FATO, Vincenzo
Nacque nel 1705 a Castellana (ora Castellana Grotte, in provincia di Bari).
Tale notizia si ricava indirettamente dalla sua ultima opera, la Madonna della Madia della cattedrale di Monopoli, che il pittore data nel 1788, aggiungendo alla firma, la notizia di avere 83 anni.
La prima opera che si conosce è una Natività di Maria Vergine, firmata e datata nel 1732 per la chiesa di S. Maria Amalfitana a Monopoli.
È un dipinto di chiara impronta solimenesca e con un originale impianto compositivo (si veda lo strano vano-luce aperto sulla sinistra, dal quale si può accedere in una stanza gremita di personaggi al cui centro, in asse, sono la colomba dello Spirito Santo, s. Giuseppe e la neonata Maria).
Non si sa da chi il F. abbia appreso l'arte di dipingere: forse dal coevo Serafino Elmo di Lecce, ma, data la sua attività di copista dei Fracanzano (Catello, 1977, p. 48), possiamo ritenere che egli si sia esercitato molto sulle opere di altri artisti. Datato infatti al 1741 è un suo disegno (da cui è stata ricavata nel 1791 un'incisione) che rappresenta la puntuale copia della rinascimentale statua di S. Maria della Consolazione dello scultore Francesco Aurelio Persio in S. Leone a Castellana (Lanera, 1968, p. 2). Nota è la sua attività di restauratore: a lui si deve il restauro del dipinto del Veronese, la Vergine in gloria e quattro santi ora nel palazzo vescovile di Monopoli, proveniente dalla cappella di Ognissanti in S. Francesco d'Assisi, sempre a Monopoli (Calò, 1969, p. 85).
In questo periodo si dovrebbe inserire la Madonna con quattro santi della chiesa di Materdomini a Conversano, ora conservata nella Biblioteca locale, che costituisce una copia del suddetto dipinto veneto. Al 1741 si deve datare un altro dipinto in S. Domenico a Rutigliano conimissionato dalla nobile Agnese Pappalepore in Troiani (Boraccesi, 1984, pp. 66 s.). A una originale insolita composizione in cui un dipinto con la Circoncisione viene portato in volo da due angeli e mostrato ai santi Giovanni Battista e Liborio, mentre sullo sfondo si apre un brano paesistico.
Del 1742 sono i piccoli quattro ovali dipinti su rame nella sagrestia del Tesoro di S. Gennaro a Napoli: la Natività (che risente della maniera di Serafino Elmo) reca la scritta "Opus Vincentii Fato Barensis 1742", l'Epifania "Opus Vincentij Fato a Castellana", la Presentazione al tempio e Gesù fra i dottori "Opus Vincentij Fato a Castellana" (Catello, 1977, p. 141; Strazzullo, 1978, p. 31).
Oltre a questi ovali sono da attribuire al F. (Catello, 1977, pp. 47 s.) altri quattro dipinti in ricche cornici intagliate, collocati nell'antisagrestia, tradizionalmente assegnati dalle guide ad un certo Vincenzo Frate (che fu solo il "razionale" della cappella del Tesoro). Essi rappresentano quattro miracoli di Gesù - dell'idropico, del cieco nato, della Cananea e del morto resuscitato - e sono databili nello stesso periodo dei quattro ovali. Tale importante commissione si può ipotizzare sia avvenuta da parte di un deputato del Tesoro, nobile di Puglia (Catello, 1977, p. 48).
Ancora a Napoli il F. firmò e datò nel 1747, in S. Anna dei Lombardi Monteoliveto, un dipinto con S. Francesca Romana adolescente, pendant dell'altro con l'Angelo che difende dalle percosse del demonio s. Francesca Romana.
Si tratta di due dipinti polilobati, posti sulle due pareti della cappella dedicata alla santa (sull'altare è quello dell'Estasi di s. Francesca di Giovan Battista Lama del 1743, Pasculli Ferrara, 1982, p. 52), ben orchestrati compositivamente, ma di gusto arcaico classicheggiante. La presenza del F. in questa cappella è segnalata per la prima volta dal Galante (1872), che riporta giustamente come sue opere le due tele summenzionate, attribuendogli però anche gli affreschi con storie della vita della santa nei ventagli e nella volta della cappella. Sia lo Strazzuflo sia la nuova edizione critica del Galante negano la paternità degli affreschi, in quanto firmati e datati da Giuseppe Simonelli nel 1710 (Strazzullo, 1962, p. 89; Galante [1872], 1985, p. 80, e P. di Maggio, ibid., n. 255).
È molto probabile che nell'arco del quinto decennio il F. abbia conosciuto, in questa sua permanenza a Napoli, la moglie Antonia Picardi. Viene dichiarata "di Napoli" nell'atto di battesimo della prima figlia, nata il 9 apr. 1752 (Lanera, 1968, p. 3). Dopo il rientro da Napoli, il primo dipinto finora noto è l'ovale firmato e datato 1755 (secondo quanto attesta Bellifemine, 1981, p. 61) in S. Francesco a Monopoli, rappresentante Cristo e la Madonna adorati da s. Francesco.
Questo ovale rivela chiari legami con la Madonna con s. Francesco d'Assisi del 1774 del demuriano Nicola Menzele in S. Giovanni Lionello di Trani (Pasculli Ferrara, 1988, p. 158).
Nella stessa chiesa il F. eseguì altri tre ovali, di uguale formato, che la critica riporta come datati 1771 (Bellifemine, 1981, p. 43), ma in verità, pur essendo sicuramente del F., solo uno dei tre presenta firma e data: 1761, però, e non 1771.
Si tratta della S. Anna con Maria e i ss. Carlo Borromeo, Michele arcangelo, Agostino e l'angelo custode. Gli altri due ovali rappresentano S. Chiara in gloria con ostensorio e quattro sante clarisse e Apoteosi di s. Giuseppe con s. Vito e s. Rocco. Poiché i quattro dipinti rivelano identica fattura, propenderei a datarli tutti al 1761.
Proprio in questo anno, il 4 gennaio, naque a Castellana la terza figlia, Marianna. Nello stesso anno il F. datò e firmò il S. Pietro facente parte dell'altare maggiore della chiesa di S. Maria del Caroseno della sua città. Pendant è il S. Giovanni Evangelista, mentre al centro è l'immagine, dipinta su rame, della Madonna con il Bambino detta Madonna del Caroseno (non sua è la cimasa con la Nascita di Maria o perlomeno molto ridipinta). È da notare la qualità dei due santi Pietro e Giovanni Evangelista, resi con un'intensa caratterizzazione fisionomica e con una ricercata monumentalità simulante nelle nicchie lobate una loro natura statuaria, così come sono impostati di tre quarti su piedistallo.
Di fattura più sciolta, ma meno ricercata, soprattutto nella figura della santa, è il dipinto raffigurante S. Teresa che presenta le Regole alla ss. Trinità, anch'esso firmato e datato 1767, nella chiesa del Carmine a Putignano. Sempre a Putignano, nell'altra chiesa del Carmine o del convento grande, sono altre tele del F.: quella, molto ricca compositivamente. dell'altare maggiore, rappresentante la Madonna del Carmelo appare a s. Simone Stock, e la sopraporta, nel transetto, con il Profeta Elia e la moglie di Serepta. In quest'ultimo l'indagine attenta dell'interno del vano in cui avviene l'episodio e l'analitica descrizione del mattonato ricordano da vicino i dipinti di Monteoliveto a Napoli. Sempre a Putignano, nella chiesa di S. Domenico, sono generalmente e giustamente riportati come del F. i due dipinti della Sacra Famiglia e dell'Annunciazione, a cui aggiungerei, però, per strette analogie con l'angelo annunziante, il S. Michele sconfigge il demonio ed anche le altre tele del S. Vincenzo Ferreri, del S. Pietro Martire e del S. Tommaso d'Aquino.
Del 1768 è la grande tela dell'Adorazione dei pastori (datata) nella chiesa matrice di Noci, in cui è riproposto in grande lo schema della Natività, del 1742, del Tesoro di S. Gennaro.
Il dipinto fu eseguito su commissione del beneficiato F.A. Longo, primicerio di S. Leone di Castellana, quale discendente dei fondatori Martucci, attraverso Vittoria Lenti di Noci, sua madre (Piepoli, 1988, p. 13).Del 24 genn. 1768 è una lettera del pittore scritta da Castellana a un don Michele di Conversano (probabilmente don Michele Manuzzi) affinché intercedesse presso le monache di S. Benedetto di Conversano per concedergli quei pochi ducati in più da lui richiesti per la fattura di due tele eseguite non "per l'utile, quanto per l'onore, imperciorché quel poco lucro subito si consuma [e lui dichiara di dover sostenere una famiglia di dieci persone] ma l'onore perpetuamente dura" (Lanera, 1968, p. 16). Le due tele possono essere identificate con quelle rintracciate da D'Elia (1968, p. 215) nei depositi della chiesa di S. Benedetto; si tratta della Speranza (firmata e datata 1768) e della Carità. Incastonata in un altare ligneo è invece una bella Immacolata a lui attribuita (id., 1982, p. 262). Di due anni dopo (1770) è l'interessante, compositivamente e paesaggisticamente, Miracolo dei ss. Mauro e Placido in un'altra chiesa di benedettine, quella di Massafra, dove proprio in questo anno riceveva la professione di fede una figlia del F., Maria Arcangela (Jacovelli, 1976, p. 508), come le altre quattro sorelle, suor Maria Michela nel suddetto convento di Massafra, un'altra in S. Chiara di Conversano e le ultime due nel monastero dello Spirito Santo a Manduria (Lanera, 1988, p. 10).
Del 1771 e del 1773 sono rispettivamente i due grandi dipinti del transetto del santuario di S. Maria del Pozzo a Capurso, L'Immacolata appare a s. Pasquale e la Vergine col Bimbo appare a s. Francesco e s. Pietro d'Alcantara, importanti commissioni molto lodate per la nobile composizione (Pacifico, 1853, p. 220).
Quella che viene considerata, a giusta ragione, la galleria del pittore è la chiesa del Purgatorio nella natia Castellana. Qui quattro tele, di buona fattura, una Madonna del Suffragio firmata, ma di cui non si decifra la data (una piccola replica è nella chiesa del Purgatorio a Conversano), con cimasa raffigurante S. Francesco Saverio morente, un'Annunciazione firmata e datata 1781 (cimasa con Il Padre Eterno), un S. Filippo Neri in estasi (dal Reni), con cimasa che presenta il Riposo nella fuga in Egitto, e un S. Francesco Borgia decorano gli altari, mentre piccole telette ornano gli scomparti sia della cantoria sia del pergamo.
Della prima fanno parte: al centro, la Madonna col Bambino benedicente (è evidente la precisa ripresa iconografica dal suo disegno del 1741 della Madonna della Consolazione), ai lati S. Matteo, S. Luca, S. Marco, S. Giovanni. Del secondo fanno parte sei quadretti illustranti "i vari modi del suffragio in favore del Purgatorio" (Lanera, 1988, p. 10). Si tratta di cinque figure simboliche e di una Madonna del Suffragio. In quest'ultimo dipinto interessantissima iconograficamente è la figurina di un confratello del Purgatorio (vestito con l'abito settecentesco della confraternita) che versa acqua da una brocca sulle anime purganti.
Oltre al Purgatorio, in Castellana altre chiese possiedono dipinti del K; la chiesa madre di S. Leone tre pale d'altare molto rovinate, La Ss. Trinità e santi, la Madonna col Bambino e due santi vescovi, S. Luigi Gonzaga in gloria con i ss. Maddalena, Antonio abate e Antonio da Padova; la chiesa dell'Immacolata una S. Teresa d'Avila proveniente da S. Francesco d'Assisi; quest'ultima una Annunciazione (originariamente sulla cantoria), un S. Paolo apostolo (originariamente sul pergamo), un S. Leone Magno; ed infine S. Leonardo una Mater Domini e santi molto rovinata. Sono state recentemente attribuiti al F. un Cristo nell'orto di Getsemani, per analogie con la Annunciazione di Putignano (Tagarelli, 1984, p. 97), e un Cristo alla colonna, entrambi nella cappella del Crocefisso in S. Pietro a Putignano e databili al 1783, secondo fonti locali (Giaculli, 1984, p. 103).
Ultima opera del F. è il grande Arrivo dell'icona della Madonna della Madia nel porto di Monopoli per la cattedrale di Monopoli, firmato "Vincentius Fato pinxit, anno aetatis suae 83, A.D. 1788".
La tela era stata commissionata per ornare una delle pareti laterali del cappellone della Madia, mentre simmetricamente doveva essere collocata un'altra tela del F., non più eseguita a causa della sua morte. Il dipinto, ritirato da Castellana dal pittore Antonio Maria Drago, ebbe varie collocazioni nella cattedrale, dall'antisagrestia all'attuale scalone del cappellone della Madia. Per l'originaria destinazione fu interpellato Pietro Bardellino, che eseguì analogo soggetto (Bellifemine, 1979, pp. 173 s., 209).
È, dunque, la Madonna della Madia sicuramente l'ultima opera del F.: egli morì a Castellana il 6 febbr. 1788 e fu sepolto nella chiesa del Purgatorio, dove era confratello.
Pochi giorni prima, il 29 gennaio, aveva fatto aggiungere al proprio testamento del 1785 un codicillo, in cui specificava che "padrona" assoluta della eredità sarebbe stata sua moglie Antonia Picardi e che non avrebbe potuto lasciare più nulla all'Albergo dei poveri a Napoli. Un netto cambiamento, evidentemente di natura economica rispetto al testamento precedente, in cui citava eredi dopo la morte della moglie anche le figlie monache (i due figli maschi non erano nominati perché evidentemente già morti), l'ospedale di Castellana, i poveri del paese e l'erigendo Albergo dei poveri a Napoli.
La moglie del pittore, alquanto più giovane di lui, visse fino al 1813, morendo nella casa dei Fato, in Castellana (Lanera, 1988, p. 10). Esiste a Lecce, nel Museo del convento di S. Antonio a Fulgenzio, un dipinto settecentesco, la Madonna con s. Giovanni Giuseppe della Croce, firmato e datato 178(?) da. Samuele Fato (Scrimieri, 1972, p. 409); si tratta dell'unica opera finora nota di questo pittore, sicuramente non figlio, ma di cui si ignora un eventuale rapporto di parentela con il Fato.
Fonti e Bibl.: A. Pacifico, Un nuovo santuario ed una nuova basilica, Capurso 1853, p. 220; G. A. Galante, Guida sacra della città di Napoli [1872], a cura di N. Spinosa, Napoli 1985, pp. 6, 19, 80; F. Strazzullo, Postille alla Guida sacra della città di Napoli del Galante, in Asprenas, IX (1962), 1, p. 89; M. Lanera, Qualche nota biografica di un pittore poco conosciuto di Castellana. V. F., in L'Alabastro, 1968, n. 8, pp. 2 ss., 16; M. D'Elia, Notiziario. Attività della Soprintendenza, in Bollettino d'arte, s. 5, LIII (1968), 4, p. 215; M. S. Calò, La pittura del Cinquecento e del primo Seicento in Terra di Bari, Bari 1969, p. 85; G. Scrimieri, La Pinacoteca dei frati minori di Lecce, in Almanacco salentino 1970-72, Galatina 1972, p. 409; E. Jacovelli, La chiesa e il monastero delle benedettine di Massafra, in Studi di storia pugliese in onore di G. Chiarelli, a cura di M. Paone, Galatina 1976, p. 508; E. Catello-C. Catello, La cappella del Tesoro di S. Gennaro, Napoli 1977, pp. 47 s., 141; F. Strazzullo, La real cappella del Tesoro di S. Gennaro, Napoli 1978, p. 31; G. Bellifemine, La basilica Madonna della Madia in Monopoli, Fasano 1979, pp. 173 s., 209; Id., La chiesa di S. Francesco in Monopoli, Alberobello 1981, pp. 43, 61; M. D'Elia, La pittura barocca, in La Puglia tra barocco e rococò, Milano 1982, p. 262; M. Pasculli Ferrara, Contributi a Paolo de Matteis e Giovan Battista Lama, in Napoli nobilissima, XXII (1982), p. 52; Id., Episodi di decorazione a San Severo: i dipinti di N. Menzele in relaz. a tutta la sua produzione, in Atti del 5º Convegno sulla preistoria-protostoria e storia della Daunia. San Severo 1983, San Severo 1988, II, p. 158; G. Boraccesi, La pittura sacra a Rutigliano dalle origini al 1800, Rutigliano 1984, pp. 66 s.; A. M. Tagarelli, La chiesa di S. Pietro Apostolo a Putignano: storia dell'arredo interno, Putignano 1984, p. 97; V. Giaculli, La chiesa di S. Pietro Apostolo di Putignano. Lettura storico-artistica, Putignano 1984, p. 103; M. Lanera, Ricordo di V. F., in La Forbice, 1988, n. 63, pp. 10 ss.; P. Piepoli, Un po' di bibliografia per V. F., ibid., p. 13.