JACOVACCI (Jacobacci), Vincenzo
Nacque a Roma il 14 nov. 1811 da Filippo, un commerciante di pesce, primo di quattro figli; a 18 anni ereditò il negozio paterno, che però lasciò ben presto alle cure del fratello Andrea per dedicarsi all'attività di impresario teatrale. Nel 1834 si sposò con Giacinta Papi, dalla quale ebbe sette figli, sei dei quali morti in giovane età; l'unica sopravvissuta, Giuseppina, fu tenuta a battesimo dalla futura consorte di Verdi, Giuseppina Strepponi. Dopo la morte della moglie lo J. si sposò nel 1865 con la prima ballerina Luigia Brunetti, dalla quale ebbe altri due figli, uno dei quali, Ernesto, seguì la professione paterna.
Il primo appalto dello J. fu nel 1835 quello di palazzo Fiano, un piccolo teatro di burattini di Roma, cui fece seguito, negli anni 1838-46, quello del teatro Valle. Dalla stagione di Carnevale 1840 fino al 1881, anno della sua morte, lo J. gestì ininterrottamente l'impresa del teatro Apollo, il più grande e prestigioso teatro romano nell'Ottocento. Altrettanto stabile e duraturo fu il suo rapporto con il teatro Argentina, di cui ottenne la gestione una prima volta nel Carnevale 1840, quindi ininterrottamente dal 1846 al 1880. Dal 1872, quando l'attività operistica dell'Argentina si ridusse drasticamente a vantaggio della prosa e dei concerti, lo J. fu affiancato da altri impresari, continuando però ad allestire le opere principali. Sempre a Roma ebbe in appalto per breve tempo il teatro Alibert (nell'autunno 1843 e nel Carnevale 1848, ma forse anche in altre stagioni) e l'anfiteatro Corea, che aveva fatto restaurare (appalto novennale dal 1844). Poco prima di morire fu inoltre l'impresario della stagione d'apertura del teatro Costanzi (autunno 1880 - Carnevale 1881).
A differenza di altri grandi impresari italiani dell'Ottocento, che cercavano di estendere la propria attività in più Stati della penisola, lo J. agì quasi esclusivamente a Roma; fuori dall'Urbe la sua presenza è segnalata a Senigallia (primavera 1844-46), Cesena (primavera 1846) e Viterbo (varie stagioni, sulle quali mancano fino a oggi dati precisi). A Roma, dove era sopravvissuta dal secolo precedente la tendenza a concentrare tutte le attività teatrali nelle mani di una sola impresa, lo J. riuscì ben presto a estromettere il concorrente Pietro Cartoni e successivamente, nel 1843-45, il fiorentino Antonio Lanari, che aveva cercato di ottenere l'appalto del teatro Argentina. Grazie all'appoggio dei Torlonia, alle cui dipendenze lavorava e che nei decenni centrali dell'Ottocento divennero proprietari dei più importanti teatri di Roma, lo J. riuscì effettivamente a esercitare per quasi quarant'anni un vero e proprio monopolio nella vita teatrale romana.
La sua politica d'impresario fu ispirata a una certa prudenza, controbilanciata però da un'estrema abilità nell'aggirare gli ostacoli della censura papale, come dimostra la prima di Un ballo in maschera di Verdi al teatro Apollo (17 febbr. 1859), opera già rifiutata dalla censura napoletana. Assai cauto nell'introdurre le novità del teatro straniero (Roberto di Piccardia [Robert le Diable] e Il profeta di G. Mayerbeer, all'Argentina rispettivamente nel 1856 e nel 1871; Lohengrin di R. Wagner e Le roi de Lahore di J. Massenet, entrambi all'Apollo nel 1878), lo J. fu da subito un sostenitore di G. Verdi, alle cui opere dedicò l'intera stagione del 1848, e che scritturò per La battaglia di Legnano (Argentina, 27 genn. 1849) e Il trovatore (Apollo, 19 genn. 1853), oltre che per il già citato Un ballo in maschera. In generale le opere verdiane occuparono un posto di rilievo nel repertorio dei teatri gestiti dallo J., dove venivano rappresentate a poca distanza dalla loro creazione (per esempio, la prima italiana de La forza del destino si tenne all'Apollo nel 1863); tuttavia, poiché lo J. era solito sfruttare il loro successo riproponendole più volte negli anni successivi, si attirò le dure accuse di Verdi di voler risparmiare sugli allestimenti a scapito della qualità delle esecuzioni.
Durante il suo lungo "regno", lo J. conobbe anche momenti di insuccesso: nel febbraio 1841 fu arrestato perché per la prima dell'Adelia di G. Donizetti all'Apollo aveva venduto un numero di biglietti superiore alla capienza del teatro, mentre nell'inverno del 1848, forse anche per via della difficile situazione politica, fece bancarotta e fino al 1851, quando si mise d'accordo con i creditori riuscendo a pagare solo il 6% dei debiti, dovette servirsi di prestanome per conservare l'appalto dell'Apollo e dell'Argentina. Soprattutto negli anni Cinquanta lo J. seppe attirare a Roma i maggiori cantanti del tempo e ridare lustro ai teatri cittadini; in seguito all'incendio dell'Alibert nel 1862 colse inoltre l'occasione per portare il balletto all'Apollo.
Ciononostante, negli ultimi due decenni di gestione dello J. l'Apollo si avviò a una progressiva decadenza; ne sono un chiaro segnale le critiche di Verdi all'allestimento di Aida del 1872; anche in Italia, sulla scia del grand opéra francese, si andava affermando un tipo di spettacolo operistico attento alla totalità dei piani espressivi (testuale, visuale, musicale, coreutico), e il tempo degli impresari quali lo J., con ristretti orizzonti culturali e la tendenza a scritturare due o tre cantanti di grido, a scapito di tutto il resto, era definitivamente tramontato. Insieme con Lanari, Barbaia e Merelli, lo J. fu l'ultimo dei grandi impresari teatrali italiani, in un'epoca in cui il repertorio si cristallizzò sempre più intorno a pochi titoli di successo e in cui di conseguenza lo spazio di manovra e il potere contrattuale degli impresari si ridusse drasticamente. Inoltre l'introduzione anche in Italia del diritto d'autore per le creazioni musicali (1865) andò a tutto vantaggio degli editori musicali, che a partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento diverranno gli interlocutori principali dei compositori e spesso i produttori dello spettacolo operistico.
Intorno alla figura dello J., celebre per il suo volto imberbe, il naso adunco, gli occhiali d'oro, la voce in falsetto e una certa astuzia levantina, crebbero numerosi aneddoti; per esempio, si narra che quando i fondi elargiti dallo Stato per l'Apollo scarseggiavano, lo J. fosse solito recarsi sul ponte S. Angelo con una ventina di ballerine in attesa della carrozza papale, e di far gridare poi a gran voce alle ragazze "viva il nostro sommo Pontefice!" all'arrivo di Pio IX, ottenendo a quanto pare i finanziamenti desiderati. Lo J. era conosciuto negli ambienti musicali anche per la sua spilorceria, giustificata in parte dalla situazione economica non florida della Roma del suo tempo; il "sor Cencio", come veniva chiamato in città sin dai suoi esordi teatrali, fu aspramente criticato dall'editore Tito Ricordi per aver cercato di ottenere a basso costo il nolo della partitura de La traviata ("di che non è capace quel sordido?", lettera a Verdi del 16 genn. 1854). Lo stesso Verdi pochi anni dopo scrisse una lettera allo J. suggerendogli ironicamente di allestire vecchie opere quali l'Armida di Chr.W. Gluck o l'Alceste di G.-B. Lully, per non dover pagare così i costi del noleggio (lettera del 5 giugno 1859).
Lo J. morì a Roma il 30 marzo 1881.
Fonti e Bibl.: I copialettere di G. Verdi, a cura di G. Cesari - A. Luzio, Milano 1913, pp. 198, 570 s., 574, 612; G. Radiciotti, Teatro musica e musicisti in Senigallia, Milano 1893, pp. 89-93; G. Monaldi, Impresari celebri del secolo XIX, Rocca San Casciano 1918, pp. 141-163; C. Montani, Tre impresari: J., Baracchini, Canori, in Il Messaggero, 27 genn. 1927; A. Cametti, Il teatro di Tordinona poi di Apollo, Tivoli 1938, I, pp. 246-259; V. Frajese, Dal Costanzi all'Opera, Roma 1977-78, I, pp. 37-42, 54-57; M. Rinaldi, Due secoli di musica al teatro Argentina, II, Firenze 1978, pp. 737 s.; J. Rosselli, L'impresario d'opera, Torino 1985, pp. 22 s., 146 s., 155, 172; S. Cretarola, Proprietà e impresa nel teatro Valle (1818-1844), in La musica a Roma attraverso le fonti d'archivio, a cura di B.M. Antolini - A. Morelli - V. Vita Spagnolo, Lucca 1994, pp. 224 s.; B.M. Antolini, Teatro e musica a Roma nell'Ottocento attraverso gli archivi familiari, ibid., pp. 237 s., 245; M. Ruggieri, Per un teatro nazionale di musica a Roma: il teatro Apollo tra gestione impresariale e progetti di "teatro a repertorio" (1881-1888), ibid., pp. 245 s.; F. Regli, Diz. biografico…, pp. 265 s.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 743, s.v. Jacobacci; Enc. dello spettacolo, VI, coll. 712 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Appendice, pp. 405 s.; TheNew Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XII, p. 741.