LIGNANI (Legnani), Vincenzo
Figlio di Giovanni, nacque a Bologna intorno al 1519.
Apparteneva a una famiglia che si diceva discendere da nobile lignaggio milanese, ma che in realtà in età medievale era stata impegnata nelle attività di banco e nelle professioni giuridiche e che, nella vita politica cittadina, si era schierata con la fazione detta dei popolari. Una fisionomia compiutamente aristocratica era stata raggiunta dal casato solo all'inizio del Cinquecento; infatti, nella bolla Assumpti di Giulio II (1507), che riformava l'assetto istituzionale bolognese, un membro della famiglia (Antonio Maria Lignani) compare fra i Quaranta, organo collegiale di governo cui era demandata l'amministrazione locale.
Il L. dimostrò presto attitudini per la carriera militare. Esordì nel 1546, in occasione della spedizione inviata da Paolo III in Germania in aiuto dell'imperatore Carlo V contro i protestanti. Come diversi altri gentiluomini bolognesi, accompagnò il comandante del contingente, il duca di Parma e Piacenza Ottavio Farnese, come "venturiere", cioè a proprie spese e senza essere formalmente assunto tra gli ufficiali stipendiati dalla Camera apostolica. Ricevette poi i primi comandi nei contingenti allestiti per la guerra di Parma e della Mirandola, intrapresa nel giugno 1551 da papa Giulio III con l'aiuto delle truppe del governatore di Milano Ferrante Gonzaga contro Ottavio Farnese, ora alleato dei Francesi. A partire dal dicembre 1551, il nome del L. figura come capitano di una compagnia di cavalleria (in particolare di "celate") nei registri del pagatore dell'esercito pontificio, Gerolamo Grosso.
Nella guerra di Siena, combattuta fra le truppe del duca di Firenze Cosimo I de' Medici (con aiuti spagnoli) e quelle della Repubblica di Siena, il L. ricevette di nuovo il comando di una compagnia di cavalleggeri nel contingente delle truppe napoletane di Garcia de Toledo, figlio del viceré don Pedro de Toledo. Quindi, nella fase finale della guerra, conclusa nel 1555 con la caduta di Siena, militò nell'esercito del duca Cosimo.
Il L. prese parte anche all'ultima delle "guerre d'Italia": in occasione della guerra di Campagna, voluta nel 1556 da papa Paolo IV con l'aiuto dei Francesi contro il re di Spagna Filippo II, rivestì il grado di mastro di campo generale della cavalleria. Concluso il conflitto con la pace di Cave (4 sett. 1557), il L. rientrò a Bologna, dove, in data imprecisata, aveva sposato Bartolomea Volta, di nobile famiglia bolognese.
Il 24 nov. 1557 fu nominato senatore e compì le cerimonie ufficiali di possesso il 5 apr. 1558. Entrò così nell'organo deputato a reggere il governo municipale bolognese che, insieme con il cardinale legato, deliberava sugli affari correnti e su tutti gli aspetti dell'amministrazione cittadina. Nel sesto bimestre del 1558 fu eletto gonfaloniere di Giustizia.
Il gonfaloniere, carica di origini medievali, era il capo del Comune e presiedeva il Collegio degli anziani, organo esecutivo di governo. Suoi compiti precipui erano la giurisdizione sulle controversie tra le corporazioni bolognesi e il coordinamento delle iniziative di governo tra gli Anziani e le commissioni permanenti del Senato.
Secondo alcune fonti, il L. avrebbe addirittura ricusato il gonfalonierato e si sarebbe trasferito a Roma, ma Paolo IV lo avrebbe invitato a tornare a Bologna, dove il 14 nov. 1558 prese possesso della carica. Nella cerimonia di insediamento fu accompagnato dal nipote del papa, Antonio Carafa, e da Federico Gonzaga, fratello del duca di Mantova Guglielmo.
A Bologna il L. si fermò per qualche anno. Nel 1561, insieme con Ettore Ghislieri - gentiluomo bolognese chiamato a Roma nel 1566 da Pio V come capitano di una compagnia di cavalleggeri della sua guardia -, fondò l'Accademia dei Desti, denominata successivamente Accademia della Viola, che si distinse per l'organizzazione di tornei cavallereschi accompagnati da grandiosi allestimenti scenici e da rappresentazioni teatrali.
Nel 1569 il L. tornò in servizio attivo. In Francia, la fragile pace tra il re Carlo IX e gli ugonotti, raggiunta con gli accordi di Longjumeau (23 marzo 1568), si era infranta ed erano ripresi i combattimenti. Pio V aveva deciso l'invio di un corpo di spedizione di 4000 fanti e 500 cavalleggeri, cui si sarebbero aggiunti 1000 fanti e 100 cavalleggeri inviati dal duca di Firenze Cosimo I de' Medici; quindi, nel febbraio 1569 aveva personalmente provveduto alla scelta degli ufficiali superiori. In questa occasione, il L. fu nominato mastro di campo generale della cavalleria, con il compito di provvedere agli approvvigionamenti e agli alloggiamenti dei cavalleggeri. Le truppe del L. furono concentrate in Piemonte nel maggio del 1569 e quindi entrarono in Francia. Intorno a Lione iniziarono disordini fra i soldati pontifici e le popolazioni e a nulla valsero i richiami al L. affinché "facesse rispettare et risservare il luogo" (Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 5040, c. 133r) e scongiurasse violenze e saccheggi. Unitosi in agosto alle truppe comandate da Enrico di Valois, duca d'Anjou e fratello di Carlo IX, il contingente pontificio partecipò prima alla difesa di Poitiers, poi si distinse nella battaglia di Moncontour, il 3 ott. 1569, conclusasi con una dura sconfitta degli ugonotti. In questa giornata, il L. cedette la guida della cavalleria al comandante generale del contingente, il conte Sforza Sforza di Santa Fiora, che condusse gli assalti personalmente. Nel combattimento morì, come appare da una lista dei caduti di rango subito inviata a Roma, un consanguineo del L., Valerio Lignani.
Tornato in Italia l'esercito pontificio, il L. rientrò a Bologna, dove fu coinvolto dal cardinale legato, Alessandro Sforza, per la riorganizzazione degli ordinamenti militari non professionali - denominati battalliae o milizie - nel territorio della Romagna. Dovendo infatti provvedere i nuovi ordinamenti di "un huomo intendente per quello che bisognarà a metterli in regola", il L. appariva il più idoneo "sì per la esperienza, come per la fedeltà" (il cardinale A. Sforza al segretario G. Rusticucci, lettera del 28 genn. 1570, Biblioteca apost. Vaticana, Urb. lat., 1024, c. 20r). L'ingaggio del L., tuttavia, non fu concluso ed egli si rese disponibile per l'esercito veneziano.
In occasione dei preparativi militari avviati allo scoppio della guerra di Cipro (1570-71), nel dicembre 1570 il L. stipulò un contratto di condotta con la Serenissima: egli avrebbe preso il comando di un contingente di 1000 fanti (di cui doveva altresì curare l'allestimento), quindi sarebbe passato al governo del presidio della Canea, nell'isola di Creta. Il L. fu occupato nella formazione del corpo di spedizione nei primi mesi del 1571 e si imbarcò fra aprile e maggio.
Il L. morì poco dopo il suo arrivo a Creta, il 24 giugno 1571, e fu sepolto alla Canea.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Soldatesche e galere, Conti straordinari, 88: Regestro di ms. Hieronimo Grosso, 1551 ad 1552 De mandati [della] guerra della Mirandola; Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 5040, cc. 76-181: Naratione della guerra di Francia…; Nunziature di Venezia, IX, 26 marzo 1569 - 21 maggio 1571, a cura di A. Stella, Roma 1972, ad ind.; X, 26 maggio 1571 - 4luglio 1573, a cura di A. Stella, ibid. 1977, ad ind.; G.B. Marescalchi, Cronaca, 1561-1573, a cura di I. Francica, Bologna 2002, ad ind.; F. Amadi, Della nobiltà di Bologna…, Cremona 1638, p. 131; P.S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, pp. 456 s.; D. Lenzi, Teatri ed anfiteari a Bologna nei secoli XVI e XVII, in Barocco romano e barocco italiano: il teatro, l'effimero, l'allegoria, a cura di M. Fagiolo - M.L. Madonna, Roma 1985, p. 178; G. Brunelli, Soldati del papa: politica militare e nobiltà nello Stato della Chiesa (1560-1644), Roma 2003, ad ind.; Enc. biogr. e bibliogr. "Italiana", C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, pp. 94 s.