DE NOBILI, Vincenzo
Nacque nel 1515 c. a Montepulciano (Siena) da Roberto e da Ludovica (Ciocchi) Del Monte. La famiglia proveniva da Orvieto, "nella quale hebbe origine l'illustre famiglia de Nobili, infino dall'anno 1017, dove stanziarono cinquecento anni" (Turrigio, Vita..., p. 1). Sposò Maddalena dei conti di Montauto. Loro figli furono Roberto, poi cardinale, Aurelio, Pier Francesco, Giulia e Caterina, andata poi sposa a Sforza Sforza conte di Santa Fiora.
La fortuna del D. ascese quando lo zio materno, Giovanni Maria (Ciocchi) Del Monte, fu eletto papa, col nome di Giulio III, il 7 febbr. 1550. Il pontefice gli diede la signoria (successivamente comitato) di Civitella, nella Romagna, e il governatorato delle armi in Ancona.
Nel 1551, alla corte di Roma, ebbe occasione di conoscere il D. l'ambasciatore veneto Matteo Dandolo, che ne riportò un'impressione favorevole: "è un bel personaggio, molto discreto e gentile, e desideroso di sérvire la Serenità Vostra" (in Relazioni, p. 357).
Si trovava comunque nelle Marche quando cominciò a profilarsi, sempre più imminente, la guerra contro Ottavio Farnese. Il 27 maggio 1551 scriveva infatti da Fano che aveva già raccolto parecchie truppe. Il 6 giugno Giulio III affidò il comando supremo della spedizione contro Mirandola e Parma a Ferrante Gonzaga, governatore di Milano, e il comando delle truppe pontificie ai suoi due nipoti Giovanni Battista Del Monte e il D., che ebbe il comando della cavalleria. Giunse nella zona delle operazioni agli inizi di giugno. Uno dei suoi primi incarichi, tra il 21 e il 25 giugno, fu quello di portarsi con delle truppe dalle parti di Parma, dove Piero Strozzi aveva compiuto diverse incursioni. Un'altra battaglia la sostenne, insieme con Alessandro Vitelli, il 18 luglio, quando cercarono di intercettare le truppe di Orazio Farnese che, dalla Mirandola, si stavano portando verso Parma.
L'effettivo comando delle truppe pontificie era nelle mani di G. B. Del Monte e di Camillo Orsini in sua vece; quando il 26 luglio 1551 il Del Monte cadde malato "mal sentivano Alessandro Vitelli e Vincenzo de Nobili di star sotto il comando di Camillo Orsini" (De Leva, p. 662). Né quello era l'unico motivo di lamentele da parte dei De Nobili. Già nel maggio aveva chiesto con insistenza a Roma che gli fosse affidato anche un corpo di fanteria, e aveva poi protestato perché non gli si dava "quello, che hanno havuto li Antecessori miei ..." (lettera del 26 giugno da Bologna, al papa, in Arch. segr. Vaticano, Principi 21, f. 128r). E la scontentezza del D. andò via via aumentando. Il 2 ag. 1551 chiese che, in seguito a un malanno ai reni, gli fosse concessa "licenza" o che almeno potesse fare "poco servitio" (ibid., f. 133r); e ancora il 5 agosto tornò a lamentarsi della scarsezza della sua remunerazione, che, scriveva, non gli permetteva neppure di "intrattenere X uomini dabbene appresso di me" e, nello stesso tempo, dello scarso peso del suo comando: "quello che fo io qui, lo può molto ben fare ogni mio capitano" (lettera al segretario di Stato, G. Dandino, dal campo, ibid., f. 136r.). La guerra, come è noto, continuò stancamente senza vinti né vincitori; il 29 ag. 1551 il D. ebbe un incontro con P. de Thermes presso la Mirandola, per iniziare a parlare della pace. Le trattative, iniziate nel settembre 1551, portarono alla stipulazione della tregua il 10 apr. 1552. E nel 1552 il D. tornò a risiedere in Ancona. Agli inizi del 1553 si trovava a Firenze e partecipò alle prime fasi della prima guerra di Siena; nel gennaio era al comando di cinquecento fanti che si unirono alle truppe guidate da Ascanio Della Cornia. Comunque ben presto il D. dovette tornare a Roma.
Giulio III, intanto, nella primavera del 1553 promosse trattative di pace tra gli Imperiali e Siena. Inviati papali furono mandati a Siena e a Firenze; e nell'ambito di queste trattative il papa propose il D. come governatore neutrale di Siena. I Francesi, alleati della città, però si opposero; scriveva infatti L. de Lanssac, loro rappresentante a Roma: "parce qu'il est subject et a tousiours fait professyon d'estre serviteur dudit duc de Florence ... Mais ce que je craindrois le plus de luy serayt qu'il n'eust pas assez d'experience pour sçavoir bien gouverner les humeurs des Syennois" (lettera del 31 maggio 1553 al re, Correspondance politique..., p.68). Da notare peraltro che il Lanssac: era da tempo in contatto col D. per portarlo al servizio della Francia. Già il 6 maggio scriveva al re e a A. de Montmorency di questi contatti, anche se, notava, il D. continuava a praticare gli Imperiali "comme s'il se voulloit vendre au plus offrant et dernier enchérisseur" (lettera 6 maggio 1553 al Montmorency, ibid., p. 38). Il Larissac era convinto di poter accordarsi col D., che, insisteva, sarebbe stato una pedina preziosa qualora il re avesse voluto tentare l'impresa di Napoli. Il 21 maggio scriveva al Montmorency che il D. avrebbe accettato di entrare al servizio del re come generale della cavalleria e con la stessa remunerazione che aveva avuto A. Della Cornia, e cioè 11.000 ducati (ibid., p.55); i vantaggi per i Francesi sarebbero stati evidenti; egli, ricordava il Larissac, era nipote del papa, e, soprattutto, era governatore di Ancona "qui est une des principalles chefz du royaume de Naples" (lettera al Montmorency, 20 giugno 1553, ibid., p. 88). Ma quando l'accordo sembrava ormai raggiunto, ecco che il D. iniziò a prender tempo e a rinviare una risposta definitiva. Alla fine di settembre fece sapere che, essendo imminente la nomina del figlio Roberto a cardinale, voleva rinviare l'accordo a dopo la creazione, perché gli Imperiali non la impedissero; ma dopo l'elezione (22 dic. 1553) il D. non si fece più vivo, con stupore del Larissac (ibid., p. 349). Il motivo era che ormai era maturato un accordo tra il papa, Cosimo I e Carlo V; si era decisa la sorte di Siena e, tra il papa e il duca di Toscana, era stato progettato il matrimonio tra il nipote di Giulio III, Fabiano Del Monte, e una figlia di Cosimo, Lucrezia; Giulio III riprendeva così le speranze di creare uno Stato per i suoi congiunti in Valdichiana; anche il D. nutrì migliori speranze per sé in questo progetto. Alla fine del 1553, o agli inizi del 1554, andò a Firenze per ratificare l'accordo.
Dopo che A. Della Cornia, nel marzo 1554, era caduto prigioniero dei Senesi, Cosimo I decise di nominare il D. generale della fanteria nella guerra contro Siena. Pare che "il Nobili partì poco volentieri da Roma e lo fece solo per accontentare il Pontefice e l'arcivescovo Onofrio Bartolini de Medici" (Prunai, p. 125). Comunque il D. ebbe a sperare che, con Cosimo I, la sua posizione sarebbe migliorata; scriveva infatti il 3 maggio al figlio Roberto: "a ognun che mi vol bene, gl'haveva a doler il mio star in Roma, si come io ci stava" (Turrigio, p. 95), e diceva ai familiari di non darsi più pena di pregare il papa "del generalato della Cavalleria di S. Santità ... havendo speranza in Dio, che non ci mancaranno de gradi e di più honorati di quello" (lettera 29 maggio 1554, ibid., pp. 94 s.). Agli inizi di maggio il D. si recò dunque in Toscana. Al comando di circa tremila soldati italiani si unì, il 25 maggio, ad altrettanti soldati spagnoli e tedeschi guidati dal conte di Santa Fiora S. Sforza e, assunto il comando generale, fu incaricato di "dare il guasto" alle campagne della Valdichiana. Furono assaltati varie rocche e villaggi, e le truppe del D. si abbandonarono spesso ad atrocità contro i contadini. Il 12 giugno, Gian Giacomo de Medici, comandante supremo dell'esercito ducale, richiamò d'urgenza il D., che era giunto fino ad Arezzo. P. Strozzi infatti si era spinto fino a Pontedera e occorreva sbarrargli la strada per Firenze. Il D. il 15 giugno tornò a Santa Petronilla e poco dopo si ricongiunse al Medici. A metà luglio partecipò alla battaglia di Sant'Abbondio, il primo grosso scontro tra i due eserciti. Rimasto a presidiare Siena presso Camollia, non partecipò alla battaglia di Marciano, il 2 ag. 1554.
Probabilmente nel novembre il D. abbandonò la guerra, tornando alla sua casa di Montepulciano. Morto Giulio III, nel marzo 1555, la posizione del D. perdette sicuramente solidità. Anche per questo cercò di rafforzarsi nella grazia di Cosimo I, e, a questo scopo, inviò il figlio cardinale, Roberto, a rendergli visita. Nel 1559 era a Roma molto malato di gotta. Morì quarantacinquenne nel 1560 (come si legge nella lapide della sacrestia di S. Bernardo alle Terme in Roma). La sua fortuna fu legata esclusivamente al papato di Giulio III: con la morte del papa, cessò anch'essa.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Principi 21, ff. 125r-158v; per le lettere del D. nell'Arch. di Stato di Firenze si veda: Carteggio universale di Cosimo I de Medici, a cura di A. Bellinazzi - C. Laurioni, Firenze 1982, ad Indicem;I. Pogiani Epistolae et orationes, a cura di G. Lagomarsini, Romae 1756-1762, I, pp. 2, 7 s., 23, 35, 48, 55, 63, 66, 72, 75 s., 79, 101; II, p. 3; B. Segni, Storie fiorentine, III, Milano 1805, pp. 15, 74 s., 83, 87; A. Sozzini, Diario delle cose avvenute in Siena dal 20 luglio 1550al 28 giugno 1555, a cura di M. G. Milanesi, in Arch. stor. ital., s. 1, II (342), p. 95; G. Roffia, Racconti delle principali fazioni della guerra di Siena, ibid., pp. 540 ss.; Relaz. degli ambasciatori veneti, a cura di E. Alberi, s. 2, III, Firenze 1846, pp. 354, 356 s.; Legazioni di Averardo Serristori ambasciatore di Cosimo I a Carlo Quinto e in corte di Roma, a cura di G. Canestrini, Firenze 1853, pp. 252, 284, 297, 302; A. Di Montalvo, Relazione della guerra di Siena, a cura di G. Riccomanni-F. Grottanelli, Torino 1863, pp. 28, 33 s., 44, 79, 83, 129; Négociations diplom. de la France avec la Toscane, a cura di A. Desjardins - G. Canestrini, III, Paris 1865, p.346; G. Goselini, Compendio storico della guerra di Parma e del Piemonte. 1548-1553, in Miscell. di storia italiana, XVII (1878), p. 165; Nuntiaturberichte aus Deutschland. 1533-1559, XII, a cura di G. Kupke, Berlin 1901 ad Indicem; Correspondance politique de M. de Lanssac (Louis de Saint-Gelais). 1548-1557, a cura di C. Sauzé De Choumeau, Poitiers 1904, ad Indicem; Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, Diaria, II, a cura di S. Merkle, Friburgi Brisgoviae 1911, pp. 184, 503; [D.] Lainii monumenta, III-IV, in Monum. hist. Soc. Iesu, Matriti 1913-14, ad Indices; Calendar of letters, despatches and State papers relating to the negotiations between England and Spain, XIII, a cura di R. Tyller, London 1954, ad Indicem; Nuntiaturberichte aus Deutschland..., XIV, a cura di H. Lutze, Tübingen 1971, ad Indicem;G. B. Adriani, Istoria de suoi tempi, Firenze 1583, pp. 284, 297, 402, 444; F. M. Turrigio, Vita del card. Roberto de Nobili, Roma 1632, pp. 31, 35, 88-96; M. Benci, Storia della città di Montepulciano, Firenze 1641, pp.97, 112 s.; B. Naro, Compendio di vita del venerabile servo di Dio cardinale Roberto De Nobili, Urbino 1728, pp. 2, 7, 10, 13, 18, 25, 58, 62; S. Ammirato, Istorie fiorentine, XI, Firenze 1827, pp. 27, 32-35; A. Parigi, Notizie del cardinale Roberto Nobili, degli altri illustri Poliziani e della città di Montepulciano, Montepulciano 1836, pp. 12, 16, 19 s., 40 s., 45, 50 s., 53, 55, 58, 120; G. De Leva, La guerra di papa Giulio III contro Ottavio Farnese, sino al principio delle negoziazioni di pace con la Francia, in Riv. stor. ital., I (1884), pp. 644, 659, 662; Id., Storia documentata di Carlo V, in correlazione all'Italia, V, Bologna 1894, p. 116; N. Giorgetti, Le armi toscane e le occupaz. straniere in Toscana (1537-1860), I, Città di Castello 1916, pp. 150, 156 s.; G. Prunai, Ascanio Della Cornia e la sorpresa di Chiusi (21-23 marzo 1554), in Bull. senese di storia patria, IX (1938), pp. 125, 132, 160; A. D'Addario, Il problema senese nella storia ital. della prima metà del Cinquecento (la guerra di Siena), Firenze 1958, pp. 300 s., 310 s., 313, 317; R. Cantagalli, La guerra di Siena. 1552-1559, Siena 1962, ad Indicem;L. von Pastor, Storia dei papi, IV, Roma 1963, ad Indicem.