FEOLI, Vincenzo
Nacque a Roma forse attorno al 1760; benché infatti alcuni repertori indichino il 1750 circa come data della sua nascita (Petrucci, 1953, p. 59; Servolini, 1955), considerando che non si ha notizia di sue opere anteriori ai primi anni Novanta del sec. XVIII, sembra poco probabile una sua comparsa sul mercato calcografico romano solo all'età di quarant'anni compiuti.
Di lui sopravvive una ricca produzione che indica la sua graduale specializzazione come traduttore di disegni architettonici, archeologici e topografici. La sua abilità professionale fu probabilmente ampiamente riconosciuta a Roma in quei decenni se al F. venivano affidate le incisioni per le tavole illustrative delle più prestigiose iniziative editoriali dell'epoca.
Non si conosce con precisione l'ambito della sua formazione, benché la sua tecnica incisoria sia influenzata dal linguaggio raffinato, ma secco e didascalico, adeguato alla descrizione documentaria, che la scuola romana sviluppava negli ultimi decenni del secolo, piegando i virtuosismi dell'acquaforte e del bulino, divulgati da veneziani e bassanesi e segnati dalla singolare elaborazione piranesiana, alle esigenze promozionali del mercato antiquario e a quelle celebrative dei varì pontificati.
Attorno al 1790 il F. fu attivo per la Calcografia camerale incidendo una serie di ventiquattro grandi tavole raffiguranti le sale del Museo Pio Clementino (Il Settecento a Roma, 1959, p. 491, nn. 2416-2417; Pietrangeli, 1971, pp. 90 s.; Haskell-Penny, 1981, figg. 36-38; Pietrangeli, 1985; G. Marini, in Giovanni Volpato, 1735-1803, Bassano del Grappa 1988, p. 17).
Le illustrazioni, disegnate da F. Muccinelli, da F. Costa e in pochi casi dallo stesso F., raffigurano con esattezza e grandiosità le nuove sale con le ricche decorazioni e le collezioni esposte, ponendosi sulla scia delle iniziative promozionali portate avanti da Pio VI nei confronti della realizzazione più prestigiosa del suo mecenatismo: il radicale rinnovamento del Museo di antichità dei Vaticano, il cui catalogo in sette volumi ad opera di Giambattista ed Ennio Quirino Visconti (Roma 1785-1807) ne rappresentò il culmine culturale e celebrativo.
Negli stessi anni il F. incise una grande Veduta dell'Ospizio apostolico S. Michele, disegnata da F. Panini nel 1794, in occasione del completamento degli edifici aggiunti per volere di Pio VI (Arisi, 1961).
L'acquaforte del F. descrive con rigore topografico l'ampia veduta, definendo la diversa intensità luminosa della superficie architettonica e dell'acqua del fiume sottostante, mentre il bulino disegna i contorni più mobili e frastagliati della vegetazione, delle imbarcazioni e delle scene di genere che popolano l'immagine (Arrigoni-Bertarelli, 1939, n. 2002; Il Settecento a Roma, 1959, p. 253, n. 1080; Piranesi e la veduta del Settecento a Roma [catal.], Roma 1989, p. 95; un esemplare del Gabinetto comunale delle stampe di Roma, MR 40650, riporta a penna la data 1796).
La stessa raffinata combinazione di acquaforte e bulino si rintraccia in una serie di vedute di interni di chiese romane (S. Pietro, S. Giovanni in Laterano, S. Maria Maggiore, il Pantheon), con didascalie in italiano e in francese.
Il F. in questo caso (tranne che per la veduta del Pantheon dove risulta come disegnatore un Agostino Feoli) è autore anche del disegno che rivela notevole sapienza prospettica e scenografica, con corrispondenze dirette, nell'inquadratura e nell'amplificazione degli spazi, con le vedute degli stessi soggetti incise precedentemente da G. P. Panini e G. B. Piranesi. Le tavole, realizzate a partire dalla fine degli anni Novanta e pubblicate con il titolo Intérieurs des églises de Rome (Thieme-Becker), furono inserite dall'editore A. Franzetti nella Raccolta di 40 vedute antiche e moderne della città di Roma e vicinanze..., costituita anche da incisioni di altri autori come F. Morel e F. Barbazza e pubblicata a Roma nel 1810 circa (Arrigoni-Bertarelli, 1939, nn. 1167, 1301, 2584, 3845; esemplari al Gabinetto comunale delle stampe di Roma, MR 37561-37565).Al 1794 sembra risalire la sua prima collaborazione, con Giuseppe Valadier che si protrasse per circa un ventennio. In quell'anno il F. incise il primo progetto valadieriano per piazza del Popolo, dedicato a Pio VI, in due tavole raffiguranti la pianta e la prospettiva della piazza e degli edifici previsti lungo il perimetro tra la porta del Popolo e le due chiese sul fronte opposto (Petrucci, 1953, p. 59 n. 1404; Il Settecento a Roma, 1959, p. 282; Marconi, 1964, p. 80; Debenedetti, 1985, p. 43 nn. 33-34).
Il progetto di Valadier è conservato presso l'Accademia di S. Luca (P. Marconi-A. Cipriani-E. Valeriani. I disegni di architettura dell'Archivio stor. d. Acc. di S. Luca, Roma 1974, II, p. 29 n. 2715), mentre una copia della prospettiva, che forse costituì il disegno preparatorio per l'incisione corrispondente del F., è conservata presso il Gabinetto comunale delle stampe di Roma (I Francesi a Roma..., 1961, p. 350 n. 907; Architettura del Settecento a Roma nei disegni della Raccolta grafica comunale [catal.], Roma 1991, p. 141 n. 112).
Due anni dopo, nel 1796, apparve la Raccolta di diverse invenzioni di n. 24 fabbriche contenenti chiese ospedali palazzi casini di campagna ed altre incise a bulino in n. 24 tavole con loro rispettive piante e spaccati. In Roma presso l'incisore Vincenzo Feoli... . Sitratta di piante e spaccati di varie tipologie di edifici ideati da G. Valadier e alcuni firmati da un ignoto Citeroni, che il bulino del F. tradusse con un contorno sottile e analitico affine al procedimento razionalizzante della grafica del Valadier (Marconi, 1964, figg. 46 e 128; Debenedetti, 1985, pp. 263 s., 266).
Durante il governo francese, alla fine del secolo, come il Valadier il F. lavorò per la nuova amministrazione, incidendo, come era consueto per molti artisti e incisori dell'epoca, tra cui lo stesso F. Giani, l'intestazione illustrata di una carta da lettere della Compagnie chargée du transport des objects d'arts & c., conservata al Museo Napoleonico a Roma (Mostra di Roma..., 1932; I francesi a Roma, 1961; Museo Napoleonico Primoli, 1966), legando così il suo nome alla nota vicenda del trasferimento delle opere d'arte italiane a Parigi in conseguenza del trattato di Tolentino del 1797.Ma già nel 1804 il Fcollaborò con Carlo Fea, il rappresentante più ortodosso dell'ideologia e della cultura antiquariale pontificie. Egli compare come fornitore di lastre in rame in un Conto dei lavori in S. Pietro in Montorio, dei gennaio 1803, redatto dal Fea, che seguiva il restauro dell'edificio (Biblioteca Angelica, ms. 1601, f. 13v). Nel 1804 il F. incise per l'antiquario una grande pianta archeologica di Ostia, disegnata da G. Verani, secondo le indicazioni dello stesso Fea che aveva diretto gli scavi voluti da Pio VII negli anni precedenti (C. Fea, Relazione di un viaggio a Ostia, Roma 1802; Petrucci, 1953, p. 59 n. 1670). Nel 1806 incise un'immagine di Ponte Milvio su disegno del Valadier, che ne aveva realizzato il restauro nel 1805 e dedicava la stampa al pontefice suo committente.
La veduta della nuova sistemazione del ponte, disegnata entro un tondo, costituisce una versione, ridotta e modificata nel punto di vista, di una stampa di grande formato, disegnata ugualmente dal Valadier e incisa da Giambattista Romero nello stesso anno.
La riduzione del F. fu realizzata per illustrare il frontespizio dei primi cinque volumi delle Memorie enciclopediche romane sulle belle arti, antichità..., di A. Guattani, pubblicati presso Salomoni e poi presso Mordacchini a Roma tra il 1806 e il 1810 (vedi, per il frontespizio, il vol. II, pp. 5 s.; Debenedetti, 1985, p. 45 n. 42). Nel secondo volume delle Memorie enciclopediche (p. 19) compare un'incisione a contorno del F. che riproduce il progetto dei Valadier per la facciata della chiesa di S. Pantaleo, commissionata dai Torlonia (Marconi, 1964, p. 24), e nel quarto volume (p. 98) un'altra incisione del F. divulga un progetto del Valadier per la chiesa degli Agonizzanti. Le stampe, il cui disegno preparatorio risulta opera del figlio di Giuseppe Valadier, Luigi, illustrano brevi note critiche del Guattani sui progetti dell'architetto romano.
Il F. collaborò anche all'opera piùsignificativa del Valadier: Progetti architettonici per ogni specie di fabriche in stile ed usi diversi, inventati dall'architetto camerale Giuseppe Valadier ... disegnati da Luigi Valadier figlio ... incisi e pubblicati da Vincenzo Feoli (Roma 1807).
Nelle incisioni a contorno, corredate di didascalie, i vari progetti sono dedicati a personalità di spicco della vita artistica e culturale romana, da Canova, a Giovanni Torlonia, ad Angelica Kauffrnann. Si tratta di una pubblicazione di facile lettura e grande impatto promozionale nei confronti di tipologie architettoniche di impronta fortemente innovativa (Marconi, 1964, p. 154). Dal frontespizio dell'opera il F. risulta installato nella strada Felice al n. 126.
Negli anni successivi il suo nome si intrecciò alle alterne vicende di una poderosa iniziativa editoriale di restituzione della Roma classica. A partire dal 1804, infatti, Valadier era stato incaricato dal Fea di dirigere una serie di scavi per verificare misure e planimetrie dei monumenti antichi di Roma già descritti nel volume Les édifices antiques de Rome, mésurés et dessinés très exactement (Paris 1682 e poi rist. nel 1779) di A. Desgodetz, per una riedizione aggiornata dell'opera a cura della Calcografia camerale (Memorie enciclopediche..., I, p. 33; II, p. 51; Pasquali, 1992, p. 215). Tuttavia il progetto del Fea fu realizzato in ritardo, probabilmente per la mutata situazione politica determinata dal decreto napoleonico, del 1809, di annessione degli Stati pontifici all'Impero; ed i risultati dei lavori di scavo e rilievo del Valadier confluirono nelle tavole incise dal F. a illustrazione dei sette fascicoli della Raccolta delle più insigni fabbriche di Roma antica ... (Roma 1810-1826), le cui note critiche furono redatte da F. A. Visconti, tornato in auge sotto il breve governo napoleonico (Pasquali, 1992, pp. 221, 226, note 39 s.).
Il successo dell'opera ne permise il suo compimento nei successivi anni della Restaurazione e lo stesso re di Francia Luigi XVIII di Borbone sembra incaricasse il F. di curare l'edizione degli ultimi volumi (Bibl. ap. Vaticana, Autografi Ferrajoli, Raccolta Visconti, n. 2847). Un'edizione completa dell'opera è infatti dedicata dall'incisore al re (cfr. la dedica firmata dal F. nell'esemplare della Biblioteca Sarti di Roma). Carlo Fea realizzò invece la progettata riedizione del Desgodetz soltanto nel 1822, presso l'editore camerale Poggiolini (Les édifices antiques de Rome mésures et dessinés très exactament sur les lieux... Gli edifici antichi di Roma... traduzione con note e il testo originale a lato. Roma MDCCCXXII), facendo reincidere dal F. le stesse tavole dei volumi francesi, mentre le informazioni derivate dagli scavi voluti da Pio VII videro la luce nel Supplemento all'opera sugli edifizi antichi di Roma dell'architetto Desgodetz, pubblicato da L. Canina (Roma 1843, pp. 5 s.; Pasquali, 1992, pp. 216, 221 s., 226 n. 41).
Negli anni del governo napoleonico il F. mantenne la sua posizione di rilievo nel mercato editoriale e calcografico romano. Nel 1809 Marianna Candidi Dionigi pubblicò un erudito diario di viaggio (Viaggio compiuto in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal re Saturno), illustrato da suoi disegni.
La traduzione in incisione dei paesaggi fu affidata a W. F. Gmelin, incisore tedesco della scuola hackertiana, mentre le descrizioni dei siti archeologici furono incise dal F., confermando la sua specializzazione in traduzioni a carattere documentario.
Il F. fu, insieme con P. Ruga e G. B. Cipriani, autore di una pianta archeologica in quattro tavole della villa di Mecenate a Tivoli pubblicata nel 1812 (Arrigoni-Bertarelli, 1939, n. 4669) e negli stessi anni collaborò ad una grandiosa impresa di documentazione archeologica, traducendo in incisioni di grande qualità tecnica molte delle tavole di restituzione dei siti che, tra il 1809 e il 1812, l'architetto F. Mazois, su commissione del governo napoleonico, aveva realizzato durante la sua permanenza a Pompei. Le incisioni firmate del F., insieme con quelle di P. Ruga, A. Testa, G.B. Cipriani, compaiono solo nei primi due volumi dell'opera (Les ruines de Pompei..., Paris 1824; gli altri volumi saranno pubblicati dai continuatori del Mazois tra il 1829 e il 1838).
Confermando il sodalizio con il Valadier, il F. esordì con lui nel nuovo clima della Restaurazione, firmando, forse subito dopo il 1814, un'incisione da un disegno dell'architetto raffigurante il progetto per un monumento celebrativo della vittoria della coalizione contro Napoleone da erigersi al Pincio (Debenedetti, 1985, p. 73 n. 131).
Nel 1819 incise una veduta interna di S. Maria Maggiore, dove era allestito un complesso apparato funebre per Maria Luisa di Borbone Parma, moglie di Carlo IV, re abdicatario di Spagna, esule a Roma. Il disegno originale di G. Subleyras è conservato al Gabinetto comunale delle stampe di Roma (GS 2949). Nello stesso luogo si conserva anche un disegno di F. Ferrari del trasporto funebre della salma della regina, da S. Maria Maggiore a S. Pietro (GS 2950), tradotto in incisione da G. Petrini, su commissione e a cura dello stesso F. come risulta da una perizia giurata di G. Folo esistente nella stessa collezione (GS 2951).
Nello stesso 1819 il F. incise il catafalco eretto in S. Ignazio per le esequie di Maria Isabella di Braganza, moglie di Ferdinando VII re di Spagna. Questa incisione costituisce il frontespizio della relazione a stampa sull'evento redatta dal Guattani (Pompa funebre per le solenni esequie di Maria Isabella di Braganza regina delle Spagne e delle Indie fatte celebrare in Roma da S. M. l'augusto consorte Ferdinando VII l'anno MDCCCXIX..., Roma 1820).
L'opera era corredata da una seconda grande incisione del F. raffigurante la veduta interna della chiesa, addobbata per la cerimonia, in cui compare il catafalco modificato. Come si legge nell'iscrizione e come precisa Guattani, la sistemazione effettiva del catafalco, ideato da Isidoro Velasquez, fu di U. Pentini, che modificò la struttura e le figurazioni allegoriche (ibid., pp. IV, XII, XIII, XIV). Nell'archivio dell'Accademia di S. Luca vari disegni del Fondo Valadier riproducono il catafalco e gli elementi della decorazione; uno di questi può essere individuato proprio come il disegno preparatorio per l'incisione del F. con la veduta interna della chiesa. Si tratta probabilmente di tavole realizzate da Luigi Valadier, che compare nella stampa come disegnatore (P. Marconia A. Cipriani-E. Valeriani, I disegni di architettura..., 1974, cit., II, nn. 2794-2800). In questa serie di stampe è evidente il contributo determinante dell'incisore, che sulla traccia dell'acquerello elabora un sistema sofisticato di segni tali da rendere in dettaglio i soggetti più minuti e la diversa consistenza e qualità luminosa della materia.
Nel 1821 il F. curò, in collaborazione con S. Piale, una raffinata edizione del catalogo delle opere di arte antica della collezione Borghese, con note di E. Q. Visconti che G. G. De Rossi aveva recuperato dopo la morte del famoso archeologo romano (E. Q. Visconti, Illustrazioni de' monumenti scelti borghesiani già esistenti nella villa sul Pincio ... per la prima volta date in luce dal cav. Gio. Gherardo De Rossi e da Stefano Piale sotto la cura di Vincenzo Feoli..., I-II, Roma 1821). Il F. fu probabilmente il supervisore dell'apparato illustrativo dell'opera che è costituito da incisioni realizzate precedentemente da autori attivi a Roma tra la fine del secolo XVIII e l'inizio del XIX. Lo stesso F. firmò una tavola disegnata da B. Nocchi (ibid., II, tav. XXVIII).
Il F. morì a Roma nel 1831 (Petrucci, 1953, p. 59; Servolini, 1955, p. 316).
Fonti e Bibl.: Mostra di Roma nell'Ottocento (catal.), Roma 1932, p. 16 n. 13; P. Arrigoni-A. Bertarelli, Piante e vedute di Roma e del Lazio, Milano 1939, ad Indicem;C. A. Petrucci, Catal. generale delle stampe tratte dai rami incisi posseduti dalla Calcografia nazionale, Roma 1953, pp. 58 s. nn. 1394, 1404, 1405, 1421, 1670, 215 n. 1393, 216 n. 1394, 218 nn. 1404, 1405; Il Settecento a Roma (catal.), Roma 1959, pp. 282 nn. 1231-1232, 491 n. 2416, 253 n. 1080, 356 n. 1577; F. Arisi, Gian Paolo Panini, Piacenza 1961, pp. 288, 290; I francesi a Roma dal Rinascimento agli inizi del Romanticismo (catal.), Roma 1961, p. 323 n. 805; P. Marconi, Giuseppe Valadier, Roma 1964, pp. 24, 80, 154; Museo Napoleonico Primoli, a cura di C. Pietrangeli, Roma 1966, p. 95; C. Pericoli Ridolfini, Rione VI Parione, I, Roma 1969, p. 112 e ill.; C. Pietrangeli, Il Museo di Roma, Bologna 1971, ad Indicem;F. Haskell-N. Penny, L'antico nella storia del gusto, Torino 1981, figg. 36-38; C. Pietrangeli, Cinque secoli di Musei Vaticani, Roma1985, pp. 88-9; L'arte di presentarsi. Il biglietto da visita nel Settecento... (catal.), Roma 1985, p. 113 n. 325; Valadier. Segno e architettura (catal.), a cura di E. Debenedetti, Roma 1985, pp. 43, 45, 73 e passim; Studi sul Settecento, 8, S. Pasquali, Vicende dell'ediz. ital. dell'opera di Desgodetz, Roma 1992, pp. 215-226; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 393; L. Servolini, Diz. illustrato degli incisori italiani, Milano 1955, pp. 316 s.