FEDERICI, Vincenzo
Nato a Monterotondo (Roma), il 12 ag. 1871 da Gregorio e da Francesca Moreschi, frequentò nella capitale il ginnasio-liceo e il corso di laurea in lettere, che concluse il 17 nov. 1895, riportando la lode al termine della discussione di una tesi di argomento filologico ("Le rime di Rustico di Filippo"), relatore E. Monaci. E come allievo del grande filologo mosse i primi passi sulla lunga strada di ricercatore e di studioso che, già nel 1899, doveva portarlo al conseguimento della libera docenza in paleografia e diplomatica, e all'insegnamento universitario dal 1901, in una prima fase come incaricato, poi (1905) come professore straordinario e, dal 1ºluglio 1910, come ordinario di paleografia e diplomatica nell'università di Roma. In tale veste ebbe la responsabilità del gabinetto di paleografia, fondato dal Monaci nel gennaio 1887. Dal 1918 al 1952 fu direttore dell'Archivio paleografico italiano, la pubblicazione di facsimili voluta - anche questa - dal Monaci, e dal 1935 (anno di costruzione della nuova sede dell'università di Roma) al 1942 direttore dell'istituto di paleografia (l'ultimo anno - 1941-42 - per incarico, a causa degli eventi bellici che avevano fatto ritardare il bando di concorso per il suo successore, A. Cerlini).
Egli tuttavia dové la sua formazione definitiva non solamente alla frequenza delle aule universitarie, ma anche alla circostanza di essere potuto entrare, nel 1898, nella Società romana di storia patria come allievo dell'alunnato posto in essere da quella istituzione (della quale divenne socio il 12 marzo 1902 e segretario dal 21giugno 1905), avendo come collega Pietro Fedele: appare così meglio lumeggiata la figura dell'operatore che privilegia la ricerca erudita e si dedica alla pubblicazione di documenti inediti, secondo un orientamento peculiare dell'epoca, assai ben individuato da A. Pratesi (Un secolo di diplomatica ...). Fu così che il F., già editore del Regesto del monastero di S. Silvestro de Capite (Roma 1899 e 1900), ricevette, nel 1901, dal ministero della Istruzione pubblica l'incarico di condurre uno studio sui monasteri di Subiaco, pubblicato, per quanto riguarda la sua parte, nel 1904. E, via via, pur rimanendo attratto, almeno per un certo periodo, da taluni particolari argomenti di carattere filologico (tra questi troviamo pubblicato nel 1899 quello della dissertazione di laurea), il suo interesse preminente divenne quello dedicato alla edizione di grosse sillogi documentarie, senza che, tuttavia, risultino tralasciati argomenti di epigrafia, cronologia e varia erudizione, e, soprattutto, temi di paleografia, con l'inserirsi, tra l'altro, nella questione dell'origine della scrittura carolina (1908), alla quale ogni paleografo dell'epoca dedicava la maggiore attenzione possibile, nonché con una serie di interventi tesi ad individuare la varietà scrittoria detta "minuscola romanesca".
Come direttore dell'istituto di paleografia viene ricordato per il notevolissimo incremento dato alla dotazione di facsimili (invidiata anche dalla parigina École de chartes) e di riproduzioni di manoscritti, nonché di documenti e fogli di codici reperiti sul mercato antiquario (ne dava un primo resoconto nel 1917; a cura di G. Muzzioli, allievo del F., fu pubblicato un catalogo completo: Università di Roma, Collezioni paleografiche dell'Istituto di paleografia, Roma 1943). Per quanto riguarda la sua opera di maestro, sarà sufficiente rileggere quello che ebbero a scrivere R. Morghen nella Prefazione agli Scritti di paleografia e diplomatica in onore di V. F. (Firenze 1944) e, ancor più sentitamente per essere stato suo allievo, F. Bartoloni nella commemorazione tenuta presso la Società romana di storia patria il 21 dic. 1953: se ne ricava una figura dalle indiscutibili connotazioni per dedizione, cura, capacità.
E a completare il disegno della sua personalità si consideri che dal 1920 al 1924 fu consigliere provinciale e consigliere comunale di Monterotondo, insignito dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (1926); fu dal 1921 al 31 ott. 1944 presidente del consiglio di amministrazione dell'ospedale di Monterotondo, dal 1932 al 1937 membro del consiglio di amministrazione (e dal 1938 al '43 vicepresidente) dell'Istituto dei sordomuti in Roma. I riconoscimenti e gli incarichi collegati alla sua attività di docente universitario furono numerosissimi: oltre che alla presidenza della Società romana di storia patria (dal 1º apr. '43 fino alla morte), lo troviamo socio delle analoghe istituzioni dell'Umbria, Abruzzo e Campania; socio fondatore della Società filologica romana ispettore onorario ai monumenti e scavi per il Comune di Mentana, accademico di S. Luca (1921), commissario straordinario per l'Istituto superiore di magistero (1926), membro dell'Istituto storico in Roma nel 1926 e nel consiglio direttivo di questo dal 29 apr. 1935 (fu responsabile dei Regesta chartarum); dal 1936 al 1939 membro della Commissione centrale per le biblioteche; corrispondente dei Monumenta Germaniae historica, nel 1942 fu nominato professore emerito dell'università di Roma e nel 1944 componente della Giunta centrale degli studi storici; il 4 dic. 1946 venne nominato socio nazionale dell'Accademia dei Lincei (ne era già socio corrispondente), presso la quale fece parte della Commissione per la pubblicazione degli atti delle assemblee costituzionali italiane, e della quale sarà rappresentante nel Consiglio superiore degli Archivi di Stato dall'aprile del 1947 al settembre 1949, allorchè si dimise per motivi di salute.
Dopo la sua morte, avvenuta in Roma il 20 nov. 1953, il Comune di Monterotondo gli ha intitolato una strada, una scuola e gli ha eretto un busto opera di L. Ferri.
Dalla imponente e variegata mole di lavori del F. emergono gli studi dedicati a edizioni di fonti provenienti da istituzioni ecclesiastiche medievali, come i monasteri di Subiaco, la Chiesa di Ravenna e S. Apollinare Nuovo, S. Vincenzo al Volturno. Per quanto riguarda Subiaco, il volume apparso nel 1904 come secondo di due tomi (il primo a cura di F. Hermanin, P. Egidi e G. Giovannoni) presenta un breve regesto di circa 4.600 documenti, preceduto da notizie storiche sulle vicissitudini dell'archivio e della biblioteca, con elencazione del materiale di pregio (incunaboli, epigrafi, ecc.) e un primo serio tentativo di analisi paleografica della scrittura adoperata nei manoscritti appartenenti a quelle fondazioni (cfr. oltre). Il Regesto di S. Apollinare Nuovo (in Reg. chart. Italiae, n. 3) del 1907 contiene oltre 550 documenti conservati presso S. Paolo fuori le Mura, relativi ai secoli X-XVI: dopo una breve introduzione di carattere storico-archivistico, abbiamo la trascrizione completa dei pezzi anteriori all'anno 1000, un transunto per i successivi; mancano i regesti e la tecnica di edizione risente ancora molto della impostazione ottocentesca, anche se proprio in quell'epoca l'Istituto storico aveva provveduto a codificare le norme per un tal genere di lavoro. Solo nel secondo dei due volumi, editi in collaborazione con G. Buzzi e dedicati al Regesto della Chiesa di Ravenna: le carte dell'Archivio Estense, pubblicato nel 1931 (il primo è del 1911), affiora un certo adeguamento alle tecniche più recenti, che consente una migliore utilizzazione dei circa 900 documenti complessivi dal secolo IX al XIV.
Il contributo di maggior respiro, frutto di un impegno assai profondo, è rappresentato dalla edizione del Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni, apparso tra il 1925 e il 1940 nelle Fonti per la storia d'Italia (voll. LVIII, LVIII bis, LIX, LX: il volume contenente la Prefazione, uscito nel '40, è da premettere al vol. del 1925) e completato con le Ricerche per l'edizione..., in Bulletino d. Ist. stor. ital. per il Medio Evo, Arch. muratoriano, LIII (1939), pp. 147-236, LVII (1941), pp. 71-114, nelle quali viene ampliato e approfondito l'esame della complessa tradizione della importantissima fonte tramite minuziose analisi degli apografi, degli scrittori di questi e delle loro caratteristiche grafiche, delle differenze testuali, della posizione dei documenti nei diversi rappresentanti. Nella seconda delle Ricerche viene presa in considerazione la successione degli abati e i vari problemi a questi attinenti sul piano storico.
Il F. dedicò le sue energie anche alla pubblicazione degli statuti dei Comuni del Lazio: quelli di Tivoli (1908), di Roccantica (1910), quelli più antichi di Tivoli (1910), contenuti nel I vol. degli Statuti della Provincia romana, editi sotto la sua direzione, gli statuti di Pontecorvo (1932); nonchè alla preparazione di raccolte di facsimili per le scuole: la prima apparve nel 1907, a seguito degli Esempi di scrittura ... del Monaci, e fu dedicata alla corsiva antica dal I al IV sec. (36 tavv. con analisi paleografica in premessa); la seconda, di mole ben più ampia (La scrittura delle cancellerie italiane, Roma 1934) sia per numero di tavole (114) sia per illustrazione, trascrizione e analisi paleografica, condotta ormai con indiscutibile padronanza e intelligente finezza, anche se appare chiaro il tentativo di giungere alla identificazione di "eventuali caratteri paleografici peculiari delle singole cancellerie", prospettiva questa confutata dal Cencetti (Lineamenti, p. 227) in quanto gli operatori delle cancellerie locali non risultano essere autonomi quanto a formazione scrittoria e, conseguentemente, offrono un quadro sostanzialmente unitario sul piano nazionale.
Numerosissimi i suoi interventi nelle premesse illustrative delle tavole contenute nell'Archivio paleografico italiano e nel Bullettino dell'Arch. paleogr. ital., da lui fondato nel 1908: in quel primo numero comparve il suo studio su IlS. Ilario della Capitolare di S. Pietro, nel quale, sotto l'influenza di Th. von Sickel, propone di vedere nei caratteri di quella semionciale il tipo ripreso nell'epoca carolingia, con conseguente localizzazione in Roma della gestazione complessiva della nuova minuscola: la tesi fu poi agevolmente contraddetta da L. Traube proprio sul piano storico, in quanto l'attività culturale e scrittoria aveva avuto in Francia in quel periodo manifestazioni assai più fervide di quelle peculiari alla zona romana (tra l'altro il Liber diurnus attribuito a Roma risultò essere un prodotto di scrittorio emiliano), e appare ormai inaccettabile sotto il profilo della evoluzione e vita delle forme grafiche nei decenni precedenti la grande riforma carolina. Alla paleografia, come sopra accennato, sono dedicate pagine dello studio sui monasteri di Subiaco, nelle quali il F. suddivide i manoscritti provenienti da quelle fondazioni in tre categorie: quelli in minuscola romana, quelli in minuscola romanesca e quelli in scrittura gotica. L'esposizione da un lato conclude una serie di interventi sulla identificazione della tipizzazione "romanesca" della minuscola carolina (tutti tra il 1900 e il 1904: recensione a B. Albers, Consuetudines Farfenses..., in Arch. della Soc. rom. di storia patria, XXIII [1901], pp. 590-594; Sul regesto della Chiesa di Tivoli, in Bullett. della Soc. filol. romana, 1 [1901], pp. 23-26; 1 codici dell'esposizione gregoriana..., in Arch. della Soc. rom. di st. patria, XXVII [1904], pp. 225-233; L'Evangeliario miniato della Vallicelliana, ibid., pp. 493-496) - tema questo recentemente ripreso su nuove linee critiche e metodologiche da P. Supino Martini, che riconsidera anche i contributi del F. -, d'altra parte costituisce una premessa a quanto più ampiamente proposto nello studio sul s. Ilario.
Non va dimenticata infine l'indagine sulla falsità delle carte di Arborea, pubblicata nel 1904 in Arch. stor. ital., s. 5, XXXIV (1902), pp. 73-108. Per gli studenti il F. preparò dispense relative ai suoi corsi: tra queste ricordiamo quelle apparse a Roma nel 1935 a cura di S. Mottironi, Paleografia latina dalle origini fino al sec. XVIII, e quelle su La supplica e la segnatura della Corte di Roma del 1937.
Fonti e Bibl.: Carteggio familiare presso l'abitazione della figlia Nora, a Roma, via Salaria 221; Roma, Arch. centr. dello Stato, Direz. gen. Istruzione superiore, Proff. univ., fasc. personale; Ibid., Università degli studi "La Sapienza", Arch. dell'lst. di paleografia, Carteggio personale; Monterotondo oggi, n. 23, ottobre 1971, num. speciale (vi è riportato l'atto di nascita); F. Baethgen, Mon. Germ. Hist., Bericht... 1953/54, in Sitzungsberichte der Deutschen Akademie der Wissenschaften zu Berlin, KI. f. Gesellschaftswiss., 1955, p. 3; R. Morghen, Prefaz., in Scritti di paleografia e diplomatica in onore di V. F., Firenze 1944, pp. V-X; Arch. d. Soc. rom. di storia patria, LXXVI (1953), pp. 1-26 (con la bibliografia completa a cura di G. Muzzioli ed elencazione di titoli e riconoscimenti, a cura del medesimo, dalla quale è stato ripreso qualche dato, non altrimenti controllabile); G. Cencetti, Lineamenti di storia della scrittura latina, Bologna [1954-56], pp. 169, 227; A. Pratesi, La Società romana di storia patria scuola di critica diplomatica, in Arch. d. Soc. rom. di storia patria, C (1977), pp. 200, 203; A. Petrucci, La paleografia latina in Italia dalla scuola positiva al secondo dopoguerra, in Unsecolo di paleografia e diplomatica (1887-1986), Roma [1988], pp. 26 s.; A. Pratesi, Un secolo di diplomatica in Italia, ibid., pp. 82, 84; P. Supino Martini, Roma e l'area grafica romanesca (secc. X-XII), Alessandria 1987; Enciel. Italiana, App. II, p. 911; App. III, p. 594; Diz. encicl., IV, pp. 660.