DALLE VACCHE, Vincenzo
Intarsiatore veronese, nato probabilmente intorno al 1475, entrò come novizio nell'Ordine dei monaci olivetani nel 1492, compiendo poi la sua professione il 18 marzo 1498. Dal 1497 è documentato presso la chiesa di S. Maria in Organo a Verona (Callegari, 1916), dove è verosimile che sia avvenuto il suo apprendistato artistico nella bottega del più celebre confratello Giovanni da Verona. Nel coro della chiesa, opera dello stesso Giovanni, datato 1499, alcuni critici (Gerola, 1910; Rognini, 1979) ritengono debbano trovarsi i primi lavori di intarsio del D., nonostante non sia possibile identificare con certezza le parti dell'opera spettanti a questo artista.
Il ministero religioso e l'attività di intarsiatore portarono di frequente il monaco olivetano lontano dalla città natale in cui, comunque, ritornò a varie riprese: forse sulla scia del maestro, fra Giovanni, è difatti attivo a Monte Oliveto Maggiore (1499-1501), a S. Michele in Bosco a Bologna (1502-03) e in Lombardia (Lodi, 1508-09, e Mantova. 1514-15). Questi lavori (Muraro, 1956) non s oggi più rintracciabili e bisogna arri re al terzo decennio del sec. XVI per trovare un'opera certa del D.: tra il 1520 e il 1521 infatti, eseguì per la chiesa di S. Benedetto Novello a Padova un sedile con postergali - chiamato all'epoca con voce esotica "mastabe" - assegnato all'artista già dalle fonti coeve (Michiel) e confermato da tutta la letteratura posteriore. Il complesso venne smembrato sul finire del sec. XVIII per la distruzione dell'edificio, e tre pannelli, rinvenuti casualmente a Venezia nel 1875 e comprati da E. Plot, si trovano oggi - in seguito a donazione - al . Museo del Louvre (Courajod, 1890).
Il primo specchio, derivato da un'analoga opera di fra Giovanni da Verona a S. Maria in Organo, presenta un paesaggio con un tempietto incorniciato da un arco di gusto quattrocentesco; in primo piano si trovano un gallo e un uccellino. Gli altri due postergali riprendono invece lo schema degli armadi aperti a scansie: nel primo trovano posto, oltre ad oggetti di arredo liturgico e insegne episcopali, una clessidra e un teschio, mentre nel secondo figurano una sfera tolemaica con zodiaco, un libro di astrologia con la scritta "Itaque mundi genitores", due candele spente e, nel ripiano inferiore, due strumenti musicali con uno spartito.
La critica più recente (Sterling, 1952) ha ravvisato in queste composizioni i primi esempi di rappresentazione allegorica della Vanitas nell'arte occidentale, sia nel pannello con il teschio, che affronta il tema nelle sue caratteristiche generali, sia nello specchio con la sfera tolemaica, interpretato come allegoria della vanità delle scienze umane. Chiaro è infatti il duplice riferimento ad Adamo ed Eva (la scritta e le due candele spente, simbolo di morte), accostato qui alla tematica musicale, diffusa nell'ambiente veneto, e all'astrologia. La fortuna successiva del tema della Vanitas non si distaccherà molto dai filoni indicati dal D. (Veca, 1981).
Nell'aprile 1523 il "venerabile religioso frate vincentio de verona" venne incaricato dai procuratori di S. Marco di portare a termine i lavori di intarsio nella sacrestia della basilica veneziana; ma evidentemente il D. non risultò gradito, visto che pochi mesi dopo, sia pure con molte lodi alla sua condotta esemplare, venne licenziato dagli stessi committenti (Urbani, 1888). Forse il suo intervento si era limitato ad alcuni banchi (Temanza, 1778).
Dal 1524 fino alla morte il D. era a S. Maria in Organo a Verona, dove si pensa che abbia lavorato ancora con il maestro fra Giovanni per i dossali della sacrestia (Gerola, 1910), insieme con il confratello veneziano Antonio Preposito. Non sembra comunque possibile escludere la eventualità che la partecipazione agli intarsi della sacrestia sia avvenuta durante un soggiorno precedente.
Il D. morì a Verona nel 1531.
Fonti e Bibl.: [M.A. Michiel], Notizia d'opere di disegno..., pubbl. e ill. da D. J. Morelli, a cura di G. Frizzoni, Bologna 1884, p. 24; T. Temanza, Vite dei più celebri architetti, e scultori venez. che fiorirono nel secolo decimosesto, Padova 1778, p. 252; P. Brandolese, Pitture, sculture, architetture ed altre cose... di Padova, Padova 1795, p. 163; G. A. Moschini, Guida di Venezia, Venezia 1815, I, p. 306; D. Zannandreis. Le vite... [1831-34], a cura di G. Biadego, Verona 1891, pp. 65 s.; E. Paoletti, Il fiore di Venezia, Venezia 1839, II, p. 36; S. Varni, Delle arti della tarsia e dell'intaglio in Italia, Genova 1869, I, p. 54 (recensione di M. Caffi, in Arch. stor. italiano, XI [1870], p. 225); D. C. Finocchietti, Della scultura e tarsia in legno, Firenze 1873, p. 131; R. Erculei, Catalogo d'opere antiche d'intaglio, Roma 1885, p. 42; G. M. Urbani de Gheltof, Tarsie e intarsi in legno, in La basilica di S. Marco, a cura di C. Boito, Venezia 1888, I, p. 412; L. Courajod, Eugène Plot et les objects d'arts légués au Musée du Louvre, in Gazette des Beaux-Arts, XXXII (1890), p. 423; Ch. Scherer, Technik und Gesch. der Intarsia, Leipzig 1891, p. 82; P. Lugano, Di Fra Giovanni da Verona maestro d'intaglio e di tarsia e della sua scuola, in Bull. senese di storia patria, XII (1905), pp. 219 s.; G. Gerola, Tarsie e intagli di frà Giovanni da Verona nella chiesa di S. Maria in Organo, in Arte ital. decorativa e industriale, XIX (1910), pp. 96, 99; G. V. Callegari, Le tarsie di un artista veronese (Fra V. D.) al Museo del Louvre, in Madonna Verona, Boll. d. Museo civico, X (1916), pp. 56-59; Ch. Sterling, La nature morte de l'anitiquité à nos jours, Paris 1952, pp. 11-17; G. Muraro, L'arte della tarsia a Verona, in Vita veronese, IX (1956), pp. 249 s.; J. Baltrušaitis, Anamorphoses, Paris 1969, pp. 95 s.; R. Brenzoni, Diz. di artisti veneti, Firenze 1972, p. 112; L. Rognini, Le tarsie di S. Maria in Organo, Verona s. a. [ma 1979], pp. n. nn. (ma pp. 9, 29); A. Veca, Vanitas, Il simbolismo del tempo (catal.), Bergamo 1981, pp. 38 s.; M. Ferretti, I maestri della prospettiva, in Storia dell'arte ital. [Einaudi]; Torino 1982, XI, p. 538; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXXIV, p. 30 (sub voce Vacche, Fra Vincenzo dalle).