FLAUTI, Vincenzo
Nacque a Napoli il 4 apr. 1782, ove compì gli studi di matematica e fu allievo, insieme con G. Scorza, di N. Fergola e M. Cecere. Nel 1801 il F. assunse, insieme con Felice Giannattasio, la direzione di una scuola privata di insegnamento superiore fondata circa trent'anni prima dal Fergola. Poco dopo iniziò la carriera presso l'università di Napoli: dal 1803 tenne la cattedra di sintesi, passò nel 1806 a insegnare analisi dei finiti e geometria descrittiva e nel 1812 succedette al Fergola sulla cattedra di analisi sublime.
Gli insegnamenti tenuti dal F. non devono far pensare a una sua propensione per i metodi analitici, con i cui sostenitori fu anzi in aperta polemica: egli può essere considerato uno dei principali esponenti della scuola matematica napoletana dell'800, che si rifaceva nettamente alla tradizione geometrica euclidea, una scuola sicuramente brillante, ma che poteva considerarsi ormai superata.Nel 1806 la commissione istituita dal governo per i libri di testo da adottarsi nelle scuole napoletane approvò la proposta del Fergola di affidare al F. l'incarico di dettare i criteri che doveva seguire un corso di matematiche.
I criteri ispiratori del lavoro compiuto dal F. sono da lui stesso descritti (Del metodo in matematiche, della maniera d'ordinare gli elementi di queste scienze e dell'insegnamento dei medesimi con un'esposizione del corso di matematiche del professor Flauti, dissertazioni lette alla Reale Accademia delle scienze di Napoli l'anno 1821 e che ora si pubblicano per la seconda volta, Napoli 1822). Egli poneva anzitutto a confronto il metodo geometrico antico, il metodo cartesiano e il metodo di G.L. Lagrange, al quale era particolarmente ostile, giungendo ad affermare che questo consisteva semplicemente nello stabilire le "equazioni di condizione", relative a ciò che si voleva trattare, e nel valersi di queste combinandole opportunamente.
Il corso di matematiche ideale - secondo il F. - partendo dalla geometria, doveva proporre in sequenza storica una sorta di antologia che, a cominciare dagli Elementi di Euclide, giungeva, passando attraverso le sezioni coniche, ad Archimede e a Pappo, e infine alla trigonometria. Anche l'algebra, secondo il F., doveva essere insegnata con il metodo euclideo, cioè esplicitando i teoremi. Pochi testi scolastici successivi però si attennero a queste indicazioni.
In realtà il programma esposto dal F. forniva un'esposizione talmente slegata e schematica dei principali temi da trattare nel corso da far supporre che fosse un lavoro redatto da più autori. E, in effetti, nel successivo Prospetto ragionato delle opere componenti un Corso di studi matematici per l'istruzione in tali scienze, l'invenzione e il perfezionamento (Napoli 1841), accanto ad ogni argomento, compariva il nome dell'esponente della scuola matematica napoletana che lo aveva studiato con l'indicazione dell'opera da adottarsi come libro di testo.
Il F. curò edizioni di Euclide (I primi sei libri e l'undecimo e duodecimo di Euclide, Napoli 1810), nonché un trattato di trigonometria e uno di algebra, entrambi con una lunga introduzione storica. Scrisse inoltre un trattato di geometria descrittiva nel 1815 (Geometria di sito sul piano e nello spazio, ibid.), che raccoglieva - rielaborate - le sue lezioni.
Il F. sosteneva l'idea che la geometria descrittiva fosse un complemento della geometria antica. E in effetti molti problemi vennero da lui risolti con tale metodo.
Già il Fergola aveva fatto pubblicare diversi di questi problemi negli Opuscoli matematici della scuola del sig. N. Fergola... (Napoli 1811). L'ottavo opuscolo, curato dal F., affrontava il problema della cilindroide wallisiana, che fu ancora trattato in La misura del cilindroide wallisiano, in Atti dellaR. Accademia delle scienze, IV (1839), pp. 1-11, in cui l'autore volle dimostrare con procedimenti sintetici la cubatura dell'iperboloide rotondo ad una falda; dimostrò cioè geometricamente alcune proposizioni relative più che altro al cilindroide wallisiano, una superficie rigata che si ottiene per rotazione intorno ad uno sferoide schiacciato.
Intorno al 1850 il F. contribuì alla geometria differenziale con alcune osservazioni sulla teoria degli inviluppi (Osservazioni sui metodi proposti dell'illustre Lagrange per le curve inviluppi con altre ricerche affini, in Memorie di matematica e fisica della Società italiana delle scienze residente in Modena, [1850], pp. 251-264). In questo settore egli apprezzava l'opera di Lagrange, pur non perdendo occasione di cercare di dimostrare (in questo caso senza molto successo) la superiorità della geometria sintetica.
Fondamentale intento del F. fu quello di rivendicare il ruolo avuto dalla scuola del Fergola nel far rivivere lo spirito d'indagine scientifica (Della invenzione geometrica, opera postuma di Nicola Fergola ordinata e corredata d'importanti note dal prof. V. Flauti, Napoli 1842). Il libro secondo conteneva anche alcune sue ricerche personali, in particolare su luoghi geometrici.
In un suo successivo scritto, pubblicato postumo (Su due libri di Apollonio Pergeo detti delle inclinazioni e sulle diverse restituzioni di essi, in Mem. di matematica efisica della Società italiana delle scienze residente in Modena, XXV, [1862], I, pp. 223-236), dedicato alla storia delle divinazioni dei libri perduti di Apollonio sulle inclinazioni e all'esposizione dei risultati ottenuti in questo campo da lui e dal suo discepolo R. Minervini, il F. faceva ancora un elogio degli opuscoli della scuola di Fergola pubblicati intorno al 1810.
Il F. si ritirò a vita privata nel 1860. Morì a Napoli il 20 giugno 1863.
Fonti e Bibl.: G. Loria, N. Fergola e la scuola di matematica, Genova 1892, pp. 364-502; F. Amodeo, Vita matematica napoletana (studio storico, biografico, bibliografico), Napoli 1905, pp. 165-191; F.G. Tricomi, Matematici italiani del primo secolo dello Stato unitario, in Atti dell'Acc. d. scienze di Torino, s. 4, I (1962), p. 54.