GIUFFRIDA, Vincenzo
Nacque a Catania il 22 giugno 1878 da Rosario - discendente da una nota famiglia borghese i cui antenati avevano tramandato, di padre in figlio, l'esercizio dell'attività notarile - e Caterina De Luca. Dopo aver conseguito, nel 1899, la laurea in giurisprudenza si dedicò inizialmente a studi di teoria economica.
Ancora studente, nel 1897, aveva partecipato al premio Tenore dell'Accademia Pontaniana di Napoli, prevalendo sull'altro candidato Arturo Labriola, grazie al sostegno di B. Croce (Marucco, 1987, p. 256). Lo stesso Croce aveva proposto, su suggerimento di G. Sorel, il tema da trattarsi in quell'occasione, e cioè il terzo libro del Capitale di Marx: nel lavoro del G. (Il III volume del "Capitale" di Karl Marx. Esposizione critica, Catania 1899) la lettura critica non si discostava dalle tesi di A. Loria e di Sorel, particolarmente in voga a quel tempo, e, tuttavia, il testo si faceva apprezzare - come scrisse il Croce nella relazione al concorso - per la solida conoscenza delle dottrine economiche evidenziata dall'autore, per "una precisa informazione della letteratura critica intorno a Marx" e per "un'esposizione del pensiero di questi assai precisa, lucida ed ordinata" (cit. in Marucco, 1987, p. 257). Successivamente, il G. aveva proseguito la ricerca teorica pubblicando, sulla Rivista italiana di sociologia (IV [1900], pp. 615 s.), la nota Di alcuni recenti studi sulla filosofia di Carlo Marx.
Di fronte alla difficoltà di ottenere un'adeguata occupazione nel campo della ricerca, il G. decise di entrare nella pubblica amministrazione: nel 1902 fu assunto come impiegato straordinario del Commissariato per l'emigrazione, istituito l'anno prima, e, poco dopo, ebbe inizio il suo solido rapporto con F.S. Nitti, nel frattempo divenuto membro del Consiglio dell'emigrazione.
Tracce di una corrispondenza con Nitti risalgono al 1907 e hanno per oggetto lo studio delle condizioni degli emigranti e, in particolare, dei problemi relativi alle assicurazioni. Nel tentativo di correggere precedenti errate impostazioni, per le quali gli interventi previdenziali si erano risolti in un fallimento, il G. rielaborò i dati statistici sulla mortalità con l'obiettivo di pervenire a premi più bassi e quindi più accessibili. In generale le sue idee sull'emigrazione, inizialmente inserite nel filone del liberalismo progressista, andarono successivamente incanalandosi nelle pieghe di un rigido interventismo statale e a questo subordinate. Indicativo esempio di tale orientamento è la conferenza dell'aprile 1913, presso l'Istituto coloniale italiano, in cui sostenne il carattere innovativo dell'emigrazione del nuovo secolo, non più causata soltanto da miseria e disoccupazione, ma anche dalla ricerca di nuove occasioni imprenditoriali e più ampi mercati; per il G. le nuove condizioni rendevano necessari provvedimenti legislativi e accordi internazionali nei quali lo Stato avrebbe dovuto svolgere sempre più un ruolo attivo di tutela e di controllo.
La collaborazione con Nitti, soprattutto dopo che questi fu chiamato al ministero d'Agricoltura, Industria e Commercio, s'intensificò ulteriormente, nel 1911 con la nomina a capo di gabinetto e, nel 1912, con quella a direttore generale del Credito e della Previdenza. Tra l'aprile 1911, data a cui risale il progetto di monopolio pubblico dell'assicurazione sulla vita, e l'aprile 1912, data della legge che fondava l'Istituto nazionale delle assicurazioni (INA), il ruolo svolto dal G., insieme con A. Beneduce e a fianco di Nitti, fu di assoluta preminenza.
Ottenuto il consenso del presidente del Consiglio G. Giolitti, Nitti si rivolse al G. e a Beneduce per essere assistito in tutta la preparazione legislativa; la nuova società colpiva gli interessi di banche e assicurazioni private e avrebbe costituito, in caso di successo, un precedente in grado di produrre profonde trasformazioni nell'economia del Paese. Il ruolo del G. non riguardò solo la preparazione del progetto, ma anche la sua iniziale esecuzione; in questa circostanza egli poté mettere in pratica gli studi attuariali e assicurativi maturati negli anni precedenti e verificarne l'attendibilità operativa. Dopo che l'attività dell'Istituto fu avviata, il G. ottenne, come si è detto, la nomina a direttore generale del Credito e della Previdenza; anche in questa veste proseguì il suo impegno nei confronti dell'INA: nel 1914, per esempio, quale membro della Commissione per il lavoro all'estero e la riassicurazione, espresse parere favorevole sia a che l'attività dell'INA riguardasse anche cittadini non italiani, sia a che la garanzia dello Stato fosse estesa alle polizze emesse all'estero; ciò, naturalmente, comportava lanciare l'Istituto nella competizione internazionale e fornirlo, pertanto, di mezzi idonei a reggere il confronto.
Come direttore generale del Credito e della Previdenza il G. si occupò particolarmente della tutela del risparmio, fornendo a Nitti gli elementi per la presentazione di un disegno di legge sul riordinamento dei servizi del ministero; più in generale molte sue memorie preparate in questo periodo (sui problemi dell'agricoltura meridionale, sulla cooperazione, sulle casse di risparmio, sul bilancio dello Stato) costituirono la base dell'attività parlamentare e politica del ministro (vari interventi sono raccolti nella pubblicazione ministeriale Annali del Credito e della Previdenza). Sempre in questi anni, per le particolari funzioni svolte nella regolamentazione dell'attività dei porti, il G. fu oggetto, in Parlamento e sulla stampa, di pesanti attacchi, ispirati da quelle categorie i cui interessi erano stati danneggiati da questi regolamenti.
Nello stesso periodo il G., che in precedenza aveva vinto un concorso per l'insegnamento dell'economia negli istituti tecnici, intrattenne rapporti con esponenti del mondo universitario, come conferma, tra l'altro, la corrispondenza intercorsa con l'economista piemontese G. Prato, negli anni 1911-15.
Allo scoppio del primo conflitto mondiale la Banca d'Italia si trovò nella necessità di presentare un decreto di "moratoria" - di fatto un blocco parziale dei depositi e una proroga sullo sconto delle cambiali - pubblicato il 4 ag. 1914, e poi ulteriormente prorogato; il G., d'intesa col direttore generale della Banca d'Italia, B. Stringher, fu investito, per conto del ministero competente, della responsabilità di alcune circolari applicative con le quali si cercò non solo di fornire un'interpretazione al provvedimento di legge, ma anche di ristabilire un ordine in rapporti economico-finanziari complessi che da tali provvedimenti eccezionali erano stati inevitabilmente sconvolti (cfr. Arch. storico della Banca d'Italia, Sconti, b. 289). L'avvio dell'economia di guerra comportò, inoltre, la necessità di un coordinamento della politica degli approvvigionamenti, che, dal dicembre 1914, fu affidato al Giuffrida.
Suo principale incarico fu inizialmente quello di determinare il fabbisogno nazionale di grano e quindi provvedere all'acquisto; successivamente furono previste competenze sempre più ampie, motivate con l'eccezionalità della situazione. All'inizio del 1915 fu istituito l'Ufficio temporaneo per l'approvvigionamento del grano (UTAG), posto alle dipendenze della direzione generale del Credito e della Previdenza, mentre l'unificazione di tutti i servizi di approvvigionamento fu realizzata solo nel settembre 1916. Notevoli difficoltà si presentarono al G. nell'espletamento di tale incarico, che riguardava un ambito tradizionalmente dominato dai privati; tuttavia, nel dirigere e coordinare tale attività egli si distinse per la particolare determinazione che lo portò a rivendicare la necessità di una drastica riduzione delle importazioni, seguita, quindi, da una sensibile riduzione dei consumi interni. Il G. venne, dunque, a trovarsi in possesso di un potere decisionale assai rilevante, che, pur se connotato dal carattere tecnico delle funzioni e benché temporaneo (perché legato alla contingenza bellica), godeva comunque della continuità propria dell'alta burocrazia statale - di cui il G. era un membro eminente -, destinata a sopravvivere ai mutamenti delle compagini ministeriali.
Dopo Nitti, il G. lavorò alle dipendenze dei ministri G. Cavasola, G. Raineri e S.B. Crespi, da cui si fece apprezzare per il dinamismo e la costante disponibilità.
Nel novembre 1916 il G. accompagnò Raineri in missione a Parigi e Londra per organizzare l'acquisto di cereali dai paesi produttori; tale iniziativa fu correlata al piano di razionamento del pane e della pasta preparato dal G., piano che, comprensibilmente, incontrò notevoli ostacoli in sede politica, per il suo carattere impopolare. Dalla fine del 1917, il G. operò in buona sintonia con Crespi, sottosegretario agli Interni per gli approvvigionamenti e i consumi alimentari (novembre 1917 - maggio 1918), quindi ministro quando il sottosegretariato fu trasformato in ministero (maggio 1918 - giugno 1919). Questi, accantonando la iniziale propensione liberista, fece suo il programma del G. di contenimento dei consumi, limitandosi a favorire una conduzione manageriale del servizio; inoltre sia il G., sia Crespi tentarono di porre argine agli episodi di affarismo che le commesse di guerra determinavano in gran numero.
Nell'autunno 1917, dopo il ritorno di Nitti al governo come ministro del Tesoro nel gabinetto Orlando, il G. fu progressivamente investito di nuove responsabilità: dal febbraio 1918 fece parte della Commissione per la riforma della pubblica amministrazione, dando, in particolare, il suo contributo sul problema della semplificazione dei controlli; dal marzo dello stesso anno, insieme con C. Conti Rossini, direttore generale al ministero del Tesoro, e con Beneduce, si occupò dell'Istituto nazionale per i cambi con l'estero, appena istituito.
Nel nuovo organismo, voluto da Nitti e presieduto da Stringher, il G. svolse il delicatissimo compito di gestire i prestiti statunitensi per l'acquisto all'estero di merci da rivendere sul mercato interno. Estendendo ulteriormente i suoi poteri, trattò anche i prodotti che l'industria nazionale, impegnata nello sforzo bellico, non era in grado di produrre.
Nel gennaio 1919 il G., nell'ambito dell'attività della Giunta tecnica interministeriale per gli approvvigionamenti, curò la pubblicazione e scrisse la prefazione del volume Alcuni indici della economia italiana durante la guerra con raffronti internazionali (Roma 1919), in cui descrive lo sforzo del paese in guerra e indica i pericoli del dopoguerra, individuati soprattutto nel deficit del bilancio e nell'inflazione.
La sempre più diffusa presenza dello Stato, estesa negli anni di guerra a ogni settore dell'economia, aveva determinato la reazione sia di quanti erano stati danneggiati dalla nuova politica economica, sia di molti interpreti del pensiero liberista; in tale quadro si inserisce la campagna di stampa, proseguita per tutto il 1918, contraria a questo indirizzo e rivolta in particolare contro il G., svoltasi soprattutto sulle pagine del settimanale L'Unità di A. De Viti De Marco e G. Salvemini.
Il G., in numerosi articoli affidati a E. Giretti, era descritto sarcasticamente come il funzionario enciclopedico, per l'alto numero di cariche accentrate sulla sua persona, prototipo ed esponente di un'alta burocrazia statale che aveva utilizzato la guerra per estendere il proprio intervento nel commercio e nell'industria. Nella stessa direzione, sia pure con approfondimenti analitici di maggior respiro, andava anche la denuncia di L. Einaudi contro "i padreterni", coloro, cioè, che pretendevano di dirigere dall'alto la vita economica nella presunzione di essere infallibili; primo fra questi il G. che, durante la guerra, era stato uno dei massimi regolatori dell'economia italiana.
Presidente della Commissione interalleata per i soccorsi all'Austria nel 1919, a novembre di quell'anno il G., che continuava ad avere nel Nitti il suo principale referente politico, si presentò con successo alle elezioni politiche per la XXV legislatura, a Catania, come esponente radicale in una lista liberal-socialista guidata dall'anziano G. De Felice Giuffrida e di cui facevano parte, tra gli altri, E. Pantano e G. Carnazza.
In questa sua prima campagna elettorale il programma del G. si basò sul riconoscimento delle nuove realtà costituite da popolari e socialisti che, a suo parere, avrebbero dovuto assumere responsabilità di governo insieme con le tradizionali forze liberali rinnovate in uno sforzo di comune mediazione. Il G. fu, in ogni caso, un convinto assertore del decentramento amministrativo, di una riforma democratica del Parlamento e di un equilibrato rapporto tra economia privata e pubblica. E proprio a quest'ultimo punto, nel dicembre 1919, dedicò il suo primo intervento alla Camera, cui fece seguito un polemico articolo di Einaudi sul Corriere della sera cui il G. replicò sulla turatiana Critica sociale. In effetti, venivano a scontrarsi due filosofie economiche tendenzialmente opposte, liberismo e dirigismo statale, attraverso le quali era facile pervenire a conclusioni e rimedi profondamente diversi, in particolare sui problemi relativi alla svalutazione della lira e al controllo dei cambi.
Il risultato della consultazione elettorale attribuì grande forza a socialisti e popolari e indebolì Nitti che, nel maggio 1920, dopo un rimpasto, costituì un nuovo governo, destinato a durare solo tre settimane. In quest'ultimo gabinetto, il G. fu chiamato come sottosegretario al ministero dell'Industria, Commercio e Lavoro con delega per la marina mercantile, i combustibili nazionali, l'aeronautica civile e la navigazione di Stato.
La nomina fu fortemente osteggiata dagli armatori liguri, ma difesa dal presidente del Consiglio che tranquillizzò gli oppositori, sostenendo che l'opera del sottosegretario sarebbe risultata "magnificamente ricostruttrice" (Archivio F.S. Nitti, b. 52).
Nel 1920 il G. promosse la pubblicazione dell'edizione italiana del volume di J.M. Keynes, Le conseguenze economiche della pace (Milano). Nella prefazione, da lui curata, egli sottolineava come la guerra avesse prodotto trasformazioni radicali che impedivano un ritorno alle condizioni precedenti. Si prefigurava pertanto un diverso ruolo dello Stato, comune alle principali economie del mondo, come anche l'esperienza tedesca di W. Rathenau stava a dimostrare.
Dopo lo scioglimento anticipato delle Camere, nel maggio 1921 il G. si ripresentò e venne rieletto, insieme con Carnazza, in una lista catanese forte di un ampio consenso, che mirava a raccogliere l'eredità di De Felice Giuffrida.
In questo momento il G. intravide nella politica la possibilità di applicare concretamente il suo modello dirigista di economia associata non più solo all'interno dell'amministrazione dello Stato, né nelle condizioni eccezionali dovute alla guerra. Le circostanze elettorali gli consentivano, anzi, di estendere tale modello e adattarlo alla particolare realtà siciliana.
L'attività parlamentare del G. si sostanziò nella presentazione di due disegni di legge riguardanti l'economia siciliana (nel febbraio 1920 sulla riforma agraria, nel maggio 1922 sui problemi del latifondo) e in alcuni discorsi in aula (sull'occupazione delle terre, sul latifondo, sull'industria dello zolfo) che costituivano la traduzione operativa di una visione sociale aperta alle nuove tendenze, e tuttavia saldamente inserita nel filone di una modernizzazione di stampo radicale e nittiano. Nel 1920 e nel 1921 il G. fece anche parte di due commissioni parlamentari d'inchiesta, quella sulle violenze fasciste al Comune di Bologna e quella sulla legge di avocazione allo Stato dei profitti di guerra. Dal giugno 1921 al febbraio 1922 il G. fu ministro delle Poste e Telegrafi nel governo Bonomi.
In questa veste, egli si fece promotore di un progetto per la costituzione di aziende autonome per la gestione dei servizi di poste, telegrafi e telefoni, di modo che l'esercizio fosse sottratto ai condizionamenti del mondo politico. La proposta conteneva anche un'interessante proposta finanziaria, prevedendo l'autonomia economica di tali aziende attraverso l'emissione di obbligazioni garantite dallo Stato.
Negli anni immediatamente successivi il G. lottò tenacemente nel tentativo di contrastare l'ascesa del fascismo, al quale, invece, aveva aderito il suo vecchio compagno di lista, Carnazza. Nelle elezioni del 1924, riuscì ancora eletto in una lista autonoma; dopo l'assassinio di G. Matteotti, entrò nell'Unione nazionale di G. Amendola, partecipando all'Aventino, ma schierandosi fra coloro che propugnavano il ritorno al lavoro parlamentare.
Alla fine del 1925, diede alle stampe Problemi d'oggi (Catania), un volume antologico nel quale, riassumendo le principali tappe di un'intensa attività politica, volle riaffermare il senso del suo impegno.
Nell'interessante prefazione, il G., pur rivendicando la sua opzione per uno Stato forte fondato sulla "certezza e chiarezza del diritto, l'eguaglianza legale dei cittadini, la definizione dei limiti delle libertà individuali", faceva qualche timida avance nei confronti del fascismo, riconoscendogli il merito di aver arrestato il disordine bolscevico e di aver, in qualche circostanza, fatto proprie le forme di quella economia associata da lui sentita come opportuna nella fase di passaggio tra guerra e dopoguerra.
Nel dicembre 1926, in seguito all'entrata in vigore della legge sullo scioglimento di partiti e gruppi politici che conducessero azioni contrarie al regime, il G. fu dichiarato decaduto dal mandato parlamentare. Egli proseguì la sua attività nel Consiglio di Stato, organo nel quale era entrato nel 1917, e di cui rimase membro nonostante un decreto che dava facoltà al governo di espellere quanti non dessero piene garanzie di uniformarsi al fascismo. E in effetti, dopo il 1927 non sembra trovare riscontro quella orgogliosa posizione antifascista del G. che tanto piacque a Nitti di sottolineare nel secondo dopoguerra.
È probabile che quest'ultimo fosse stato tanto infastidito dal contributo di Beneduce al fascismo da esaltare l'emarginazione del G., senza chiedersi se questa non fosse invece dovuta a una scelta del regime. Infatti dalle carte della Polizia politica si riceve piuttosto l'impressione che il G. avesse cercato in tutti i modi l'occasione di un rientro, per esempio come commissario del Consorzio zolfiero, nell'estate del 1928, o alla guida del Banco di Sicilia, dopo la crisi economica del 1929; nel 1932 si parlò di lui addirittura come di un possibile ministro delle Finanze al posto di A. Mosconi. L'avvicinamento del G. al fascismo dovette sembrare ancor più naturale con la nascita dell'Istituto per la ricostruzione industriale (IRI) e il crescente interventismo statale, che costituivano la realizzazione concreta di una politica economica da lui fortemente auspicata. Se tale condizione non si verificò, fu soprattutto dovuto alla forte opposizione dei massimi rappresentanti, anche siciliani, del partito fascista, con cui il G. si era scontrato fino all'ultimo e, probabilmente, anche per la mancanza di un rapporto diretto con Mussolini, che, in casi analoghi (si veda Beneduce), aveva consentito di eliminare ogni ostacolo.
Il G. si dedicò, allora, all'attività nel Consiglio di Stato, pure se gli venne negata la nomina a presidente di sezione.
Nel 1932 collaborò agli studi in occasione del centenario dell'istituzione (Il Consiglio di Stato e gli ordinamenti corporativi, in Consiglio di Stato. Studi del centenario, Roma) e, nel 1937, al volume Il Consiglio di Stato nel quinquennio 1931-1935 (ibid.). Nel 1936, insieme con il vecchio collega G. Pietra, aveva pubblicato un'approfondita ricerca sull'esperienza bellica, Provital. Approvvigionamenti alimentari d'Italia durante la guerra 1914-1918 (Padova).
Il G. morì a Catania il 5 marzo 1940.
Del G., oltre a quanto già citato, si ricordano: I progressi tecnici nell'industria dei trasporti marittimi e il ribasso dei noli, Roma 1904; Sull'istituzione di un ministero del Lavoro. Relazione, Bologna 1907; L'assistenza all'emigrante, Roma 1913; Commissione per lo studio della riforma dell'amministrazione dello Stato, Relazioni e proposte, ibid. 1919; Il mercato edilizio italiano nel quinquennio 1927-1931. Note e appunti, ibid. 1932; Problemi di ieri e di oggi, con Prefazione di F.S. Nitti, ibid. 1945.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri, Guerra europea, b. 17; Ibid., Riforma della pubblica amministrazione (1921-24), b. 16; Polizia politica, cat. I, Fascicoli personali, V. G., b. 607 (1928-41); Archivio F.S. Nitti, bb. 11, 14, 17, 19, 21, 49, 52, 56, 76 (1907-45); Carteggi personalità, G.Ranieri, bb. 3-4 (1916-17); ibid., P. Boselli, b. 4 (1917); ibid., G. Paratore, b. 1 (1919); Ibid., Arch. stor. della Banca d'Italia, Fondo Sconti, b. 289 (1914); Fondo Esteri, b. 313 (1918); Fondo Segreteria particolare, b. 334 (1936); Ibid., Arch. storico dell'INA, Carte A. Beneduce, b. 8 (1914); Carte del presidente B. Stringher, s. 2, cart. 8 (1915); Torino, Arch. della Fondazione L. Einaudi, Archivio L. Einaudi, ad nomen (1906-37); Archivio F.S. Nitti, b. 2 (1907-45); Archivio G. Prato, b. 2 (1911-15); Archivio A. Geisser, b. 2 (1921); Atti parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, legisl. XXV, XXVI, XXVII, ad indices.
B. Croce, Relazione sulle memorie inviate pel premio Tenore in risposta al tema "Le dottrine del 3° volume del Capitale di Marx", letta nella tornata del 5 febbraio 1899, in Atti dell'Accademia Pontaniana, XXIX (1899), p. 7; S. Crespi, Alla difesa dell'Italia in guerra e a Versailles, Verona 1938, p. 5; M. Ruini, Profili storici di Amendola, Sacchi, Bissolati, Bonomi, G., Luzzati, Orlando, Croce, Bologna 1953, ad nomen; L. Einaudi, Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), IV (1914-18), Torino 1961, p. 414; R. Colapietra, Napoli tra dopoguerra e fascismo, Milano 1962, pp. 70, 167, 169; M. Ruini, Ricordi, Milano 1973, p. 19; P. Manganaro, V. G.Lo studio sul III libro del Capitale e una "critica del marxismo" (1899-1900), in Arch. stor. per la Sicilia orientale, LXIX (1973), 2, p. 255; E. Santarelli, Storia del fascismo, I, Roma 1973, pp. 82, 249; R. Faucci, Finanza, amministrazione e pensiero economico. Il caso della contabilità di Stato da Cavour al fascismo, Torino 1975, pp. 158 ss., 167; G. Miccichè, Dopoguerra e fascismo in Sicilia, 1919-1927, Roma 1976, p. 121; S. Cassese, Giolittismo e burocrazia nella cultura delle riviste, in Storia d'Italia (Einaudi), Annali, IV, Intellettuali e potere, Torino 1981, pp. 509 s., D. Marucco, Lavoro e previdenza dall'Unità al fascismo. Il Consiglio della previdenza dal 1869 al 1923, Milano 1984, pp. 100-106; F. Barbagallo, F.S. Nitti, Torino 1984, pp. 167, 175-177, 205 s., 213, 218, 223, 229, 233, 249 s., 259, 261, 263-266, 269-271, 427, 444, 469; A. Longo, Il contributo di A. Beneduce alla gestazione e all'organizzazione dell'INA, in A. Beneduce e i problemi dell'economia italiana del suo tempo. Atti della Giornata di studio per la celebrazione del 50° anniversario dell'istituzione dell'IRI, Caserta… 1983, Roma 1985, p. 16; G. Melis, La cultura dell'efficienza nell'amministrazione italiana dopo la prima guerra mondiale, ibid., pp. 163 s., 166, 170-172; R. Faucci, L. Einaudi, Torino 1986, pp. 163 s., 166, 170, 205, 448; G. Giarrizzo, Catania, Roma-Bari 1986, ad indicem; D. Marucco, V. G., funzionario e politico, nella crisi dello Stato liberale, in Annali della Fondazione L. Einaudi, XXI (1987), pp. 253-317; G. Barone, Egemonie urbane e potere locale (1882-1913), in Storia d'Italia (Einaudi), Le regioni dall'Unità a oggi, La Sicilia, Torino 1987, p. 352; S. Lupo, L'utopia totalitaria del fascismo (1918-1942), ibid., pp. 382, 384 s., 417, 420; La Banca d'Italia e l'economia di guerra. 1914-1919, a cura di G. Toniolo, Roma-Bari 1989, p. 337. Inoltre, per la ricostruzione del contesto nel quale si svolse l'attività del G. è utile consultare la voce A. Beneduce di F. Bonelli in I protagonisti dell'intervento pubblico in Italia, a cura di A. Mortara, Milano 1984, pp. 329-356; per l'esame critico della politica di approvvigionamento durante la prima guerra mondiale, si veda in particolare L. Einaudi, La condotta economica e gli effetti sociali della guerra italiana, Bari 1933.