MANNOZZI (Vannozzi), Vincenzo
Nacque a Firenze il 13 ag. 1600 (Mascalchi, Il Seicento… Biografie). Come si apprende da Filippo Baldinucci, il M. fu educato allo studio delle arti figurative sotto la guida di Domenico Cresti, detto il Passignano. In seguito si affiancò a Francesco Furini, di tre anni più giovane e ritenuto impropriamente suo maestro, con il quale condivise l'interesse per la pittura sensuale e libertina, molto apprezzata dai committenti toscani del tempo. Scarse e frammentarie risultano le notizie sul M., impegnato esclusivamente, in base ai documenti, per la famiglia granducale dei Medici, dalla quale ottenne, oltre ad allogazioni pittoriche più o meno importanti, incarichi di vario tipo. Contemporaneamente alle funzioni di "aiutante di camera" di don Lorenzo de' Medici, documentate non senza interruzioni dal 1631 al 1648 (Borea, 1975 e 1977), il M. fu impegnato per lo stesso principe, figlio cadetto del granduca Ferdinando I e di Cristina di Lorena, nella realizzazione di alcuni quadri destinati all'arredo della villa della Petraia.
Al 1636 risale un pagamento per l'esecuzione di quattro dipinti non meglio specificati; e al 1638 è registrato un compenso per un quadro che andava facendo "alla Petraia" (Id., 1975).
Dall'inventario dei beni della villa redatto nel 1649 si rileva la presenza di quattro opere del M.: Olimpia liberata da Orlando dalla balena, l'Inferno, Orlando libera Isabella dalla grotta dei malandrini e Ila con il vaso. Escluso il primo dipinto, alienato in epoca imprecisata e finora non identificato, gli altri quadri risultano conservati attualmente nei depositi delle Gallerie fiorentine (Id., 1977). Conformato al linguaggio "caricato" e umoristico diffuso a Firenze nel primo Seicento da Jacques Callot e da Filippo Angeli (Filippo Napolitano), il dipinto con l'Inferno, realizzato in ovale su pietra di paragone, rappresenta, entro un apparato illusionistico e scenografico, Plutone che rapisce Proserpina, Prometeo incatenato alla roccia e tormentato dall'aquila, Issione legato alla ruota e altri episodi connessi al "fantastico" mondo delle tenebre.
Un'evoluzione stilistica del M., più pertinente al linguaggio artistico e figurativo in voga negli anni Trenta a Firenze, si individua in modo paradigmatico nella grande tela con Orlando libera Isabella dalla grotta dei malandrini, ubicata ab antiquo, insieme con altri dipinti di Cesare e Vincenzo Dandini, di Orazio Fidani e dello stesso M., nella grande sala al piano terreno della villa (Id., 1975 e 1977).
Al di là di parziali riferimenti figurativi a pitture locali di poco precedenti non insensibili alle formule scultoree giambolognesche, come il Martirio di s. Stefano di Filippo Tarchiani nell'omonima chiesa a Capraia, l'opera mostra analogie lessicali stringenti con il dettato stilistico legato al maestro Passignano e al suo ambito, in particolare a Ottavio Vannini, con richiami diretti alle pitture di Lorenzo Lippi e di Francesco Furini. Proprio a Furini rimanda l'ovale su tela con Ila con il vaso - incluso originariamente in una serie di sei dipinti realizzati da alcuni dei pittori più à la page attivi in quel tempo in Toscana - documentato nei registri medicei in una stanza al piano terreno della villa della Petraia (ibid.). L'intonazione capziosamente maliziosa del giovinetto, dai lineamenti efebici pervasi di languore e accattivante sensualità, rimanda palesemente, oltre che a parziali contatti con analoghe figure androgine di Cesare Dandini, al linguaggio figurativo più tipico di Furini, artista citato, non a caso, nel bassorilievo raffigurante Ila e le ninfe, presente al centro del vaso, ispirato alla tela con lo stesso tema iconografico opera di Furini e oggi conservata nelle raccolte della Galleria Palatina.
Oltre che come pittore, il M. risulta documentato con frequenza, nelle filze medicee, come conoscitore e procacciatore di opere d'arte. Con tali compiti è menzionato, per esempio, nel 1636 nell'acquisto di quattro dipinti con Marine di Monsù Montagna, destinate alle collezioni di don Lorenzo alla Petraia.
Incarichi di questo tipo lo impegnarono attivamente, in epoche successive, anche per altri membri della famiglia granducale toscana. Significativo, a tale riguardo, il suo ruolo nelle trattative dello scambio di opere di Andrea del Sarto (Andrea d'Agnolo) e del Correggio (Antonio Allegri) tra Ferdinando II de' Medici e il duca di Modena, documentati al 1649, e nell'acquisto di quadri a Bologna e Venezia per conto del futuro cardinale Leopoldo de' Medici, segnalati in una lettera del 1651 (Borea, 1977). Tali incarichi dettero la possibilità al M. di effettuare numerosi viaggi in Italia, soprattutto nelle regioni settentrionali, dove poté conoscere la pittura delle varie scuole locali e, probabilmente, visitare, grazie alla sua qualifica di consulente artistico mediceo, le collezioni più esclusive del tempo.
Contemporaneamente all'attività artistica svolta per don Lorenzo, il M. fu impegnato anche per il nipote di questo, il cardinale Giovan Carlo de' Medici, secondogenito di Cosimo II e Maria Maddalena d'Austria.
Tre quadri del M. sono documentati nelle collezioni del porporato: due, oggi perduti o al momento non identificati, sono citati in un inventario della villa di Mezzomonte del 1637 e rappresentavano Angelica legata allo scoglio e la Storia di Leandro; mentre del 1646 è la prima menzione della grande tela con Olimpia abbandonata da Bireno, allora collocata nel casino mediceo in via della Scala (Mascalchi, Il Seicento… Biografie). Quest'ultima, già identificata in una mediocre derivazione in collezione privata a Firenze (Maffeis), risulta essere conservata attualmente nel Museo statale di Archangel'sk (Bellesi, 2005). Ritenuta inspiegabilmente una copia del modesto dipinto fiorentino (Markova), la tela russa mostra le doti artistiche migliori del M., rilevabili soprattutto nell'alta tenuta qualitativa, nella formulazione languidamente melodrammatica dell'episodio e nel soffuso dosaggio di luci e ombre. Deferente lessicalmente alla lezione furiniana, il dipinto mostra uno stile variegato ricco di raffinato eclettismo, sensibile soprattutto, oltre che alle composizioni con vedute marine di Monsù Montagna, alle sperimentazioni legate a pittori fiorentini del tempo come Giovanni Bilivert, Lorenzo Lippi e Cesare Dandini.
Per la granduchessa di Toscana Vittoria Della Rovere, il M. eseguì, probabilmente intorno alla metà del secolo, la tela con la Verità scopre la Menzogna, ricordata nell'inventario della villa di Poggio Imperiale del 1690 (Borea, 1977).
L'opera, preceduta da studi grafici oggi nelle collezioni degli Uffizi e da un modello pittorico di grande formato in collezione privata fiorentina (cfr. Spinelli), risulta identificabile in un dipinto conservato attualmente presso il Museo Bardini a Firenze (Scalini). Non priva di valenze allegoriche allusive metaforicamente alla rettitudine governativa e ai doveri temporali di un buon sovrano, la tela, oltre all'immancabile conformità ai dettami figurativi di Furini e della sua scuola, mostra, rispetto alle opere precedenti, un linguaggio stilistico più aggiornato, evidente nella scelta di impaginati scenografici più ariosi e solari caratteristici delle novità cortonesche, derivate anche dalla conoscenza delle pitture del Volterrano (Baldassarre Franceschini).
Oltre che per i già menzionati membri di casa Medici, il M. operò assiduamente per un altro figlio di Cosimo II, il già citato cardinale Leopoldo, insigne erudito e appassionato collezionista.
Dagli inventari delle raccolte artistiche di quest'ultimo (Arch. di Stato di Firenze, Guardaroba Medicea, 826, cc. 78 s.) il M. risulta aver eseguito per lui quattro dipinti, finora non rintracciati, raffiguranti "San Bastiano nudo legato all'albero", "Santa Maria Maddalena nel deserto", "Alessandro in atto di far sollevare una femmina che si butta in ginocchioni" e "l'Istoria di Loth quando le figlie lo imbriacarono" (Borea, 1975). Insieme con questi dipinti, noti in parte attraverso alcuni disegni preliminari conservati nelle raccolte grafiche degli Uffizi, le fonti manoscritte ricordano, sempre nelle collezioni medicee, una Sacra Famiglia, anch'essa non identificata, segnalata nel 1663 in un inventario di Palazzo Pitti (Id., 1977).
L'esiguo carnet di opere autografe del M., citate nei documenti e al momento identificate, è stato incrementato dalla critica contemporanea con l'acquisizione di un gruppo di dipinti, oggi però da rivalutare stilisticamente secondo più appropriate chiavi di lettura.
Convincenti, alla luce di una conoscenza più vasta dell'attività del M., risultano le assegnazioni al suo catalogo delle tele con l'Astronomia, già nella galleria Pardo a Parigi (Cantelli, 1982), attualmente in una raccolta privata toscana, la S. Maria Maddalena, già sul mercato antiquario a Londra (Id., 1980), oggi in collezione privata a Firenze, e ancora una S. Maria Maddalena in meditazione nella National Gallery of Ireland a Dublino (Id., 1983). Prive di riproduzioni fotografiche e non facilmente rintracciabili risultano una Betsabea sul mercato antiquario nel 1982 e una Figura allegorica femminile del Museo Bardini a Firenze (ibid.); decisamente da espungere dal catalogo dell'artista appaiono, invece, l'ovale con Ganimede nei depositi della Galleria nazionale di Pisa (Borea, 1977), assegnabile stilisticamente a Vincenzo Dandini o al suo ambito, e la tela con Cleopatra in collezione privata a Milano (Cantelli, 1982), derivata da un modello di Felice Ficherelli noto attualmente in due versioni autografe (Bellesi, 2005). Nuova acquisizione al catalogo del M. risulta un piccolo dipinto con Diana e le ninfe sorprese da Atteone, eseguito a grisaille su rame, apparso nel 2005 sul mercato antiquario fiorentino. L'opera, stilisticamente vicina ai modelli furiniani, trova riscontri diretti in vari disegni del M., soprattutto nei fogli con l'Amazzonomachia nel Kupferstichkabinett di Berlino (Petrioli Tofani; Mascalchi, Il Seicento… Disegno…), con la Strage dei Niobidi nel Museo del Louvre a Parigi (Monbeig Goguel) e con il rilievo istoriato, presente sul vaso, nel dipinto con Ila delle Gallerie fiorentine.
Al culmine della carriera, il M., menzionato nei registri dell'Accademia del disegno solo nel 1655 con la qualifica di "festaiolo" (Zangheri), morì a Firenze il 2 maggio 1658; il suo corpo fu inumato nel santuario servita della Ss. Annunziata (Mascalchi, Il Seicento… Biografie).
Fonti e Bibl.: F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno da Cimabue… (1681-1728), a cura di F. Ranalli, IV, Firenze 1846, p. 643; O.H. Giglioli, Disegni inediti nella R. Galleria degli Uffizi, in Bollettino d'arte, IV (1925), p. 525; E. Borea, Dipinti alla Petraia per don Lorenzo de' Medici: Stefano della Bella, V. M., il Volterrano, i Dandini e altri, in Prospettiva, 1975, n. 2, pp. 28 s., 37; Id., La Quadreria di don Lorenzo de' Medici (catal., Poggio a Caiano), Firenze 1977, pp. 51-54; A.M. Petrioli Tofani, rec. a C. Thiem, Florentiner Zeichner des Frühbarock, München 1977, in Prospettiva, 1979, n. 19, pp. 77 s.; G. Cantelli, Mitologia sacra e profana e le sue eroine nella pittura fiorentina della prima metà del Seicento (1), in Paradigma, 1980, n. 3, p. 159; Id., Mitologia sacra e profana e le sue eroine nella pittura fiorentina della prima metà del Seicento (2), ibid., 1982, n. 4, pp. 141, 150; Id., Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Fiesole 1983, p. 104 e figg. 514-523; S. Mascalchi, in Il Seicento fiorentino. Biografie (catal.), Firenze 1986, pp. 111 s.; Id., Il Seicento fiorentino.Disegno/Incisione/Scultura/Arti minori, ibid. 1986, pp. 258 s.; R. Spinelli, in Pitture fiorentine del Seicento (catal., Firenze), Torino 1987, pp. 91-94; S. Mascalchi, in La pittura in Italia. Il Seicento, II, Milano 1989, p. 800; S. Bellesi, in S. Bellesi - F. Romei, Stefano della Bella. Un episodio pittorico dimenticato, Firenze 1997, pp. 23 s.; Id., Stefano della Bella. Otto dipinti su pietra paesina, Firenze 1998, pp. 9, 12; L. Zangheri, Gli Accademici del Disegno. Elenco alfabetico, Firenze 2000, p. 197; R. Maffeis, in L'arme e gli amori (catal., Firenze), Livorno 2001, pp. 206 s.; M. Scalini, in Riflessi di una galleria. Dipinti dell'eredità Bardini (catal., Firenze), Livorno 2001, pp. 42 s.; V. Markova, Un capolavoro sconosciuto di Francesco Furini e un'altra aggiunta al suo catalogo, in Paragone, LIV (2004), 649, pp. 54 s.; S. Bellesi, in Luce e ombra. Caravaggismo e naturalismo nella pittura toscana del Seicento (catal., Pontedera), a cura di P. Carofano, Pisa 2005, pp. 66, 68; Musée du Louvre, Dessins toscans, XVIIe - XVIIIe siècles, II, 1620-1800, a cura di C. Monbeig Goguel, Paris-Milano 2005, pp. 297 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 27.