VINCENZO dall'Aquila
VINCENZO dall’Aquila. – Nacque negli anni immediatamente successivi al 1426 (non prima), forse in un borgo periferico della città abruzzese.
I riferimenti alla data di nascita si ricavano dagli scritti di fra Alessandro de Ritiis (1434-1497/98), secondo il quale il «frater Vincentius de Riveria, laycus», nel maggio del 1494 poteva già vantare ben cinquant’anni di presenza nell’Ordine francescano ed era già frate quando il de Ritiis stesso iniziò sua vita religiosa (1450; cfr. L. Cassese, La “Chronica civitatis Aquilae” di Alessandro de Ritiis, 1943, p. 197): si risale dunque agli anni fra il 1444 (morte di Bernardino da Siena) e il 1450, e da lì al 1426 e successivi tenendo conto dell’età minima di ammissione all’Ordine (diciotto anni).
Anche per quanto riguarda il luogo di nascita, è stata la specificazione de Riveria utilizzata dal de Ritiis per qualificare Vincenzo a ricollegarlo all’omonimo borgo aquilano, ove (come sostenuto nei perduti scritti di Andrea Agnifili del Cardinale parzialmente tramandati da Anton Ludovico Antinori e da Carlo Crispomonti) sino al 1616 sarebbe stata ancora visibile la sua casa natale.
Su questi elementi polemizzarono vivacemente tra 1905 e 1916 Cesare Rivera (appartenente alla nobile casata aquilana che già dal Seicento contava Vincenzo fra i suoi antichi membri) e padre Giuseppe Ciavattoni, convinto sostenitore delle umili origini del religioso osservante; a questo riguardo, va osservato che non è stato possibile sinora verificare le affermazioni di un imprecisato manoscritto del XVII secolo, esibito nel corso del processo di beatificazione diocesano (1785-86), che presentava Vincenzo come «persona idiota, ma di gran santitate [...] che fu, al tempo che stava al secolo, calzolaro» (Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Congr. Rit., Processus, 82, cc. 121r-121v). In ogni caso, allo stato attuale delle conoscenze, «nulla [...] si conosce di sicuro sulla famiglia e sulla parentela di Vincenzo» (Marinangeli, 1987, p. 6).
Dovette trascorrere i primi decenni nel convento aquilano di S. Giuliano (e verosimilmente presenziò ai capitoli dell’osservanza cismontana che si svolsero in quel luogo nel 1452 e nel 1472); ma si dispone soltanto delle generiche e scarne notizie via via tramandate dai compendi storico-agiografici minoritici, primo fra tutti quello di Marco da Lisbona.
Secondo costui Vincenzo – «huomo semplice e di gran santità» che «fece sempre vita aspra e solitaria, fuggendo le conversationi non solo de’ secolari, ma de gli altri frati» – seguì uno stile di vita rigidissimo; «nell’età sua fresca mangiava ordinariamente pane con herbe e assentio e beveva acqua» (Marco da Lisbona, Delle Croniche dell’Ordine de’ Frati Minori instituito dal Serafico P. S. Francesco..., 1612, III, 8, xviii, p. 255). La presenza all’Aquila di Vincenzo nel periodo compreso fra il 1472 e il 1475 risulta in ogni caso documentata da alcuni atti notarili trascritti da Antinori, in uno dei quali il religioso appare indicato quale esecutore della distribuzione di somme destinate dai testatori ai poveri della città. Assai meno certi sono gli spostamenti in conventi di altre città, asseriti dai compendi agiografici e ripresi da Rivera.
Vincenzo dall’Aquila avrebbe soggiornato a Penne (convento di S. Cristoforo), a Città Sant’Angelo (convento di S. Bernardino), a Francavilla (S. Maria del Gesù), compiendo miracoli. Sta comunque di fatto che nell’estate del 1482 Vincenzo si trovava ancora sicuramente all’Aquila, in quanto il suo nome figura fra i testimoni di un documento inerente ai lavori in S. Bernardino, stilato il 22 luglio di quell’anno (cfr. Regestum Observantiae Cismontanae (1464-1488), a cura di Cl. Schmitt, 1983, n. 96, pp. 392-395), mentre dalla Chronica civitatis Aquilae del de Ritiis si apprende che nel settembre del 1485 Vincenzo, unitamente allo stesso de Ritiis e ad altri sei frati aquilani, dimorava già da qualche tempo nel convento osservante di S. Nicolò di Sulmona (cfr. Cassese, La “Chronica civitatis Aquilae”..., cit., p. 232).
Due asseriti prodigi compiuti a Sulmona in quel periodo valgono quasi a riassumere, nelle fonti agiografiche, l’intera vicenda del religioso. Vincenzo avrebbe ‘resuscitato’, richiamandolo in vita con le sue preghiere, il vescovo di Sulmona, il domenicano Bartolomeo Scala (1463-91); inoltre – animato da «spirito profetico e cognitione delle cose avvenire» (Marco da Lisbona, Delle Croniche dell’Ordine de’ Frati Minori..., cit., p. 255) – avrebbe incontrato a Celano Alfonso II, re di Napoli (1494-95), già in precedenza avvertito della invasione da parte del re di Francia Carlo VIII: ma il re avrebbe rifiutato di seguire i buoni consigli del frate, andando così ben presto incontro alla perdita di buona parte del Regno e poi alla morte.
Questo episodio di incerta cronologia è però probabilmente un’arbitraria amplificazione di ormai confuse memorie inerenti al drammatico incontro fra Vincenzo e il principe di Capua Ferrandino avvenuto in Sulmona subito dopo la rivolta aquilana del settembre 1485, evento documentato da un passo di de Ritiis (Cassese, La “Chronica civitatis Aquilae”..., cit., p. 232).
Considerazioni analoghe, seppur non identiche, possono essere del resto fatte anche a proposito di quei pretesi Prognostica beati Vincentii rinvenuti da Agnifili «in un antico pergameno che si crede scritto a’ tempi ch’egli viveva» (Antinori, 1972, XVII, c. 179): si tratta di seriori profezie ex eventu (estese dall’elezione di papa Alessandro VI al sacco di Roma del 1527), attribuibili «a certa letteratura semicabalistica, molto diffusa ancora» nel XVII secolo (Marinangeli, 1987, p. 17).
Vincenzo dovette fare ritorno all’Aquila, a S. Giuliano, subito dopo la riconquista aragonese (luglio 1486), e comunque prima dell’estate del 1488, dal momento che il 24 luglio di quell’anno un certo Lodovico di Caramella da Lavareto fece inserire tra i lasciti elencati nel proprio testamento una canna di panno carfagno da donare a fra Vincenzo di S. Giuliano (cfr. Rivera, 1905, p. 84).
Nei mesi successivi il frate osservante ebbe modo probabilmente di conoscere di persona Bernardino da Feltre (all’Aquila per un ciclo di prediche tra ottobre del 1488 e gennaio del 1489; cfr. anche la lettera del febbraio del 1495 con la quale fra Serafino de Zanagnis, commissario dell’osservanza, annunciò a Vincenzo la morte di Bernardino, cfr. A. Chiappini, De vita et scriptis fr. Alexandri de Riciis, 1928, pp. 301 s.). Quel che sembra comunque certo, è che dopo il suo ritorno a S. Giuliano il religioso doveva essere ormai diventato un punto di riferimento per l’intera popolazione della città dell’Aquila (da tempo priva di vescovo e afflitta dal malsopito confronto fra le contrapposte fazioni politiche). Un intervento importante, da parte di Vincenzo, è collocabile alla fine del 1492 (forse subito dopo l’assassinio del camerlengo aquilano Jacopo Antonelli, avvenuto il 9 dicembre): si rivolse per iscritto alle autorità cittadine, esortandole ad abbandonare il peccato e a volgersi al bene.
Poco si sa degli anni successivi, durante i quali Vincenzo assunse forse (così vogliono le narrazioni agiografiche rispettive) la direzione spirituale di alcuni confratelli (fra i quali Bonaventura da Montereale, dal 1530 cappuccino e morto a Spoleto in odore di santità nel 1557), nonché della futura beata Cristina da Lucoli (1480-1543).
Sofferente forse di gotta, Vincenzo morì all’Aquila il 7 agosto 1504; lo attesta il compendio del perduto Fasciculum Chronicarum, stilato poco prima del 1513 da fra Mariano da Firenze.
In questo testo il venerato frate di S. Giuliano, a poco meno di un decennio della sua morte, veniva già ricordato quale «patrator miraculorum» (Compendium Chronicarum auctore fr. Mariano de Florentia, a cura di T. Domenichelli, 1908, p. 335). La precoce fama taumaturgica si rafforzò dopo il rinvenimento (1518?) nella fossa comune del convento aquilano del corpo incorrotto di Vincenzo, che venne ben presto deposto nella cappellina del cosiddetto Conventino (il nucleo più antico dell’intero complesso di S. Giuliano). Il piccolo ambiente fu monumentalizzato (decorato a grisaille con scene della vita e della passione di Cristo); i numerosi graffiti incisi sull’intonaco permettono ormai di ritenere che «l’oratorio fu meta di un pellegrinaggio attivo fra gli anni ’20 del XVI e il principio del XVII secolo» (Tedeschi, 2019, p. 774). In seguito, dopo il passaggio di S. Giuliano ai francescani riformati (1593), il corpo di Vincenzo per ragioni devozionali (garantire «una sacralità maggiore» alle venerate spoglie del frate) e logistiche (gestire meglio i «flussi di pellegrini che affollavano i piccoli e precari ambienti del conventino quattrocentesco» (Manzoli, 2019, p. 253), venne spostato nella chiesa del convento e deposto nel mausoleo ligneo fatto edificare intorno al 1634 dal vescovo aquilano Gaspare de Gajoso, dove riposa tuttora.
La radicata e persistente vivacità in ambito aquilano della devozione per Vincenzo, la cui festa, ancora nel corso del XVIII secolo, «veniva [...] celebrata ogn’anno con tutta solennità e pompa» (Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Congr. Rit., Processus, 82, c. 64), indusse i frati minori a sollecitare, in vista di un formale riconoscimento di tale culto, l’apertura di un processo diocesano, il quale, nonostante la ferma opposizione del vescovo dell’Aquila, Benedetto Cervone (1777-88), venne celebrato, grazie anche al diretto intervento di re Ferdinando IV di Borbone, tra il maggio del 1785 e il maggio del 1786. Ricevuti gli atti del processo diocesano nel giugno di quello stesso anno, la congregazione dei Riti diede sollecitamente avvio alla causa di beatificazione di Vincenzo, provvedendo ben presto a emanare il relativo decreto di conferma del culto ab immemorabili, definitivamente approvato da papa Pio VII il 19 settembre 1787.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Congr. Rit., Processus, 82; Archivio della Congregazione delle Cause dei Santi, già Congregazione dei Riti, Positio, I.3.C (B. Vincentii ab Aquila, laici professi Ordinis Minorum de Observantia S. Francisci Positio super cultu, Romae 1787); Decreta servorum Dei, 1785-1791, cc. 100rv, 139r, 145r, 175r; L’Aquila, Biblioteca provinciale Salvatore Tommasi, ms. 2, t. II: C. Crispomonti, Istoria dell’origine e fondazione della Città dell’Aquila. E breve raccolta di Uomini Illustri che per santità di vita valor di Armi, Lettere, ed altro l’hanno resa famosa coll’Origine ed Armi delle Famiglie Nobili, e discendenza di Principi, che ne furono Signori; F. Gonzaga, De origine Seraphica religionis franciscana eiusque progressibus, de Regularis observanciae institutione, forma administrationis ac legibus admirabilique eius propagatione, Romae 1587, pars I, p. 411; Marco da Lisbona, Delle Croniche dell’Ordine de’ Frati Minori instituito dal Serafico P. S. Francesco […] tradotta di lingua spagnuola nella nostra italiana da Horatio Diola […] descritte nella quinta parte di esse croniche da Barezzo Barezzi cremonese, Venetia 1612, III, 8, xviii, pp. 255 s. e 272 s.; Martyrologium Franciscanum cura et labore R. P. Arturi a Monasterio Rothomagensis, Parisiis 1653, pp. 186 s.; L. Iacobilli, Vita de’ santi e beati dell’Umbria, II, Foligno 1656, ed. anast. Bologna 1971, pp. 149 s.; Compendium Chronicarum auctore fr. Mariano de Florentia, a cura di T. Domenichelli, in Archivum Franciscanum Historicum, I (1908), p. 335; A. Chiappini, De vita et scriptis fr. Alexandri de Riciis, ibid., XX (1927), pp. 314-335 e 563-574; XXI (1928), pp. 86-103, 285-303, 553-579; L. Wadding, Annales Minorum seu Trium Ordinum a S. Francisco institurorum, XV, Ad Claras Aquas 1933, anno 1504, pp. 331 s., 389; L. Cassese, La “Chronica civitatis Aquilae” di Alessandro de Ritiis, in Archivio storico delle province napoletane, LXVI (1941), pp. 151-216 e LXVIII (1943), pp. 185-268; Regestum Observantiae Cismontanae (1464-1488), a cura di Cl. Schmitt, Grottaferrata 1983.
B. Mazzara, Leggendario francescano, overo Istorie de’ santi, beati, venerabili, ed altri uomini illustri, che fiorirono nelli tre ordini istituiti dal serafico padre San Francesco, raccolto e disposto secondo i giorni de mesi in quattro tomi, e in questa terza impressione più corretto, e per l’aggiunta di nuove vite ridotto in dodici tomi dal padre Pietr’Antonio di Venezia, III, Venezia 1722, pp. 432 s.; Domenico da Sant’Eusanio, L’Abruzzo Aquilano Santo o sia Vite de’ santi, beati e altri servi insigni di Dio o nati o morti o presentemente riposanti col corpo nella provincia dell’Aquila, città rispettabile dell’Italia, I, Napoli 1849, pp. 304-308; Ugone da Pescocostanzo, Vita del beato V. di A., Napoli 1875; G. Rivera, Il beato V. dell’A. e i suoi tempi: nel IV centenario della sua morte, L’Aquila 1904; Id., Il B. V. dall’A. in alcuni ricordi storici manoscritti, in Bullettino della Società di storia patria Anton Ludovico Antinori, XVII (1905), pp. 81-92; G. Ciavattoni, Il convento di S. Nicola di Sulmona dalle sue origini ai giorni nostri, Lanciano 1909; Id., La famiglia di origine del b. V. dell’A.: studio storico-critico polemico, Sulmona 1916; G. Rivera, Sui natali del b. V. dall’A., Aquila 1916; A. Sonsini, Brevi cenni sulla vita del beato V. dell’A., laico professo dei frati minori, Aquila 1931; R. Guerrini, V. dell’A., beato, in Bibliotheca Sanctorum, XII, Roma 1969, coll. 1141 s.; C. Cenci, Manoscritti francescani della Biblioteca nazionale di Napoli, II, Firenze 1971, p. 573; A.L. Antinori, Annali degli Abruzzi, XXII, ed. anast. Bologna 1972, XVII, cc. 179, 689-695, XXII, cc. 229-239, 350; G. Marinangeli, Beato V. dell’A. nel contesto storico dell’Osservanza abruzzese del ’400, L’Aquila 1987; V.F. Di Virgilio, Quinto Centenario della morte del Beato V. dell’A., Tocco da Casauria 2004; E. Susi, Biografia e culto dei beati V. dell’A. e Timoteo da Monticchio, in Beati aquilani dell’osservanza. Bernardino da Fossa, V. dell’A., Timoteo da Monticchio, Atti del Convegno..., L’Aquila... 2004, a cura di A. Cacciotti - M. Melli, Roma 2007, pp. 125-154; E. Giovacchini, Il restauro della reliquie di santi e beati dopo la ricognizione del 1998 e gli interventi conservativi successivi al sisma del 2009, in L’Osservanza minoritica dall’Abruzzo all’Europa, Atti del Convegno..., 2015, a cura di L. Aliucci et al., L’Aquila 2019, pp. 687-702; B. Colasacco - L. D’Alessandro, Il convento di San Giuliano: storia dei restauri, ibid., pp. 703-760; C. Tedeschi, I graffiti della cappella del conventino a San Giuliano. Note preliminari, ibid., pp. 769-776; S. Manzoli, Reliquie, immagini, culti. Il beato V. dell’A. nel contesto dell’Osservanza e della Riforma francescana in Abruzzo, in Studi medievali e moderni, XXIII (2019), 1, pp. 245-276.