DELLA GRECA, Vincenzo
Nacque a Palermo il 5 febbr. 1592, da mastro Francesco e da Antonia "La Greca". Il suo nome compare per la prima volta nelle Vite di G. Baglione e dal 1642 non è più citato da altri storici del sec. XVII.
Il primo dato biografico, già reso noto nel 1879 dal Bertolotti, lo presenta giovanissimo, coinvolto in una vicenda di violenza.
Nella tarda serata dell'8 genn. 1616, di ritorno da un sopralluogo presso la vigna del cardinal Borghese a porta Pinciana, fu assalito e ferito ad un braccio da un tale che il D. preferì lasciare anonimo. Dopo appena venti giorni dall'accaduto il D. sposò una giovane romana, Doralice Ridolfi (Roma, Arch. del Vicariato, Liber matrimoniorum S. Luciae, 28 genn. 1616), dalla quale ebbe molti figli.
Nel 1623 veniva nominato architetto di Castel Sant'Angelo e partecipò ai notevoli lavori di fortificazione commissionati da Urbano VIII. Quest'incarico lo inserì nel ruolo degli impiegati della Camera apostolica, permettendogli di percorrere una non trascurabile carriera. Dai Registri camerali (Pollak, 1931, p. 343) sappiamo che dal 1° nov. 1627 ricoprì l'incarico di coadiutore del Maderno seguendo i molti cantieri controllati dal celebre architetto. Questo incarico gli impedì di disporre pienamente del suo tempo e di utilizzarlo per altre committenze. Il 1° nov. 1627 veniva pagato Per un incarico presso la Reverenda Camera apostolica (Pollak, 1931, p. 343); l'8 genn. 1628, in una ricevuta di pagamento della depositoria generale della Camera apostolica, risulta architetto coadiutore del Palazzo apostolico (Bertolotti, 1875, p. 174); è molto probabile che in ambedue questi incarichi egli fungesse da collaboratore del Maderno. In tale veste partecipò a rilevanti commissioni pubbliche a Nettuno e Castelnuovo e alla costruzione della chiesa di S. Caio attribuitagli dalle più antiche guide di Roma. Fu questa la prima vera impresa del D. in campo architettonico.
Lo studio di questo edificio, costruito nel 1630, è reso problematico a causa della totale demolizione avvenuta nel 1885 per far posto all'attuale ministero della Difesa. Il Baglione (p. 169) ricorda il D. come colui che realizzò, in collaborazione con F. Peparelli, "... nella strada Pia vicino a San Bernardo ..." la chiesa di S. Caio pontefice, voluta da Urbano VIII, e lo qualifica come allievo di Giovan Battista Montano insieme con il Soria. Il prospetto della chiesa, nelle sue linee generali, era legato allo schema ripetutamente usato da Giacomo Della Porta. Nella tipica suddivisione a due zone, di cui l'inferiore ad ordine dorico, nelle volute che la raccordano alla parte superiore, ricordava l'esempio di S. Maria dei Monti, costruita dal Della Porta nel 1580, e tante altre opere di O. Mascherino, di M. Longhi e di Francesco da Volterra. Il rilievo di D. Castelli (Libro dei disegni dedicato alle opere di pontificato di Urbano VIII, Roma 1644, tavv. 2 s.) permette di accostare la pianta dell'edificio di S. Caio a quel tipo di chiese sorte nel clima post-tridentino, in cui lo sviluppo spaziale sugli assi longitudinali e trasversali tende ad equilibrarsi. L'unica navata, coperta a volta, è prolungata nel presbiterio e fiancheggiata da due cappelle laterali che si saldano strettamente alla navata e generano un asse trasversale determinando due direttrici spaziali e creando così una croce greca.
Nel 1631, alla morte del Maderno, il D. fu nominato architetto delle fabbriche camerali e di Castel Sant'Angelo (Lefrevre, 1971, p. 398), incarico che durò sino al 2 dic. 1644 (Arch. di Stato di Roma, Camerale I, Mandati, reg. 962, ff. 4r, 9v, 13r, 16v, 24r, 27v, 34v, 40v, 56r); a lui succederà G. Rainaldi. Il D. nel 1632 fu chiamato dai frati di S.Agostino a revisionare le spese per l'altare maggiore presentate da O. Turriani perché ritenute troppo onerose (Arch. di Stato di Roma, Congregaz. soppresse, S. Agostino, Risoluzioni capitolari, f. 9v).Nel 1633 compare per la prima volta nei documenti dell'Accademia di S. Luca (Lefevre, 1971). Il 25 maggio di questo stesso anno i frati di S.Agostino, dopo aver licenziato il Turriani, nominarono il D. architetto del convento, mandato che durò fino al 1649 (Arch. di Stato di Roma, Congreg..., S. Agostino..., f. 10), quando gli succedette D. Castelli. Il D. venne nominato supervisore dei conti e rilevatore di planimetrie del complesso monastico e del consistente patrimonio edilizio sparso per la città.
L'incarico di architetto di un prestigioso Ordine, come quello agostiniano, non era altamente retribuito ma gli avrebbe offerto l'occasione per intrecciare utili relazioni con le più influenti personalità dell'epoca.
Nell'aprile 1636, nell'ambito dell'Accademia di S. Luca, il D. venne prescelto "... per istruire i giovani nella architettura civile e militare ..." (Roma, Arch. d. Acc. di S. Luca, vol. 166, Miscellanea n. 68); fu forse, pertanto, il primo maestro del giovane figlio Felice. Il 25 apr. 1638 giunse alle soglie della nomina a principe dell'Accademia di S. Luca (Ibid., Ibid., vol. 43, f. 20v). Il 20 sett. 1638 al D., proprio per la sua "... in architettura perizia ed esperienza ...", vennero riconfermate ed ampliate le cariche di soprintendente agli edifici camerali di Castel Sant'Angelo, Civitavecchia e Castelfranco (Bertolotti, 1875, pp. 172 s.). Nel maggio del 1647 il D. venne pagato per: "... aver fatta la pianta della chiesa di Sant'Agostino con tutto il resto del.convento con il pensiero della nova fabbrica ..." (Arch. di Stato di Roma, Congregaz...., S. Agostino..., f.59). Probabilmente negli anni 1647-1650 il D. portò il suo contributo nella progettazione di ammodernamento della basilica lateranense, come propone L. Fasolo che attribuisce al D. il disegno del codice Vaticano 10 (L'opera di Hieronimo e Carlo Rainaldi, Roma 1960, p. 190).
Dal 1649 il D. dovette appartarsi per nascondere l'onta del figlio Felice, omicida e condannato all'esilio. Anni difficili per l'artista, che lasciarono una traccia indelebile per il resto della sua vita. A in questo periodo che egli diventò architetto della chiesa dei Ss. Domenico e Sisto, incarico che conserverà fino alla sua morte, quando verrà sostituito dal figlio Felice.
La sua attività presso le monache dei Ss. Domenico e Sisto non si limitò alla sola direzione dei lavori per la chiesa, ma si estese anche alle proprietà terriere ed edilizie di queste, in Roma e fuori. Tra il 1655 ed il 1658 eseguì due disegni che si trovano all'interno del codice Chigiano (Bibl. ap. Vaticana, Cod. Chigiano, p. VII 10, f. 47). Il primo è una planimetria riguardante un orto dei monaci di S. Prassede, destinato alla urbanizzazione. Il secondo è un "affilamento di case" situate di fronte a palazzo Venezia. È probabile che questo disegno fosse realizzato quando nel 1658 fu deciso di demolire alcune case in piazza S. Marco per allargare la via del Corso. Purtroppo questi due disegni, che potrebbero rappresentare un ulteriore contributo alla difficile conoscenza dell'attività artistica del D., essendo privi di un qualsiasi elemento che possa aiutare a chiarire le circostanze in cui vennero realizzati, rimangono una semplice testimonianza di quella serie di molteplici e ripetitivi incarichi, assolti dal D., dai quali non è possibile evidenziare alcuna nota creativa.
La più importante delle opere per la quale il D. è ricordato resta la chiesa dei Ss. Domenico e Sisto. In realtà la chiesa, costruita fra la fine del XVI e la metà del XVII secolo, fu un'opera di collaborazione fra vari architetti, fra cui Giacorrio Della Porta, Nicolò ed Orazio Turriani, Giovan Battista Soria (Ontini, 1952). Il D. subentrò alla direzione dei lavori nel 1651 alla morte del Soria. In quell'epoca il complesso di Magnanapoli era in una fase molto avanzata: il convento era oramai compiuto nelle sue fondamentali strutture, mentre la chiesa necessitava ancora della facciata e di una scala che ne rendesse più decoroso l'accesso. Nel 1653 il D. iniziò a ultimare il portale e la parte superiore della facciata lasciata incompiuta da N. Turriani.
Il D., preso dalle strettoie di uno schema già tracciato, non riuscì a dare nel.secondo ordine della facciata la stessa articolazione spontanea presente nel portale e nella scenografica scalea. Accenti barocchi sono visibili solo nei particolari secondari del prospetto.
Stando alla lettura dei documenti relativi ai Ss. Domenico e Sisto, la costruzione della bellissima "scala ovata" sembra doversi attribuire al solo Della Greca. Ma, come osserva giustamente D'Onofrio (1973), nell'intero complesso delle domenicane è possibile verificare maggiormente l'impronta di due altri architetti, appartenenti a due generazioni diverse: Giacomo Della Porta ed Orazio Turriani. L'idea della scala è con tutta probabilità del Turriani, ma il D. l'interpretò in maniera del tutto personale. Ad aggiungere fascino alla già suggestiva soluzione architettonica, mentre si procedeva alla costruzione della scalea, diede un assetto al cortile (1657), chiuso fino ad allora da un muricciolo con apertura sul lato sinistro.
Il D. ideò un monumentale ingresso, verso S. Caterina di Magnanapoli, decorato da pilastri bugnati di travertino sormontati da un timpano spezzato e distanziato tanto quanto era necessario per inquadrare la veduta della chiesa. Attraverso il portale d'ingresso c'era tutto un susseguirsi, una "infilata" di fattori scenografici: la scalea, il portale della chiesa, la Madonna, l'occhio e le fiamme che sovrastano la facciata, che riprendevano quelle poste sul timpano spezzato del portale d'ingresso. Purtroppo quest'altro elemento di grande effetto venne successivamente distrutto ed oggi ne abbiamo testimonianza solo attraverso fonti d'archivio e da una incisione del Vasi (G. B. Vasi, Raccolta delle più belle vedute..., II, Roma 1786, tav. 149), che ne riproduce il disegno. Il merito di questo artista non è quindi legato alla vera e propria facciata della chiesa, quanto alla creazione del quadro scenografico che ha trasformato in un "teatro" barocco la semplice corte esterna del monastero. Tutto ciò incontrò l'unanime approvazione dei contemporanei, che legarono al nome del D. l'intero complesso cancellando così il ricordo dei precedenti architetti.
Il D. morì a Roma il 2 dic. 1661.
Fonti e Bibl.: Palermo, Archivio del Duomo, Libro dei battesimi, vol. 38, f. 16; Roma, Arch. del Vicariato, Liber matrimoniorum S. Luciae, 28 genn. 1616; Ibid., Liber baptizatorum, S. Marco, 16 nov. 1625, Ibid., Liber mortuorum, S. Lorenzo in Lucina, n. 6, f. 94v, 2 dic. 1661; Arch. di Stato di Roma, Congregazioni soppresse, S. Agostino, Risoluzioni capitolari, ff.9-10v, 40, 103, 152; G. Baglione, Le vite..., Roma 1642, pp. 106, 169; A. Bertolotti, V. La Greca archit. palermitano..., in Nuove Effemeridi siciliane, s. 3, II (1875), pp. 171-76; Id., Alcuni artisti siciliani a Roma..., Palermo 1879, pp. 28-33; E. Rodocanachi, Le Château S. Ange, travaux de défence..., Paris 1909, pp. 199 s.; G. Biasotti, L'antica chiesa di S. Caio, in Atti del I congresso nazionale di studi romani, I,Roma 1928, pp. 828-833; O. Pollak, Die Kunsttätigkeit unter Urban VIII, Wien 1931, pp. 119 s., 150, 343 s., 348; B. R. Ontini, La chiesa di S. Domenico, Roma 1952, pp. 35-38 e passim; R. Lefevre, Schede su due architetti siciliani a Roma nel '600: i Della Greca, in Studi meridionali, IV(1971), pp. 387-405; C. D'Onofrio, Scalinate di Roma, Roma 1973, pp. 259, 270, 276; R. Lefevre, Divagazioni su due. architetti del Seicento: i Della Greca, in Strenna dei romanisti, XLII (1981), pp. 247-261; T. Acciai, V. D., tesi di laurea, Roma, Univ. La Sapienza, fac. di lettere, a. a. 1983-84.