorso alla cultura lombarda e al bramantismo, e neppure, in ultima analisi, al Buonconsiglio (Zeri, 1976, p. 64), poiché essi, presenti in molta contemporanea produzione artistica trevigiana, possono essere indice, se mai, di una frequentazione della scuola padovana, che giustificherebbe certe asprezze linguistiche, che appaiono quasi ancora sedimenti di squarcionismo.
La prima educazione avvenne certamente con Girolamo da Treviso il Vecchio, i rapporti col quale, come si è visto, sono documentati. Attraverso la sua mediazione giunse alla conoscenza del Montagna, né gli dovette essere ignota la cultura padovana. Importante fu senz'altro la conoscenza di Alvise Vivarini e soprattutto di Giovanni Bellini, di cui si autodefinì discepolo, firmando la Presentazione di Gesù al tempio del Museo Correr (Venezia). Si Iratta di una copia da un prototipo belliniano - probabilmente identificabile con la Presentazione del Kunsthistorisches Museum di Vienna - il cui pessimo stato di conservazione e le ridipinture ne rendono oggi estremamente difficile la lettura. Dovrebbe potersi collocare, comunque, negli anni dei lavori a palazzo ducale, intorno al 1495. Ben altrimenti vigoroso lo stesso soggetto, sempre firmato, del Museo civico di Padova, proveniente dalla collezione Capodilista, caratterizzato da un'inedita sonora vivacità cromatica, che forse documenta sopravvenuti contatti col Lotto. Anche per questo motivo, se ne propone una datazione posteriore a quella della pala di S. Erasmo.
Queste le uniche opere certe. Stupisce che con un catalogo così esiguo i Tietze (1944, p. 186) abbiano ritenuto di potergli attribuire gli splendidi Paggi del monumento Onigo nella chiesa di S. Nicolò di Treviso. Gli viene ancora tradizionalmente assegnata la pala con la Madonna e il Bambirto in trono tra i ss. Andrea e Liberale (Venezia, Gallerie dell'Accademia, in deposito presso il Museo civico di Treviso), proveniente dalla soppressa chiesa veneziana di S. Severo. Per primo il Fiocco (1924) suppose potesse appartericife al D., ipotesi accolta poi dal Coletti (1027), dal Van Marle (1936), dallo Zeri (1976, che però equivoca chiaramente con la pala di S. Erasmo), dallo Sgarbi (1977, pp. 43 s.) e, dubitativamente dalla Moschini Marconi (1955), dal Berenson (1958) e dal Menegazzi (1963). Tuttavia l'affermazione di M. Boschini (Le ricche minere ..., Venetia 1674, p. 182) a proposito dei dipinto: "il nome dell'autore è segnato To.C." lascia piuttosto in dubbio. Anche a Vienna, dei resto, dove fu inviata nell'800, l'opera veniva catalogata come "monogrammista To.C.", (catal., 1896, p. 4). A ben guardare, essa risulta un centone ispirato a molteplici esperienze pittoriche contemporanee: il volto della Madonna, che ricorda la prima figura da sinistra nella Presentazione padovana del D., deriva, come quello di quest'ultima, dalla Madonna belliniana della Borghese o dall'Assunta di S. Pietro Martire di Murano, mentre il s. Andrea è tratto da quello della SacraConversazione delPennacchi dei Museo civico di Treviso, e il s. Liberale è traslitterato dall'omonimo santo nella pala lottesca di S. Cristina. Effettivamente, se non ci fosse la testimonianza così puntuale dello storico, veneziano, l'attribuzione al D. potrebbe essere stilisticamente accettabile.
Il D. collaborò forse, entro il primo decennio del 1500, all'impresa corale del soffitto della chiesa veneziana di S. Maria dei Miracoli (Nepi Scirè, 1980). Sfortunatamente lo stato di conservazione delle singole tavole, che sono apparse nel corso del restauro del 1970 molto rovinate e ridipinte, rende impossibili delle identificazioni sicure, se si esclúdono forse i profeti Osea, Amos, Samuele e Matusalemme.
Ancora accettabile un'antica proposta del Gronau (1911) di attribuirgli la Madonna col Bambino tra i ss. Pietro e Giovanni Battista, già dei principe Giovanelli, acquisita dalla Kress Collection nel 1952 ed ora a New Orleans, Isaac Delgado Museum of Art (61.71).
Insostenibili appaiono invece le assegnazioni di F. Heinemann (G. Bellini ..., Venezia 1962, 1, pp. 104 s.) di una Sacra Famiglia, s. Giovannino, s. Antonio abate e angeli del Museo civico di Treviso, che non si comprende a quale opera possa riferirsi; di Due santi, non meglio identificati, della Kress Collection e del ritratto di Etera a mezzo busto, della City Art Gallery (n. 733) di York.
Iacopo, figlio del D., fu anch'egli pittore. Lo troviamo citato in due atti pubblicati dal Ludwig (1905, p. 41). Il 21apr. 1543, abitante a Venezia, a S. Lio, si dichiara debitore di 8 scudi d'oro di certo Iacopo Galletto. Il 4 marzo 1544, riceve, a nome della moglie Franceschina, l'elemosina di 10 ducati dal guardian grande della Scuola della Beata Vergine del Rosario in S. Domenico di Castello. Probabilmente nacque e visse a Venezia, dove forse collaborò all'attività paterna, e dove, a giudicare dai documenti citati, non dovette trovarsi sempre in buone condizioni economiche. Il suo nome non compare mai, infatti, negli atti d'archivio trevigiani, attentamente compulsati dal Bampo (ms.), a differenza del padre che continuò a mantenere sempre contatti con Treviso. Non se ne conoscono opere.
Fonti e Bibl.: G. Gaye, Carteggio... d'artisti, Firenze 1840, II, p. 71; G. B. Lorenzi, Monumenti per servire alla storia del Palazzo ducale di Venezia, Venezia 1868, p. 115; G. Biscaro, Per la storta delle belle arti in Treviso. Intorno ad una tavola d'altare nella chiesa di S. Leonardo in Treviso... Memoria letta all'Ateneo di Treviso il giorno 16 ag. 1896, in Atti e mem. d. Ateneo di Treviso, s. 2, (1877-1910), pp. 255-61, 270 s.; Id., Note e docum. per servire alla storia delle arti trivigiane, Treviso 1897, p. 17; Id., L. Lotto a Treviso, in L'Arte, I (1898), pp. 132, 138 s.; 152; Treviso, Bibl. comunale, ms. 1410: G. Bampo, Ipittori fioriti a Treviso e nel territorio: documenti inediti dal secolo XIII al XVII all'Archivio notarile di Treviso; G. Ludwig, Archival. Beiträge zur Geschichte der venezianischen Malerei, in Jahrbuch der K. Preussischen Kunstsammlungen. Suppl., XXVI (1905), pp. 37-41 (P. 41 per Iacopo); G. Nepi Scirè, Appunti e chiarimenti su Gerolamo da Treviso il Vecchio, in Notizie da Palazzo Albani, III (1973), pp. 35 s.; E Favero, L'arte dei pittori in Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, p. 143; L. Gargan, L. Lotto e gli ambienti umanistici trevigiani fra Quattro e Cinquecento, in Lorenzo Lotto a Treviso, Dosson di Casier 1980. pp. 1, 2, 6, 9, 10; A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, A history of painting in North Italy, I, London 1871, pp. 247 s.; G. Biscaro, Lodovico Marcello e la chiesa e commenda gerosolimitana di S. Giovanni del Tempio, in Nuovo Archivio veneto, XVI (1898), 1, pp. 130, 132; G. Bernardini, Alcuni dipinti della Galleria Borghese, in Rassegna d'arte, X (1910), p. 142; G. Gronau, V. Catena o V. D., ibid., XI (1911), p. 95; G. Bernardini, Ancora V. Catena o D., ibid., XII (1912), p. 111; A. Venturi, Storia d. arte ital., VII, 4, Milano 1915. p. 579; G. Fiocco, Catal. d. opere d'arte tolte a Venezia nel 1808-1816-1838 restituite dopo la vittoria, Venezia 1919, p. 24; Id., Le Regie Gallerie dell'Accad. di Venezia (catal.), Bologna 1924, p. 151, n. 821; L. Coletti, La Pinacoteca comunale di Treviso e il suo ordinamerto, in Boll. d'arte. s. 2, VI (1927), pp. 470, 472; G. Gronau, Le opere tarde di G. Bellini, in Pinacotheca, I (1928-29), p. 171; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, XVIII, the Hague 1936, pp. 457 s.; C. Gamba, G. Bellini, Milano 1937. p. 93; H. Tietze-E. Tietze Conrat, The drawings of the Venetian painters in the 15th and 16th centuries, New York 1944, pp. 183, 186; S. Moschini Marconi, Gallerie dell'Accad. di Venezia, Opere d'arte dei sec. XIV e XV (catal.), Roma 1955, p. 125; G. Mariacher, Il Museo Correr di Venezia, Dipinti dal XIV al XVI sec., Venezia 1957, pp. 229 s.; B. Berenson, Pitture ital. d. Rinascimento. La scuola veneta, Firenze 1958, p. 195; R. Menegazzi, Il Museo civico di Treviso, Venezia 1963, p. 91; F. Rusk Shapley, Paintings from the Samuel H. Kress Collection. Italian schools XV-XVI century, London 1968, p. 46 fig. 106; G. Liberali, Documenti sulla riforma cattolica pre e post tridentina a Treviso(1527-1577), VII-VIII, Treviso 1977, p. 346; F. Zeri, Il capitolo bramantesco di G. Buonconsiglio, in Diari di lavoro, 2, Torino 1976, pp. 63 s.; V. Sgarbi, P.M. Pennacchi e L. Lotto, in Prospettiva, 1977. 10, pp. 43 s.; 48; Lorenzo Lotto a Treviso (catal.), Dosson di Casier 1980, p. 83; G. Nepi Scirè. P. M. Pennacchi, Regesti, documenti e proposte. in Boll. d'arte, VI (1980), p. 40; Id., Il pittore trevigiano P. M. Pennacchi, in Lorenzo Lotto. Atti del convegno..., a cura di P. Zampetti-V. Sgarbi, Venezia 1981, p. 39; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 155 (s. v. Destre, Vincenzo dalle).