DANDOLO, Vincenzo
Nacque a Venezia il 23 genn. 1549, penultimo dei numerosi figli di Leonardo di Gerolamo, del ramo che risiedeva a Castello, nella parrocchia dei SS. Giovanni e Paolo, e di Agnese Contarini di Paolo di Giovanni Alessandro. Sufficientemente provvisto di beni di fortuna (rappresentati soprattutto da case e campi situati a Dolo), il padre fu cospicuo senatore, consigliere ducale e membro del Consiglio dei dieci ed alle stesse dignità pervennero tre dei suoi figli: il primogenito Gerolamo, che nel 1579 sposò Paola Bragadin di Marco, assicurando così la continuità della casata, e poi Giovanni e lo stesso Vincenzo.
Quest'ultimo iniziò il suo tirocinio politico all'età di trent'anni: il 3 maggio 1579 era infatti eletto nella Quarantia civil vecchia, e l'anno dopo (13 nov. '80) nel collegio dei Dodici savi. Decisiva per i suoi futuri interessi fu però l'esperienza ch'ebbe modo di realizzare in qualità di console dei mercanti (7 genn. '82), antica magistratura che sovraintendeva al settore commerciale marittimo dello Stato; alla fine del Cinquecento, infatti, l'economia veneziana, pur segnata da un forte fenomeno inflattivo conosceva una fase di notevole prosperità e le sue strutture mercantili in Levante non avvertivano ancora drammaticamente la concorrenza inglese ed olandese. Fu probabilmente nella speranza di poter inserirsi proficuamente nel commercio che il D., dopo essere stato provveditore sopra Banchi (1585), il 28 dic. 1586 accettò la nomina di console in Egitto, dove si fermò per più di tre anni.
Partito da Venezia il 17 luglio 1587,lesse infatti la sua relazione in Senato il 9 ag. 1591:il quadro che ne emerge indica come l'immagine dell'apparato mercantile veneziano conservasse intatto, presso i Turchi, il suo tradizionale prestigio, ma anche quanto i margini degli alti profitti di un tempo andassero ormai inesorabilmente restringendosi: "Le cose di negotio nell'Egitto, et specialmente nel Cairo passano adesso molto strette, et si fanno pochissime faccende, non potendosi dar fine alle mercantie poche che vi vanno, et denari, se non con gran fatica, lunghezza di tempo et perdita manifesta... Et se le cose vanno seguendo per questa via, dubito che bisognerà abbandonar quel paese, et andar altrove per le spetie".
Andar altrove, dunque, cercare mercati diversi, più favorevoli, per ritrovare profitti sicuri ed elevati: di "rompere" col commercio, certo non si parla. A riprova del tenace persistere di antiche suggestioni, il D. non si fermò a lungo a Venezia: subito entrato a far parte dei Dieci savi alle decime (3 nov. 1591), nel '95 divenne senatore e l'anno dopo provveditore in Terraferma, combattendo le speculazioni sui grani nel Veronese e nel Vicentino, nel momento in cui i timori di una carestia rendevano difficoltoso il normale approvvigionamento delle città; all'inizio del '98 (10 gennaio) accettava infine la nomina a console in Siria.
Anche di questa magistratura possediamo la relazione: apprendiamo da essa (fu letta in Senato il 27febbr. 1603) come il D. consideri quantomai precaria l'attività mercantile ad Aleppo, a causa soprattutto delle prevaricazioni degli Ottomani e delle turbolenze della popolazione locale; pertanto "non vi è guadagno, ovvero pochissimo almeno, e quelli che al presente mandano li loro capitali in Aleppo lo fanno piuttosto per favorire e sostentare li loro agenti o fattori con la speranza che così possano un giorno pigliar miglior vento, che per il guadagno che ora ne facciano". Migliore la situazione nella scala di Alessandretta, dove anzi ha "fatto fabbricare una casa assai comoda per li vice consoli", ma qui "pregiudicano grandemente alli negozi dei mercanti veneziani le nazioni inglese e francese".
Ancora una volta siamo dunque di fronte ad una conclusione negativa: il commercio è poco remunerativo, i rischi sono molti, le fatiche e i pericoli non si contano (nel viaggio di ritorno, il D. cadde gravemente ammalato e dovette fermarsi a Cipro per un mese e mezzo); senonché il fondo Provenienze diverse, della Biblioteca del Museo Correr di Venezia, ci propone una ventina di buste che documentano un'intensa attività commerciale perseguita in Siria non solo dal D. , ma anche dai suoi fratelli e dal nipote Paolo, che colà, poco prima della partenza dello zio, costituì anzi una società assieme a Francesco Emo di Leonardo. Non solo, ma anche dopo il ritorno in patria, il D. continuò ad inviare in Siria (aveva lasciato al nipote un interessante Aricordo, o istruzione sul comportamento da tenere nell'esercizio della mercatura) denari e merci almeno fino al 1609 (nel solo 1605, 4.500 ducati, due casse di berrette, sei pezze di panni di sua esclusiva ragione).
Non c'è quindi da stupirsi se, negli anni che seguirono, il D. ricoprì ripetutamente la carica di savio alla Mercanzia (6 ott. 1605-30 sett. 1606; 20 ott. 1609-30 sett. 1610; 2 apr. 1619-31 marzo 1620), e soprattutto se proprio in questa veste, nella primavera-estate del '10, si oppose - pretestuosamente dissentendo dai colleghi in nome della salvaguardia dell'ortodossia religiosa - al progetto di Nicolò Contarini e di altri "sarpiani", che intendevano rianimare il commercio veneziano concedendo la cittadinanza (ed i diritti ad essa connessi) ad un gruppo di mercanti olandesi. Eppure, del Contarini il D. era fautore ed estimatore, come testimonia il fitto carteggio (cfr. Cozzi, Il doge M. Contarini..., 1958, p. 152) intercorso fra i due tra il 10 sett. ed il 26 dic. 1616, nel corso della guerra di Gradisca alla quale il Contarini prese parte come provveditore in campo, ed il D. in qualità di deputato sopra Banditi, col compito di graziare coloro che si fossero offerti di collaborare alla guerra; e che il D. fosse nel novero dei "giovani" si può desumere anche dal comportamento da lui tenuto come inquisitore di Stato tra il novembre '22 e l'estate '23, a proposito delle informazioni sugli ecclesiastici veneti, che da Roma faceva pervenire l'ambasciatore Ranieri Zeno.
L'ultimo ventennio della vita del D. fu segnato dal fitto succedersi delle cariche più prestigiose: podestà a Brescia dal 16 dic. 1612 al 29 apr. 1614; consigliere ducale dal 1º ott. 1614 al 3 sett. 1615 (e poi ancora nel '21-'22); savio alle Acque dal 2 ott. 1615 al 1º ott. 1617 (e ancora tra il '21 ed il '23 ed il '27-'29); provveditore alle Artiglierie dal 3 ott. 1617 al 30 sett. 1618 (e quindi nell'estate del 1628); inquisitore di Stato nel '17-'18 e nel '22-'23; sopraprovveditore alle Biave (12 ott. 1618-31 marzo 1619, e poi nel '20-'21, nel '26-'27, nel '30-'31); provveditore in Zecca (9 febbr. 1618-8 febbr. 1620, e ancora tra il '24 ed il '26); provveditore alle Beccarie (1º apr. 1620-31 marzo 1621, e quindi dal novembre 1631 al marzo 1632); aggiunto ai riformatori dello Studio di Padova dal 30 dic. 1622 al 29 dic. '23 (poi fra il 23 luglio 1625 e il 22 luglio 1626), e ancora provveditore sopra Ospedali e Luoghi pii, poi sopra Ogli, quindi sopra Ori e Argenti; sopraprovveditore alla Giustizia nuova, poi alle Pompe; savio all'Eresia; Tansador estraordinario.
Il D. morì a Venezia il 5 apr. 1632, e fu sepolto nella chiesa di S. Salvador.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. Codd. I, Storia veneta 19: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii..., p. 186; Ibid., G. Giomo, Indice dei matrimoni per nome di donna, I, sub voce Contarini Agnese; Venezia, Bibl. del CivicoMuseo Correr, Cod. Cicogna 3781: G.Priuli, Pretiosi frutti…, cc. 237rv; Ibid., Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, 829 (= 8908): Consegi, cc. 219r, 317r; 830 (= 8909), cc. 52r, 56r, 238r; 831 (= 8910), c. 241r; Arch. di Stato di Venezia, Segr. alle Voci. Elez. Magg. Cons.,reg. 11, cc. 1, 166; reg. 13, c. 1; Ibid., Segr. alle Voci. Elez. Pregadi, reg. 8, cc. 30v, 43v, 44r, 87v, 99v, 164r; reg. 9, cc. 80v, 82v, 85v, 100r, 122v; reg. 10, cc. 43v, 47v, 56v, 79v, 82v, 160r; reg. 11, cc. 56v, 58v, 60r, 79v, 85v, 154v; reg. 12, cc. 32r, 39r, 48v, 79v, 82v, 86v, 99v, 104v, 165r; Ibid., Lettere di rettori ai Capi del Consiglio dei dieci. Brescia, b. 27, nn. 140-141, 145-146, 148, 151-152, 157. L'attività econ. è documentata nel fondo Provenienze diverse della Bibl. del Museo Correr di Venezia, sub voce di particolare importanza i mss.: c 944 (al fascic. 106 il testamento redatto in Aleppo, nel 1600; al fascic. 109 l'Aricordo al nipote, c 988, e 1561, c 1562, c 1563). Vedi inoltre, Ibid., Codd. Cicogna 1720, 2396/9, 2698, con lettere del/al D., ad Alessandria e ad Aleppo. Per le relaz. dell'Egitto, della Siria e di Brescia, vedi rispettivamente: Relazione del nobile uomo ser Vincenzo Dandolo fu console in Egitto (1591, 9 agosto), Venezia 1873 (Nozze Palazzi-Jansen); Relazioni dei consoli veneti nella Siria, a cura di G.Berchet, Torino 1866, pp. 110-130; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, XI, Podestaria e capitanato di Brescia, Milano 1978, pp. 237-240. Si veda, inoltre: M. Borgherini Scarabellin, Il magistrato dei Cinque savi alla mercanzia dalla istituz. alla caduta della Repubblica, Venezia 1925, p. 87; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori, Roma 1927, p. 174; G. Cozzi, II doge N. Contarini. Ricerche sul patriziato venez. agli inizi del Seicento, Firenze 1958, pp. 144, 152-154, 236; Id., Una vicenda della Venezia barocca: M. Trevisan e la sua "eroica amicizia", in Boll. dell'Ist. di storia della soc. e dello Stato venez., II (1960), p. 68.