PESTALOZZI, Vincenzo
PESTALOZZI, Vincenzo. – Nacque a Chiavenna (nei pressi di Sondrio) in data ignota, da Ippolito, che nel 1544 ricoprì la carica di console di Chiavenna. Il nonno paterno Paolo fu notaio. Ebbe due fratelli maggiori: Paolo (capostipite del ramo Ludovici) e Ludovico.
L’avo Alberto Pestalozza, discendente di Guberto e Grabadono, citati come defunti in due atti datati 11 dicembre 1254 (Zecchinelli, 1954, p. 148), si trasferì da Gravedona a Chiavenna nel 1297. In quella che divenne la loro nuova patria i Pestalozzi (o Pestalozza, Pestaloza, Pestaluz) portarono le proprie attività di commercianti di seta, acquistarono terreni e acquisirono la nobiltà, inserendosi in maniera perfetta nella società chiavennate. Numerosi membri della famiglia ricoprirono cariche pubbliche e i loro palazzi sorsero, tra Cinque e Seicento, nel centro della città. Nel cinquecentesco palazzo Pestalozzi-Luna, ora di proprietà comunale, ha sede il Centro di studi storici chiavennaschi.
Nel 1559 Pestalozzi sposò Anastasia Cazzola di Gaudenzio e nel 1560, insieme con il fratello Paolo e il cugino Nicola, fu nominato tutore dei figli del defunto cugino Floramundo, giurista. Era attento ai progressi della tecnica: il 9 novembre 1563, poco prima di recarsi a Zurigo per affari, acquistò da Battista Orlandi, vicentino trasferitosi a Chiavenna, tutti i suoi brevetti e le sue invenzioni, tra le quali una legata alla lavorazione della seta.
Nel 1565, durante uno dei suoi consueti viaggi di affari a Milano, la sua serena esistenza di ricco mercante fu traumaticamente interrotta.
Nel 1512 la Valtellina e i contadi di Chiavenna e Bormio divennero dominio delle Tre leghe (Grigia, Caddea e delle Dieci Giurisdizioni). A differenza dello stretto controllo sino allora esercitato dal Ducato di Milano, dalla Francia e dalla feudalità ecclesiastica, sotto i Grigioni quelle terre acquisirono larghi margini di autonomia economica e politica. Il governatore, eletto dalle Diete e di nazionalità retica, risiedette a Sondrio e fu affiancato da un ‘confederato’ e da un vicario generale esperto in diritto. Nelle città più importanti risiedette un podestà e a Chiavenna un commissario. La Repubblica garantì inoltre una notevole libertà di espressione, che favorì gli scambi e non escluse la diversità anche sul piano dell’appartenenza religiosa. La Lega caddea e la Lega delle dieci giurisdizioni divennero a maggioranza riformata mentre la Lega grigia rimase a maggioranza cattolica: la libertà di coscienza che i Grigioni garantirono divenne un fattore di estrema importanza in una Europa ormai confessionalmente divisa e intollerante. In queste condizioni Chiavenna assunse un ruolo unico di città rifugio per gli esuli italiani religionis causa. Nel volgere di pochi anni molti dissidenti dalla Chiesa di Roma arrivarono nella città: per alcuni si trattò solo della prima tappa nella faticosa ricerca di un luogo in cui professare liberamente le proprie convinzioni; altri, invece, vi si fermarono definitivamente.
A Chiavenna il nonno di Pestalozzi, Paolo, fu il primo a convertirsi, seguito da molti altri tra cui diversi membri della famiglia von Salis, tra le più influenti dei Grigioni, con cui i Pestalozzi avevano stretti legami di parentela: Francesco sposò Luna di Silvestro von Salis; suo nipote Daniel sposò Narcissa di Guberto von Salis; Paolo, che nel 1538 sposò Barbara von Salis, figlia di Andreas e di Violanda Pestalozza Riconi, nel 1539 fu tra i fondatori della prima Chiesa riformata di Chiavenna, insediatasi nella cappella offerta dal potente Commissario Ercole von Salis, coniugato con Maria Pestalozzi.
L’adesione alla Riforma creò difficoltà ai mercanti chiavennaschi; d’altra parte l’alleanza con i Grigioni era di estrema importanza per il Ducato di Milano, attento alla salvaguardia dei rapporti commerciali e dei flussi di transito diretti verso la Mitteleuropa. Gli interessi convergenti portarono a una serie di accordi che garantissero ai riformati la libertà di commerciare entro i confini del Ducato di Milano, purché si astenessero dal propagandare le proprie idee. La Valtellina e Chiavenna rientravano infatti sotto la giurisdizione della Diocesi di Como, che inizialmente si occupò soprattutto di difendere le proprie pretese alle decime ecclesiastiche. L’arrivo a Milano di Carlo Borromeo (1565) impresse un’accelerazione all’attività controriformistica, fortemente sostenuta dal governo spagnolo con iniziative illegali gravemente lesive degli accordi esistenti e della stessa sovranità dei Grigioni.
Pestalozzi, che aderì alla Riforma, seguì gli affari di famiglia da Piuro, nota in tutta Europa per il commercio della seta prodotta nel Lario. Nella primavera del 1565 si recò a Milano, come di consueto, per i suoi affari. Nell’agosto 1564 il nuovo governatore di Milano, Gabriel de la Cueva, aveva emesso un editto che proibiva agli eretici di vivere e svolgere affari nel Ducato di Milano, contravvenendo così agli accordi esistenti. Pestalozzi fu catturato dall’Inquisizione, tenuto in prigione per ventinove settimane e liberato solo dopo l’abiura e il pagamento di cinquanta scudi a garanzia del suo ritorno alla Chiesa di Roma.
Il podestà di Piuro, Corrado Bertone di Sassamè, protestò vivacemente contro il sopruso subito da Pestalozzi, chiedendo con forza che venissero rispettati gli accordi e restituita la somma che gli era stata estorta dall’Inquisizione. La protesta del podestà fu vana, il caso divenne anzi il primo di una serie di azioni violente nei confronti di sudditi riformati della Repubblica delle Tre leghe, che sarebbero rimaste impunite e che furono solo l’anticipo del ‘sacro macello’ del 1620, che avrebbe distrutto la realtà economica, politica e religiosa della Valtellina e provocato l’emigrazione anche di parte della famiglia Pestalozzi.
Sono ignoti il luogo e la data di morte di Pestalozzi, avvenuta presumibilmente sul finire del XVI secolo.
Fonti e Bibl.: Studi generali: E. Verga, Il Municipio di Milano e l’Inquisizione di Spagna (1563), in Archivio storico lombardo, s. 3, VIII (1897), pp. 86-127; F. Bozzetti, Gli istituti religiosi della Rezia Chiavennasca, Como 1926; E. Camenish, Storia della Riforma e Controriforma nelle valli meridionali del Canton Grigioni e nelle regioni soggette ai Grigioni: Chiavenna, Valtellina e Bormio, Samedan 1950; M. Zecchinelli, Ricerche sulla repubblica delle Tre Pievi, Como 1954; A. Pastore, Nella Valtellina del tardo cinquecento: fede, cultura, società, Milano, 1975. Inoltre: H. Pestalozzi-Keyser, Geschichte der Familie Pestalozzi, Milano 1958, pp. 369, 378; E. Balmas, Il caso di coscienza di V. P., in Cenobio, VIII (1959), pp. 275-305; F. Palazzi Trivelli, Un inventore nella Chiavenna del ’500: mastro Battista Orlandi detto il Barettino, in Clavenna, XXIII (1984), pp. 45 s.; B. Leoni, Note sull’arte della seta a Chiavenna nel XVI secolo, ibid., XXIV (1985), p. 126.