DURANTI, Vincenzo
Nacque a Palazzolo sull'Oglio (prov. Brescia) nel 1509 da Nicola, dottore e fratello di Pietro, allora arcidiacono di Brescia. Segui le orme dello zio, dedicandosi agli studi giuridici e alla carriera ecclesiastica. Nel 1534 divenne dottore utriusque iuris a Padova e l'anno successivo ottenne un canonicato nel capitolo della cattedrale di Brescia grazie allo zio Pietro. Successivamente fu chiamato a Roma, alla corte pontificia di Paolo III, grazie all'appoggio del cugino Durante Duranti.
La carriera romana del D. fu inizialmente identica a quella dei suoi parenti e protettori. Nel 1538, appena arrivato, divenne familiare del pontefice, come lo zio e il cugino e come, dopo di lui, il fratello Bartolomeo. Un documento dello stesso anno lo ricorda come "cameriere" di casa Farnese (Nuntiaturberichte aus Deutschland, I, 5-6, p. XVIII). Sempre nel 1538 fu nominato governatore di Spoleto e Camerino e fornito della chiesa di Boario, cui rinunziò a favore dello zio Pietro, ma riservandosi il regressus.
Nel 1539 divenne vescovo di Termoli grazie alla rinunzia a suo favore dello zio Pietro. Paolo III ratificò questa successione e lo nominò inoltre referendario di entrambe le Segnature, nonché datario di Santa Romana Chiesa. Nel giro di due mesi (luglio-agosto 1539) il D. aveva cosi ereditato tutte le cariche dello zio appena mdrto. Nel 1540 divenne anche prelato domestico del pontefice e infine scrittore apostolico e abbreviatore delle lettere apostoliche.
La carriera ecclesiastica del D., nata sotto ottimi auspici, fu bruscamente interrotta nel febbraio 1541, quando fu dispensato dall'ufficio di datario. Motivo formale fu la necessità di una riorganizzazione amministrativa; motivo sostanziale furono alcune irregolarità, forse addirittura la falsificazione di bolle a scopo di lucro. Gli appoggi familiari (Durante Duranti era allora molto potente e Bartolomeo Duranti era commensale del pontefice) evitarono al D. conseguenze più serie e anzi gli valsero ancora alcuni benefici ecclesiastici; dovette, però, abbandonare Roma per qualche tempo.
Si ritirò allora nella sua diocesi di Termoli, dove rimase più o meno continuativamente sino al 1545, mentre accumulava nuovi benefici a Brescia. Fra il 1545 e il 1551 la sua permanenza a Termoli fu saltuaria.
Negli anni 1545-1547 partecipò alla prima fase del concilio di Trento senza brillare particolarmente: durante tutte le attività conciliari si mantenne sempre in posizione defilata. Prese attivamente parte alla discussione soltanto per difendere le prerogative vescovili: in particolare si oppose alla possibilità che anche i parroci potessero autorizzare i regolari a predicare. Prese inoltre posizione a favore della rqsidenza dei vescovi.
Nel 1551 era di nuovo a Roma fra i referendari delle due Segnature e ivi probabilmente rimase, sin quando non divenne vicario del vescovo di Ravenna nel 1553. Da Ravenna ebbe rapporti epistolari con Ignazio da Loyola per ottenere l'invio di alcuni gesuiti in quella diocesi. Nel 1555 divenne vicario generale del cugino Durante nella diocesi di Brescia, dove nel frattempo il fratello Nicola era investito del canonicato e della prebenda del capitolo. Da Brescia il D. riprese la corrispondenza con i gesuiti e invitò il Lainez, successore del Loyola, a stabilirsi in quella città, dove, a suo parere, la propaganda ereticale era in continuo aumento. Inutile dire che il Lainez non accettò l'invito, anche perché sulle spalle del D. pesava ancora lo scandalo del 1541.
Alla morte del cugino Durante (dicembre 1558) il D. rimase come vicario generale del nuovo vescovo, Domenico Bollani, nonostante questi avesse giudicato la diocesi in uno stato d'incuria dovuto principalmente ai suoi amministratori. Il D. aveva sempre meno appoggi a Roma, ma la presenza familiare era ancora forte a livello locale.
Nel decennio successivo si disinteressò quasi completamente del suo vicariato bresciano. Nel 1562-1563 prese nuovamente parte al concilio tridentino, non distinguendosi più delle altre volte. Fra il 1563 e il 1564 rinunziò ad alcuni benefici ecclesiastici bresciani ed anche alla sua diocesi di Termoli, nella quale non metteva più piede da anni.
Mori nel 1570 ad Asola (prov. di Mantova), ma per alcuni a Brescia, dove in realtà fu soltanto sepolto.
Con i fratelli possedeva una dimora patrizia in città e fondi e case nel contado. Alcuni dei nipoti erano stati avviati alla vita ecclesiastica, ma con minor fortuna della generazione precedente: le morti di Durante Duranti e Paolo III avevano tolto alla famiglia ogni appoggio romano.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Reg. Vat. 1524, ff. 168-170v; 1707, ff. 288-289, 435v-437; J. A. de Polanco, Vita Ignatii Loiolae et rerum Societatis Iesu historia, III, in Mon. hist. Soc. Iesu, Matriti 1895 p. 17; Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, Diaria, I, Friburgi Brisgoviae 1901, ad Indicem; Nuntiaturberichte aus Deutschland, s. 1, V-VI, Berlin 1903, p. XVIII; Monumenta Ignatiana, s. 1, IV, in Mon. hist. Soc. Iesu, Matriti 1906, pp. 634 s.; Bobadillae Monumenta, ibid., ibid. 1913, ad Indicem; G. Cappelletti, Le chiese d'Italia, XIX, Venezia 1864, p. 354; S. Ehses, Kirchliche Reformarbeiten unter Papst Paul III., in Römische Quartalschrift, XV (1901), p. 169; P. Guerrini, La famiglia Duranti e i suoi vescovi, in Brixia sacra, II (1911), pp. 8-32; Id., I due vescovi di Termoli e datari di Santa Chiesa Pietro e V. Duranti, ibid., pp. 88-94; L. von Pastor, Storia dei papi, V, Roma 1924, pp. 131 s.; B. Katterbach, Referendari utriusque Signaturae…, Roma 1931, pp. 103, 111; L. Dorez, La cour du pape Paul III, Paris 1932, pp. 31, 33 s.; G. Alberigo, I vescovi italiani al concilio di Trento (1545-1547), Firenze 1959, ad Indicem.; F. Russo, Ilcardinale Durante Duranti di Brescia, in Brixia sacra, n. s., XIII (1978), pp. 94 s.
M. Sanfilippo