GIGLI, Vincenzo
Nacque a Roma il 6 ott. 1823 da Francesco, discendente da una nobile famiglia di Anagni, e da Rosa Angelotti. Compiuti gli studi inferiori al Collegio romano, il G. conseguì la laurea in ingegneria nel 1844; nel contempo aveva intrapreso la carriera militare, entrando come cadetto nella Scuola d'artiglieria.
Con il grado di tenente, il G. prese parte nel 1848, sotto il comando di L. Calandrelli, alla campagna del corpo di spedizione pontificio nel Veneto. Aderì successivamente alla Repubblica Romana, e, raggiunto il grado di capitano, si distinse nello scontro di Velletri con le truppe borboniche e nella difesa di Roma dagli assalti francesi, tenendo validamente il comando dell'artiglieria dell'intera linea.
Congedato dall'esercito pontificio nell'ottobre 1849, il G. guardò con fiducia all'azione di G. Mazzini, il quale, forte del prestigio conferitogli dall'esperienza della Repubblica Romana, sembrava in quel momento incarnare compiutamente le aspirazioni nazionali italiane. Il G. aderì così all'associazione nazionale L'Italia del popolo, promossa dal Mazzini, e, in particolare, fece parte del consiglio di guerra, che, alle dipendenze di un comitato centrale romano, aveva il compito di costituire i quadri militari di una futura insurrezione.
Nel 1850 il G. fu tra gli ispiratori dell'opuscolo Le prigioni di Roma (Torino 1851), nel quale H. Bourdel, avvocato alla corte d'appello di Parigi, denunciava le miserevoli condizioni dei detenuti politici romani, trattati come delinquenti comuni. Lo scritto, portato all'attenzione del presidente Luigi Napoleone, provocò l'intervento del governo francese, che ebbe come risultato il trasferimento dei prigionieri politici nelle carceri di S. Michele.
Attorno al 1852 si produsse all'interno della democrazia romana una decisa spaccatura tra l'ala ortodossa di stretta osservanza mazziniana, guidata dal bolognese G. Petroni, e una più moderata, in cui figurava il G. insieme con uomini quali C. Mazzoni, A. Berni, C. Croce. Il contrasto divenne insanabile dopo i fatti del 6 febbr. 1853 e si palesò chiaramente con il manifesto del 9 aprile seguente, redatto dal G., ove si invitava all'unità nella lotta per l'indipendenza e a mettere da parte pregiudizi e parole d'ordine, fonti solamente di discordia.
La presa di distanza dai mazziniani intransigenti non evitò al G. e ai suoi amici il coinvolgimento nella repressione dell'agosto 1853. Arrestato nel novembre successivo, il G. venne processato e condannato nel 1854 dal Supremo Tribunale della Sacra Consulta a cinque anni di carcere per ripristinazione di società segreta e insurrezione contro il governo legittimo. Durante la detenzione, ebbe modo di maturare una definitiva presa di distanza, già evidente durante il processo, dal mondo delle società segrete e dai "grotteschi predicatori di radicali cambiamenti sociali" (così si esprimeva in una lettera del 1855 indirizzata al cugino mons. C. Gigli, vescovo di Tivoli). Nel 1856 il G. poté commutare la pena residua con l'esilio e negli anni seguenti, pur non rivestendo più un ruolo di primo piano, mantenne contatti con gli uomini del liberale Comitato nazionale romano, di cui poteva a buon diritto considerarsi, grazie al manifesto del 9 apr. 1853, uno dei fondatori.
Dopo il 1870 il G., rientrato a Roma, assunse per alcuni anni il comando del corpo dei vigili. Si occupò, in qualità di intendente della Società romana delle miniere di ferro, delle questioni tecniche relative all'individuazione e allo sfruttamento dei giacimenti. Come presidente della Banca popolare di Roma e della Società centrale operaia romana il G. si interessò anche dei più generali problemi dello sviluppo economico italiano alla fine del secolo.
Il G. morì a Roma il 10 marzo 1911.
Fonti e Bibl.: Per gli atti del processo che coinvolse il G. si veda: Supremo Tribunale della Sacra Consulta, Relazione delle risultanze processuali sulla romana di ripristinazione di società segreta e di promossa insurrezione, in Arch. di Stato di Roma, b. 405, fasc. 1128, in particolare pp. 424-448. Documenti concernenti il G. sono conservati nel Museo centr. del Risorgimento di Roma, bb. 402, ff. 5, 7; 62, f. 17. Cfr. inoltre G. Mazzini, Scritti editi ed inediti (per la consultaz. si rinvia agli Indici, a cura di G. Macchia, II). Altre notizie in F. Spatafora, Il Comitato d'azione a Roma dal 1862 al 1867. Memorie, a cura di A.M. Isastia, I-II, Pisa 1982-84, pp. 59, 86, 90, 834, 836.
Si soffermano su alcuni momenti della vita del G., R. Ambrosi De Magistris - I. Ghiron, Roma nella storia dell'Unità ital., Torino 1884, pp. 303, 321, 324, 331; R. De Cesare, Roma e lo Stato del Papa dal ritorno di Pio IX al 20 settembre, Roma 1907, I, pp. 159-161, 165, 167, 169; II, pp. 30, 36, 246, 273; P. Moderni, I Romani del 1848-49, Roma 1911, p. 362; G. Leti, Roma e lo Stato pontificio dal 1849 al 1870. Note di storia politica, II, Ascoli 1911, pp. 105, 121; I. Bellini, Il Comitato naz. romano e il governo ital. nel 1864, in Rass. stor. del Risorgimento, XIV (1927), p. 128; S. Guglielmetti, G. Mazzini e i suoi seguaci di Roma dal luglio 1849 alla fine del 1853, ibid., XVI (1929), pp. 82, 90, 105, 125; F. Della Peruta, I democratici e la rivoluz. italiana…, Milano 1958, ad indicem; F. Bartoccini, La "Roma dei Romani", Roma 1971, ad indicem; A.M. Isastia, Roma nel 1859, Roma 1978, ad indicem; G. Stopiti, Galleria biogr. d'Italia, Roma 1878, sub voce; Diz. del Risorgimento nazionale, III, sub voce.