GAGLIO, Vincenzo
Nacque nel dicembre del 1735 a Girgenti (l'odierna Agrigento), dove compì i suoi primi studi, allievo, nel locale seminario, del domenicano M. Leonardi di Acireale.
Di genere letterario sono i primi interessi del G., che nel 1759 pubblicò a Girgenti le Riflessioni sopra l'arte di ben criticare, uno scritto in cui polemizzava con l'abate di Saint-Réal, C. Vichard, sostenendo che si debbono attaccare i libri e non gli autori, tranne quando questi esprimono tesi contrarie alla religione e alla morale. Ma la vocazione del G. si manifestò a Palermo, dove si era recato a studiare diritto e dove soprattutto, in un ambiente aperto agli influssi del pensiero europeo, sviluppò i suoi interessi in senso filosofico-giuridico. Membro dell'Accademia del Buon Gusto, in cui era diffuso il pensiero giusnaturalista, il G. diede un contributo decisivo alla conoscenza di queste teorie con il suo Saggio sopra il diritto della natura, delle genti e della politica (Palermo 1759), un'opera densa di citazioni e di riferimenti, che rispecchiano la vastità delle sue letture.
Diviso in 19 capitoli, lo scritto fu dedicato a Casimiro Muzio dei baroni di Grottarossa, alla cui attenzione l'autore si rivolge evitando le ridondanze encomiastiche e proponendo con la scelta del toscano un umile ma efficace modello di divulgazione. In realtà non si tratta della semplice trasmissione delle idee altrui. Il G. cita un gran numero di fonti (da U. Grozio a S. Pufendorf, da J. Locke a L.A. Muratori), ma non rinuncia alle sue vedute e all'esercizio della critica. Al centro della sua riflessione si colloca la constatazione dell'esistenza di una "legge naturale" data da Dio all'uomo, che si "manifesta, mercé il lume della diritta ragione". Polemizzando con Pufendorf, il G. sostiene che "i tre principi fondamentali del Gius Naturale" sono "la religione, l'amore di se stesso e la società". Nel Saggio viene spiegata l'origine della società civile secondo le teorie contrattualistiche e viene affermata la necessità del potere monarchico. Il G. ritiene infatti che solo il sovrano può procurare con la sua "protezione e cura quella felicità a cui" gli uomini "aspirano naturalmente" (Saggio, pp. 71 s.). Spetta inoltre a lui "il diritto di comandare sovranamente" (p. 86), in quanto il passaggio dalla "libertà naturale" allo "stato civile" è avvenuto solo grazie alla sua autorità. Riportando il problema del potere a una soluzione monarchico-legittimista, il G. poteva occuparsi anche dello stato presente della Sicilia senza sposare cause troppo radicali e innovative; infatti, si limitava a invocare una riforma legislativa condotta "mercé l'autorità del sovrano", per far cessare il disordine di opinioni e interpretazioni opposte, che stavano alla base di imbrogli e liti interminabili.
Ritornato a Girgenti, dove ricoprì l'incarico di giudice sia civile sia criminale, il G. vi divulgò i principî del diritto naturale con un'inclinazione - già emersa nel Saggio - ad acquisire teorie e principî moderni e a riportarli in genere a soluzioni di tipo tradizionale.
Di questo atteggiamento è espressione l'opuscolo intitolato Problema storico, critico, politico se la Sicilia fu più felice sotto il governo della Repubblica romana o sotto i di lei imperatori? (Opuscoli di autori siciliani, XVII, Palermo 1776), in cui il G. appare un lettore entusiasta degli Essays di D. Hume, che lo confortano nella sua predilezione dell'istituto monarchico. L'autorità del pensatore scozzese era invocata anche sul piano metodologico, in quanto il G. aspirava, come il suo illustre modello, a condurre la sua indagine storiografica da "filosofo", e non da "novellista", come avevano fatto gli autori a lui precedenti nel ricostruire la storia della Sicilia. L'importanza dello scritto del G. esula comunque dalla specifica questione che gli dà l'avvio, e che viene risolta mediante una dimostrazione puntigliosa delle usurpazioni compiute dal governo repubblicano a raffronto della prosperità goduta dalla Sicilia con il favore degli imperatori. In tutto il lungo excursus storico il G. introduce riflessioni proprie della cultura illuministica e propone come rimedio alla crisi demografica ed economica della Sicilia l'incremento del commercio e dell'agricoltura. L'attualità del problema lo induce inoltre a ritornare sul tema delle origini della società, che egli svolge, basandosi sulle dottrine di Locke e T. Hobbes, in chiave antirousseauiana. Secondo il G., infatti, per i suoi sudditi il monarca è principalmente il garante di quel diritto di proprietà su cui si fonda tutta l'organizzazione sociale: un diritto che egli vede insito nella natura stessa dell'uomo e che, pertanto, contro l'opinione di C. Beccaria, è giusto salvaguardare ricorrendo anche alla pena di morte.
Delle oscillazioni del G. tra antico e moderno è sintomatica ancora la Lettera al sig. Pepi sull'estrazione del feto vivente e morboso ne' parti pericolosi e difficili (Opuscoli…, XIX, Palermo 1778, pp. 25-115), in cui il ripensamento delle concezioni sostenute da J.-J. Rousseau mostra, accanto alla ripresa di alcune sue fondamentali posizioni, la preoccupazione di leggere il filosofo "con tutta la circospezione giacché egli è un fiero Deista" (p. 42).
Singolare è lo spunto di questo opuscolo; il G. infatti trae le mosse dalla polemica innescata da uno scritto del medico agrigentino G. Carbonaro sull'opportunità di salvare la madre nei parti difficili, a cui aveva risposto A. Pepi sostenitore delle teorie di K.F. Wolff. Il G. dimostra l'illegittimità dell'uccisione preventiva del nascituro, anche se questi è ammalato e può mettere a repentaglio la vita della madre. Nella sua lunga esposizione egli riversa nella questione clinica i nuclei della sua dottrina etico-giuridica, considerando una manifestazione di violenza la soppressione del figlio. Per il diritto naturale questi non può essere ritenuto "un ingiusto aggressore" e, come tale, meritevole di una pena; per la morale evangelica egli deve essere inoltre amato in quanto prossimo e debole, e destinato, pertanto, a sopravvivere.
Oltre alla trattazione di questioni filosofico-giuridiche il G. mostrò vivo interesse per la storia locale e per i problemi di carattere archeologico e antiquario. Con molto accanimento e vivacità polemica egli sostenne talora le sue tesi, mostrando una buona conoscenza della tragedia classica (di Euripide e di Seneca), che gli consentì di spiegare il mito di Ippolito istoriato sul sarcofago greco custodito nel duomo della sua città (Dissertazione sopra un antico sarcofago di marmo, oggi battistero del duomo di Girgenti, Opuscoli…, XIV, Palermo 1773, pp. 225-306).
Il G. morì a Girgenti il 30 ott. 1777.
Opere: la maggior parte dei suoi scritti sono stati pubblicati negli Opuscoli di autori siciliani. Oltre alle opere citate nel testo si ricordano: Breve dissertazione sopra l'investitura di un villaggio abitato da cento saracini…, IX, Palermo 1767, pp. 57-76; Dissertazione sopra un'iscrizione agrigentina de' tempi di mezzo, XI, ibid. 1770, pp. 287-312; Lettera a S. Di Blasi per servir di risposta alle "Notizie de' letterati" n. VII del sig. A. Rapetti, XIII, ibid. 1772, pp. 271-303. D. Scinà dà notizia che il G. compose inoltre le Memorie storico-critiche dell'attuale città di Gergenti (dalle origini fino al 1773), rimasta manoscritta presso il fratello Raimondo.
Fonti e Bibl.: D.F. De Felice, Excerptum totius Italicae nec non Helveticae literaturae, IV, 1760, p. 266; A. Rapetti, Notizie de' letterati, VII, 1772; D. Scinà, Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo XVIII, Palermo 1852, II, ad indicem; A. Narbone, Bibliografia sicola sistematica, I, Palermo 1850, pp. 151 s., 182, 289, 399; II, ibid. 1851, pp. 18, 34, 384, 390; G.M. Mira, Bibliografia siciliana, Palermo 1875, I, p. 381; Dizionario dei siciliani illustri, Palermo 1939, pp. 233 s.; R. Romeo, Il Risorgimento in Sicilia, Bari 1950, ad indicem; E. Di Carlo, Per la storia della cultura siciliana nel Settecento, in Il circolo giuridico L. Sampolo, XXXI (1961), ad indicem; E. Sciacca, Riflessioni del costituzionalismo europeo in Sicilia, Catania 1966, p. 96; T. Mirabella, Fortuna di Rousseau in Sicilia, Caltanissetta, s.d., ad indicem; F. Brancato, V. G. e gli studi di diritto naturale nel Settecento, in Nuovi Quaderni del Meridione, IX (1971), 35, pp. 339-349; G. Giarrizzo, Illuminismo, in Storia della Sicilia, Palermo 1980, IV, pp. 742 s., 756-758; P. Castiglione, Settecento siciliano, Catania 1982, ad indicem; G. Giarrizzo, La Sicilia dal Cinquecento all'Unità d'Italia, in V. D'Alessandro - G. Giarrizzo, La Sicilia dal Vespro all'Unità d'Italia, Torino 1989, ad indicem.