Martinelli, Vincenzo
Scrittore (Montecatini 1702 - Firenze 1785). Nella Istoria critica della vita civile (1ª ediz. Londra 1752), disegnando una breve storia della letteratura italiana, viene a discorrere della Commedia che definisce " la prima poesia epica in lingua italiana " e, appoggiandosi all'autorità del Gravina, ritiene prima fonte della bellezza ed eleganza della nostra lingua. Risente ancora del Gravina, senza nominarlo, dove paragona D. a Omero per aver egli usato parole di tutti i dialetti; e nota altresì la mirabile varietà dello stile con tonalità diverse nelle tre cantiche. Conclude con una punta polemica contro " i falsi dotti e i poltroni " che lo biasimano di rozzezza (di cui lo scusa per la povertà della lingua ai suoi primordi) e di oscurità, mentre oscuro è solo a chi non vuol fare la fatica d'intenderlo. Altrove tuttavia gli muove rimproveri per l'eccessiva violenza satirica e per l'ingratitudine verso i Polentani, a proposito di Francesca, e verso Brunetto Latini suo maestro.
Nel 1758, tra le Lettere familiari e critiche, due ne diresse al conte di Oxford per consigliargli la lettura di Dante (XXXIX e XL). Nella prima spiega il titolo di ‛ Commedia ' con la poetica aristotelica, in quanto tratta di persone e vicende private. Nella seconda prende a confutare il famoso articolo di Voltaire Sur le Dante, accusandolo non solo di pretendere nella Commedia il buffonesco delle commedie di teatro e di commettere vari errori su particolari biografici, ma di ritenerlo un poema poco letto e da pochi inteso, nonché di aver tradotto in " stile pulcinellesco " l'episodio di Guido da Montefeltro. Di tale sua risposta si vanterà anche nella terza ediz. della Istoria (Napoli 1764), retrocedendo erroneamente all'Essai sur la poésie épique l'attacco volteriano al poeta: confusione forse spiegabile col fatto che del " contemptuous silence " tenuto su D. nell'Essai si era rammaricato il Baretti nella Dissertation upon the Italian Poetry (Londra 1753), e col Baretti fu il M. in buona relazione, sì che le sue Lettere avranno onorevole menzione nella " Frusta ", senza tuttavia riferimento a Dante. A sua volta nel Baretti affiorerà forse una reminiscenza martinelliana quando nel Discours sur Shakespeare biasimerà il Voltaire di avere illustrato D. " en l'habillant en Polichinelle ".
Queste due lettere del '58 il M. ristampò nel 1768 nell'edizione della Commedia da lui curata insieme con l'abate Marrini per la collezione parigina di classici italiani promossa dal Prault. Il Voltaire si risentì vivacemente e del " pauvre homme nommé Martinelli " si ricordò ancora nella XII delle Lettres chinoises (1776), per spregiarlo come " letterato mercenario " che per guadagnare aveva ristampato la Commedia, poema di cui i Francesi moderni non sapevano che farsi. Sia pur dunque " en faible critique ", come scrisse un anonimo contemporaneo, e con varie imprecisioni di fatto, il M. portò il suo contributo di buon gusto e di zelo a divulgare e difendere D. nella ‛ querelle ' settecentesca, presso un pubblico europeo.
Bibl. - G. Ansaldi, Cenni biografici dei personaggi illustri della città di Pescia e suoi dintorni, Pescia 1872, 386; F.F. Carloni, Gl'italiani all'estero, Città di Castello 1888, II I 277. Sui suoi interessi danteschi, E. Bouvy, Voltaire et les polémiques italiennes sur D., in " Revue des Universités du Midi " XVII (1895) 295-334; E. Bertana, in " Giorn. stor. " XXXIII (1899) 410; ID., ibid. XXXIV (1899) 438; F. Pintor, in " Bull. " VII (1899-1900) 290; L. Ferrari, ibid. 290-292; T. Concari, in " Giorn. stor. " XXXV (1900) 118-119; A. Farinelli, Voltaire et D., Berlino 1906; ID., in " Bull. " XVII (1910) 51.