GRADENIGO, Vincenzo
Figlio di Domenico di Polo e di Giustiniana Giustinian di Girolamo di S. Moisè, nacque a Venezia il 23 ag. 1676. Il ramo del casato discendeva dal doge Pietro e aveva stabilito la propria dimora nella contrada di S. Pantalon, in campiello degli Squellini, presso Ca' Foscari.
Il padre e il nonno non si erano particolarmente distinti in politica, ma avevano costruito una notevole fortuna economica, che permise al G. non ancora sedicenne di acquistare, il 25 febbr. 1692, dietro il versamento di 25.100 ducati, il titolo di procuratore di S. Marco de ultra, assunto legalmente al compimento dei diciannove anni. Il 27 febbr. 1696, con un matrimonio altrettanto precoce, il G. sposò Chiara Grimani, figlia di Giovanni del ramo di S. Boldo e di Francesca Barbarigo, nipote del cardinale Gregorio, futuro santo ed esponente di spicco della spiritualità veneta.
Dall'unione nacquero sei maschi, che secondo una prassi non insolita ebbero il medesimo nome, e una femmina: Vincenzo (I; 1697), Vincenzo (II; 1698) detto Pietro, Vincenzo (III; 1701), Vincenzo (IV) detto Giovanni o Zuanne (1703), Vincenzo (V; 1704), Vincenzo (VI; 1711-82) detto Gregorio, abate di S. Margherita di Padova, e Giustiniana, che sposò nel 1722 Zuan Vincenzo (IV) Pisani detto Zuanne, figlio di Vincenzo (I), del ricco ramo di S. Maria Zobenigo detto dei Garzoni, con dimora nel palazzo gotico sul Canal Grande. Dei figli del G. solo Vincenzo (II) intraprese una significativa carriera politica e contrasse matrimonio, assicurando la continuità della famiglia.
Il prestigioso titolo di procuratore consentì al G. un precoce ingresso nella carriera politica, sviluppatasi con regolarità e senza interruzioni fino alla morte in una fitta e articolata serie di magistrature, senza tuttavia raggiungere le alte cariche dello Stato. Esordì nel 1694 come depositario del Banco Giro e passò, nel dicembre, aggiunto ai Riformatori dello Studio di Padova, incarico rinnovatogli nel 1699. Nel 1695 fu dei sopraprovveditori alla Giustizia nova, nel 1696 provveditore alle Beccarie, nel 1697 e 1702 provveditore sopra l'Esazione del denaro pubblico, nel 1700, 1712 e 1719 provveditore sopra Beni inculti. Nel 1704 fu eletto provveditore alla Giustizia vecchia, nel 1707 tansadore, nel 1708 provveditore alle Artiglierie e provveditore sopra Ogli nel 1709, anno in cui entrò tra i Venticinque per l'elezione del doge (Giovanni [II] Corner). Successivamente, fu depositario in Zecca nel 1711, sopraprovveditore alle Decime del clero nel 1712, conservatore e correttore delle Leggi nel 1714. Seguirono, senza soluzione di continuità, spesso interrotte da altri incarichi prima della naturale conclusione, le cariche di revisore e regolatore ai Dazi, di esecutore alla Bestemmia, di provveditore sopra Monasteri, quest'ultima reiterata nel 1717, 1725 e 1728. Nel 1720 il G. fu provveditore sopra Ospedali e luoghi pii, poi savio alle Acque nel 1721 e nel 1725, anno in cui fece parte di una commissione incaricata di un parere sull'opportunità di lasciar scorrere le acque del Sile in laguna per assicurare un più agevole transito alle navi. Insieme con i colleghi si espresse negativamente, confermando la costante volontà veneziana di allontanare i fiumi dalla laguna per impedire che acque dolci e salate si mescolassero. Nel 1722 il G. fu provveditore alle Artiglierie, incarico da cui si dimise nel 1723 per assumere quello più importante di provveditore alla Bestemmia. Nel 1724 fu provveditore alle Beccarie e nel 1727 provveditore all'Arsenal, da dove passò dopo soli due mesi al magistrato della Sanità. Nel 1728, trascorsi quattro mesi come savio alla Mercanzia, fu richiamato ai monasteri.
Nel 1725, adempiendo a un voto fatto per la guarigione del figlio Giovanni, colpito l'anno prima da una grave malattia, il G. compì un pellegrinaggio al santuario mariano di Loreto. Lo accompagnarono la figlia Giustiniana, il genero Vincenzo Pisani e lo stesso Giovanni, che redasse un diario intitolato Viaggio alla Santa Casa di Loreto, conservato manoscritto nella Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. VI, 316 (= 5923).
Il diario è organizzato cronologicamente e per "poste", dalla partenza da Venezia, il 19 maggio, al rientro, il 20 giugno. Alcune osservazioni dell'autore farebbero ritenere che il testo fosse destinato alla circolazione e forse anche alla pubblicazione come guida. Senza particolari slanci religiosi - sono presenti solo le abituali notazioni di carattere liturgico e devozionale sui riti previsti dal pellegrinaggio -, il racconto si snoda in descrizioni di luoghi, paesaggi, vestigia antiche, come quelle di Roma, e peculiarità artistiche. Il tutto è intervallato da osservazioni sulla qualità delle locande o dell'ospitalità delle autorità locali, doverose, trattandosi della famiglia di un procuratore veneziano. Del santuario l'autore offre in dettaglio la descrizione di architetture, statue, oggetti preziosi, reliquie, in particolare per la parte più suggestiva, la Santa Casa. Era l'anno del giubileo e non poteva mancare una puntata a Roma per ricevere l'indulgenza prima di intraprendere la via del ritorno, compiuta ripercorrendo in senso inverso quella dell'andata, fino a Padova, con piacevoli soggiorni nelle ville dei parenti Pisani, tra Rovigo e Fusina e coprendo l'ultimo tratto sul Brenta a bordo del "burchiello".
Il G. morì a Venezia il 12 luglio 1731. Al momento ricopriva la carica di aggiunto al Magistrato all'Adige, alla quale era stato eletto in febbraio.
Lasciò ai figli, insieme con la dimora avita, un notevole patrimonio immobiliare a Venezia, vaste proprietà fondiarie nel Padovano, in Polesine, a Monselice, nel Vicentino, nel Bassanese e a Conegliano. Lasciò inoltre le preziose ville padronali di Padova, Pianiga, Monselice, Vas - presso quest'ultima era una cartiera affittata ai celebri stampatori Remondini - e il grandioso complesso di Angaran presso Bassano.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii veneti, cc. 125, 141; 20, cc. 78-79; Archivio Gradenigo Rio Marin, bb. 343, 364; Avogaria di Comun, Libri d'oro, Nascite, XI, c. 193; Libri d'oro, Matrimoni, VI, c. 137; G. Giomo, Matrimoni per nome di donna…, ad voces; Necrologio dei nobili, 159; Notarile, Testamenti, bb. 1145, n. 100; 1160, n. 372; 1275, nn. 332-334; 1276, n. 131; Cancelleria inferiore, Miscellanea, Notai diversi, b. 31c, nn. 3683, 3741; Segretario alle Voci, Elezioni in Pregadi, regg. 21, cc. 34, 44-45v, 51v, 53-54v, 62, 64, 73v, 92, 97, 100v, 103v, 122, 124, 145-146v, 151v; 22, cc. 41, 52, 57v, 59v, 61v, 82v, 93v, 120v, 128, 130v, 172v; Elezioni in Maggior Consiglio, reg. 24, c. 106v; Dieci savi alle decime in Rialto, bb. 287, n. 803; 315, n. 514; 328, n. 519; 424; 432; 439; Venezia, Biblioteca naz. Marciana, Mss. it., cl. IV, 164 (= 5642); cl. VII, 851 (=8930): Consegi, c. 319v; 854 (= 8933); 855 (= 8934); 858 (= 8937); Ibid., Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 2683; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti…, Roma 1927, pp. 277 s.; Ville venete. Catalogo e atlante del Veneto, a cura di A. Padoan et al., Venezia 1996, ad nomen; G.V. Hunecke, Il patriziato veneziano alla fine della Repubblica, 1646-1797…, Roma 1997, p. 260.