MAZZOLA, Vincenzo
– Nacque a Napoli il 14 febbr. 1735 da Matteo, libraio, e da Anna Chiara Cortisano, figlia di Antonio e di Anna Palomba.
Raggiunta la maggiore età, cominciò a lavorare con il padre nella bottega dello zio materno Angelo Vocola, noto stampatore e mercante di libri.
Angelo era fratellastro della madre: Anna Palomba aveva sposato appena dodicenne, nel 1697, Domenico Vocola e in seconde nozze Antonio Cortisano. Non avendo avuto figli, Angelo scelse come giovane collaboratore il Mazzola.
A metà degli anni Cinquanta lo zio associò il M. nella gestione della stamperia sita a Fontana Medina a Napoli, in un locale al piano terra adiacente al conservatorio della Pietà dei Turchini. Nel febbraio del 1756 il M. sposò Carmina Filizzola, figlia di Domenico, iscritto all’arte dei cartai. Dall’unione nacquero 14 figli, sette maschi e sette femmine, la maggior parte dei quali perì nei primi mesi di vita.
Nel 1756 ebbe anche un problema giudiziario: con lo zio fu citato in giudizio da Tommaso Barrese, che chiese, e ottenne, il giusto compenso per il lavoro di correttore di bozze eseguito sull’opera di Tommaso Briganti, Pratica criminale delle corti regie, e baronali del Regno di Napoli, pubblicata l’anno precedente.
Divenuto erede universale dello zio, morto nel corso del 1759, il M. rinnovò l’officina tipografica. Mentre attendeva che i religiosi del conservatorio, demolito un vano della bottega e costruito un nuovo edificio, gli consegnassero il locale ristrutturato, il M. prese accordi, nel febbraio 1760, con il fonditore, Ignazio Aveta, per la fornitura 800.000 lettere di carattere Silvio e 300.000 di Garamone. Per lo stagno necessario si affidò alla mediazione di Paolo de Simone, che tramite Giovan Battista Adami di Venezia gli fece pervenire la merce via mare a Manfredonia. Le spese erano giustificate dagli impegni assunti dal M. e dal padre con Geronimo e Vincenzo Flauto: una volta costituitisi in società, le due famiglie di stampatori parteciparono all’appalto dello ius proibitivo degli avvisi, gazzette, diari e calendari, scaduto nell’aprile del 1759. Ottenuta la privativa della stampa, il M. fu scelto come amministratore della società con l’obbligo di curarne le vendite. Nel 1761 concordò con Pietro Alberio, impresario del teatro dei Fiorentini, l’esclusiva per i libretti delle opere rappresentate. Con il libraio Giacomo Vinaccia curò gli scritti di P. Metastasio, per soddisfare il pubblico dei lettori da tempo in attesa di una raccolta completa dell’autore, scontrandosi, però, con Francesco Morelli, impressore del real teatro di S. Carlo, che nel 1765, sulla scorta di un precedente diritto di stampa, intentò causa contro la loro pretesa di ristampare a Napoli l’ultima opera di Metastasio, Romolo ed Ersilia, rappresentata a Innsbruck.
Allo slancio produttivo della stamperia negli anni Sessanta e Settanta non corrispose eguale vivacità d’iniziativa nel settore del commercio librario.
Pesavano i debiti lasciati dallo zio Angelo, relativi alle doti di tre nipoti, a vecchie polizze bancarie e agli obblighi finanziari verso la ditta del veneziano Niccolò Pezzana, che attendeva di essere pagata per l’acquisto di volumi. Nel 1763, per evitare spese giudiziarie, concordò con Giovanni Lembo, procuratore a Napoli della ditta veneziana, di dilazionare l’importo a partire dall’anno successivo e pagare i 790 ducati parte in contanti e parte a rate per
sei anni. Dopo quest’esperienza il M. cambiò fornitore di libri e gazzette, scegliendo i Remondini di Bassano del Grappa, con i quali entrò in contatto agli inizi degli anni Settanta. Nel decennio successivo, invece, si rivolse ad Anton Giuseppe Pagani di Firenze.
Superate le iniziali difficoltà economiche, forte del sostegno dell’editoria teatrale, il M. continuò sulla strada delle privative. Nel 1771 si assicurò i diritti di stampa della Pratica civile di Leonardo Riccio, per i quali lo zio Angelo aveva mosso causa a Domenico Ascione nel 1749 e a Gennaro Roselli nel 1756, nonché quelli della Pratica criminale di T. Briganti. Lungo è l’elenco di scritti per i quali il M. ricevette il permesso di stampa, in particolare l’opera di D. Tata, Descrizione del grande incendio del Vesuvio (1779), quella di F. Galiani, Del dialetto napoletano (1779), quelle di F. Grimaldi, La vita di Diogene cinico (1777) e Riflessioni sopra l’ineguaglianza tra gli uomini (in 3 volumi, 1779-80). Nel 1786 mise in vendita presso la sua bottega le gazzette straniere comprate da Donato e Giuseppe Campo, che nel 1789 lo denunciarono perché privo di licenza. Nel 1789 rinnovò i caratteri della ditta, ordinando a Bernardo Perger nuovi tipi di Silvio. Dopo aver dato ai torchi opere di tema scientifico, tra le quali la Memoria… per servire alla intiera, e perfetta estinzione del vajuolo… di F. Scuderi nel 1787 e il relativo Supplemento l’anno successivo; Lettera… sopra l’aurora boreale che osservassi in Napoli… di E.M. Poeta sempre del 1787, e nel 1791 una relazione sul lavoro di giovani mineralogisti inviati dal governo borbonico per motivi di studio in Ungheria e Sassonia, ottenne nel 1792 il permesso di stampa per il primo tomo degli Annali del Regno di Napoli dell’abate G. Cestari.
Nella seconda metà degli anni Novanta l’attività del M. continuò grazie alle pubblicazioni di commedie per musica, drammi giocosi e oratori. Nel dicembre 1797, nel clima di sospetti che precedette la Rivoluzione napoletana, si vide respingere dalla Segreteria dell’ecclesiastico un manoscritto dello storico C. Genovese intitolato Elementi della patria di Caltanisetta indirizzati ai giovani patriotti. Durante i mesi della Repubblica napoletana del 1799 fece stampare una Memoria degli avvenimenti popolari seguiti in Napoli nel gennaio 1799, forse di G. Lotti, e Il genio democratico di M. Notarangelo. Conclusasi l’esperienza repubblicana, nel 1799 pubblicò una raccolta di scritti di Carlo Rizzi e altri, intitolata Collezione di componimenti per l’avventuroso ritorno di s.m. il re nostro amabilissimo signore e sovrano, e delle gloriose sue armi. La parabola della sua attività stava però volgendo al termine; privo dell’aiuto dei figli, costretto a pagare lavoranti saltuari, la ditta cessò l’attività.
Ormai ridotto in miseria, il M. morì a Napoli il 19 nov. 1806. Le esequie furono celebrate per carità nella chiesa parrocchiale dei Ss. Giuseppe e Cristoforo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Delegazione della real giurisdizione, bb. 890, f. 166; 965, f. 418; 1110, f. 758; Ministero degli Affari ecclesiastici, Segreteria di Stato, Registri, b. 510, c. 149; ibid., Cappellano maggiore, b. 1179: Registro della revisione delle opere per la licenza di stampa (1774-1798); ibid., Processi antichi, Pandetta corrente, b. 1766, f. 11296; Napoli, Arch. stor. diocesano, Parrocchia dei Ss. Giuseppe e Cristoforo, Liber baptizatorum, XIII (1724-37), c. 209; XV (1751-67), cc. 111, 137, 177, 208v, 241, 280; XVI (1768-79), cc. 6, 59v, 94v, 117v, 144, 173v, 200, 223; ibid., Liber matrimonium, IX (1725-46), cc. 73, 85; X (1747-79), c. 65v; ibid., Liber mortorum ab anno 1740, X, cc. 117v, 151v, 167v; ibid., Liber mortorum ab anno 1764 bisextili, cc. 42, 52, 96, 171, 229, 252v, 272v, 278, 286; Ibid., Arch. notarile distrettuale, Notaio Gennaro Sassese 1756-1757, cc. 80v-109; 1759, cc. 46-51v, 87-89; 1760, cc. 140v-144; Notaio Giovanni Tufarelli 1763, cc. 31v-38; Illuministi italiani, a cura di F. Venturi, V, Riformatori napoletani, Milano-Napoli 1962, pp. 539, 557; Editoria e cultura a Napoli nel XVIII secolo. Atti del Convegno… 1996, a cura di A.M. Rao, Napoli 1998, ad indicem.