PIANCIANI, Vincenzo
– Nacque a Spoleto il 12 agosto 1789, quarto di sei figli, da Alessandro, discendente di un'antica e nobile famiglia umbra, che nel tempo aveva spostato i suoi interessi anche su Roma, e da Costanza Collicola.
Vincenzo trascorse la prima infanzia a Spoleto, ma nel 1800 era già con la madre a Roma, dove frequentava un 'colleggio'. Il 29 novembre 1806, Costanza scriveva al marito Alessandro: «Tarnassi ... dice che Cencio – nomignolo con il quale Vincenzo veniva chiamato dai familiari e più tardi anche da illustri amici come il cardinale Antonio Tosti – fin'ora va bene, ed anco Marconi ne fa gli eloggi» (Arch. di Stato di Perugia, sez. di Spoleto, Fondo Pianciani, b. 12).
Giuseppe Marconi e Giuseppe Tarnassi insegnavano discipline teologiche presso il Seminario e Collegio Romano, pertanto possiamo ritenere che fu quello l'indirizzo di studi a cui Pianciani fu avviato, anche se poi si orientò con successo al ramo amministrativo, seguendo le orme e, probabilmente, la volontà del padre.
Nel 1809 sposò Amalia Ruspoli, di un anno più giovane, figlia di Francesco, principe di Cerveteri e di Leopoldina Khevenhüller-Metsch, di antica nobiltà austriaca, in linea per la successione al trono; un'unione molto apprezzata dal padre, e che continuava la politica familiare sulla quale si era costruita la fortuna dei Pianciani. La nobildonna, molto legata alla madre che l'aveva fatta nascere a Vienna e le aveva inculcato lo stile di vita della corte asburgica, gli diede otto figli. Oltre al primogenito Luigi (1810-1890), la coppia ebbe Laura (1812), Carlo (1815), Leopoldo (1817), Camillo (1819), che morì nell'agosto 1829, Francesco (1821), Alessandro (1824) e Adolfo (1826).
Vincenzo fu il primo membro della sua famiglia a entrare stabilmente nell'amministrazione pontificia. Tutta la sua carriera si svolse all'interno del comparto del Bollo e Registro, seguendone le diverse trasformazioni: nel 1816 era già tra gli amministratori generali e poi ne divenne direttore generale fino alla morte. Nel corso degli anni ricoprì anche numerosi altri incarichi; fu, ad esempio, presidente della Camera primaria di Commercio di Roma, membro della Congregazione della Cassa di ammortizzazione e anche del Comando generale civico.
Nel marzo 1824 perse il padre e si ritrovò da solo a gestire il vasto patrimonio e tutti gli affari di famiglia, dalla 'fabbrica dei panni' alle vaste tenute agricole; oltre a quattro sorelle (Loreta, Anna Maria, Cecilia, Maria Teresa), aveva infatti un solo fratello, il noto gesuita e studioso di fisica e scienze naturali, Giovan Battista (1784-1862), maggiore di età ma con interessi completamente diversi.
Durante il pontificato di Gregorio XVI, fra il 1831 e il 1846, quasi totale fu nel suo vastissimo carteggio l'assenza di riferimenti al papa, fino all'indifferenza per la sua morte: ciò non di meno la maggior fortuna di Pianciani si sviluppò proprio in quel periodo, nel quale avvenne, a partire dal 1832, anche l'ingresso di Luigi nell'amministrazione, da segretario di Rota a ispettore delle dogane. Nel 1836 fu tra i promotori della Cassa di Risparmio di Roma, che fu inaugurata il 14 agosto; ne divenne anche direttore fra il 1842 e il 1845. Credendo nella validità dell'impresa, e sempre proteso ad assicurare un brillante futuro al figlio primogenito, si attivò subito per creare una Cassa di Risparmio anche a Spoleto, aperta al pubblico l'8 gennaio 1837 con sede all'interno di palazzo Pianciani, di cui Luigi fu il primo presidente.
Contestualmente, con l'appoggio del pontefice, che lo visitò il 3 settembre 1843, poté far prosperare il lanificio di famiglia, sito a Spoleto, che ai primi anni Quaranta contava oltre trecento dipendenti, ma che ebbe poi un lento declino per la trascuratezza dei figli.
Salutò con soddisfazione l'avvento di Pio IX, suo amico personale da lunghissimo tempo. La confidenza rimase viva anche durante il pontificato, ma Pianciani si rese subito conto che l'entusiasmo suscitato dal sovrano sarebbe stato presto deluso perché le riforme non sarebbero andate oltre i vincoli imposti dalla tradizione. Il 12 novembre 1847 annunciò al figlio di essere stato nominato consigliere comunale di Roma: accettava la volontà sovrana, rimanendo convinto che in quei momenti «il meglio che possa farsi si è di non occuparsi affatto di affari pubblici» (Magliani, 1994, p. 1489).
Il 1848 gli apparve come l'anno in cui «tutto è possibile» (ibid., p. 1573); la partenza dei volontari pontifici per la guerra nazional-patriottica scoppiata il 23 marzo gli sembrò una 'buffonata', convinto che tutto sarebbe rientrato in brevissimo tempo; l'unica preoccupazione fu l'arruolamento dei figli Luigi e Carlo.
Assistette poi al precipitare degli eventi, ma rimase a Roma durante la Repubblica; il 28 febbraio 1849 presentò le dimissioni al nuovo Governo; accettò di mantenere provvisoriamente il suo posto, ma «sempre senza mischiarmi del nuovo incarico che si voleva darmi» (ibid., p. 1589). La Repubblica avrebbe voluto affidargli un ruolo nella nuova gestione; egli non lo accettò formalmente, ma continuò a occuparsi dell'amministrazione, seguì le vicende finanziarie ed ebbe numerosi contatti con i nuovi vertici.
Era convinto che le grandi potenze avrebbero riportato presto l'ordine in Europa; tuttavia durante i mesi repubblicani si lasciò in qualche modo prendere dagli avvenimenti, tanto che il 1° maggio 1849, commentando lo scontro con i Francesi a porta S. Pancrazio del giorno precedente, guidato da Giuseppe Garibaldi, si lasciò sfuggire una frase sicuramente emblematica: «i nostri si sono battuti con moltissimo coraggio ed hanno respinto tutti gli attacchi» (ibid., p. 1601).
La parte più dura della sua esistenza fu quella della seconda restaurazione. Pianciani riassunse a pieno titolo la direzione del Bollo e Registro, ma tutti gli altri affari privati, compreso il lanificio, risentirono della pesante crisi finanziaria. Il dolore più grande fu l'esilio del figlio: i due si videro per l'ultima volta nella seconda metà di luglio 1849 a Civitavecchia, alla vigilia della partenza di Luigi per Marsiglia. Seguirono problemi di salute sempre più accentuati, aggravati dalla consapevolezza della fine della sua antica e nobile famiglia, che scompariva insieme al mondo che aveva conosciuto. Impossibilitato a curare a fondo i suoi interessi, si lamentò spesso della situazione economica della casata, costretto a mantenere il figlio patriota lontano e a sostenere le continue spese della moglie e del resto della famiglia, anche se la consistenza patrimoniale alla sua morte era ancora notevole.
Di carattere riservato, visse prevalentemente a Roma, con periodici 'ritiri' nell'amata residenza di Terraja, nei pressi di Spoleto.
Pianciani morì a Roma il 6 ottobre 1856.
Il percorso umano e politico di Pianciani può essere seguito, quasi fosse un diario, nella vastissima e preziosa corrispondenza con Luigi, di cui sono state pubblicate circa duemila lettere. Vincenzo incarnò in modo emblematico il travagliato declino dello Stato pontificio, e ne fu testimone attento e lucido dalla sua posizione privilegiata di alto funzionario dell'amministrazione. Erede di una tradizione secolare, 'fedele suddito' del papa-re, visse l'impatto con le ineludibili spinte rinnovatrici e rivoluzionarie incarnate dal più noto figlio Luigi, patriota democratico, futuro deputato della Sinistra storica e sindaco della capitale. Critico severo della politica romana come delle istanze democratiche, Vincenzo Pianciani rimase fedele al suo mondo, pur indulgendo, a volte, verso il 'miracolo laico' che gli stava strappando le certezze, i beni e il figlio prediletto. Uomo di notevole cultura, come dimostrano la sua ricchissima biblioteca e le molte citazioni erudite presenti nel carteggio, attento osservatore della politica internazionale, ebbe rapporti diretti e, spesso, confidenziali, con i papi, le alte cariche della corte romana e con i principali esponenti della finanza pontificia.
Il carteggio è di fondamentale importanza anche per comprendere la formazione di Luigi. La Rome des papes. Son origine, ses phases successives, ses mœurs intimes, son gouvernement, son système administratif, che egli pubblicò in tre volumi nel 1859 a Basilea e a Londra, è la Roma che gli aveva descritto, con lucidità e senza riserve, il padre, e gliene diede ampia testimonianza fin dall'introduzione.
Fonti e Bibl.: Una vasta documentazione riguardante la famiglia Pianciani, fin dalle sue origini, è conservata presso il Fondo Pianciani della sezione di Spoleto dell'Archivio di Stato di Perugia; di particolare interesse per la figura di Vincenzo sono la corrispondenza varia, soprattutto fra i genitori, e i documenti riguardanti lo stato patrimoniale. I carteggi sono prevalentemente conservati presso l'Archivio di Stato di Roma, Archivio Pianciani, in diverse buste (ad esempio la 54), ma in particolare nelle buste 49-52, edite in V. P. al figlio Luigi. Carteggio 1828-1856, a cura di S. Magliani, I, 1828-1842, Roma 1993; II, 1843-1846, Roma 1993; III, 1846-1849, Roma 1994; IV, 1849-1856, Roma 1996. Lo stesso Archivio, prevalentemente nella sede distaccata di via Galla Placidia, conserva anche il vastissimo fondo dell'Amministrazione del Bollo e Registro. Numerose e interessanti carte sono custodite dagli eredi della famiglia. Per le corrispondenze familiari femminili (la moglie Amalia Ruspoli, le nuore – mogli di Luigi – Rose Dechorne e Letizia Castellazzi, la nipote Ines), si rimanda a: Scritture di donne (secc. XVI-XX), P.L. Serie Carteggio familiare, http://212.189.172.98:8080/scritturedidonne/Pianciani/scritturedidonne.jsp (28 giugno 2015); A. Cursio, Il registro brillante e la figuralità nelle lettere di Ines Pianciani al padre Luigi, in La scrittura epistolare nell'Ottocento. Nuovi sondaggi sulle lettere del CEOD, a cura di G. Antonelli - M. Palermo - D. Poggiogalli - L. Raffaelli, Ravenna 2009, pp. 61-72. Limitata è la bibliografia su Vincenzo Pianciani; oltre all'edizione del Carteggio, citata, si vedano: A. Grohmann, V. P. e l'economia pontificia nell'età di Gregorio XVI, in V. e Luigi Pianciani ed il loro tempo, a cura di R. Ugolini, Spoleto 1988, pp. 29-54; S. Magliani, V. P. e Roma, in Luigi Pianciani tra riforme e rivoluzione, a cura di R. Ugolini, Napoli 1992, pp. 33-54; Educare la nobiltà, a cura di G. Tortorelli, Bologna 2005, pp. 97 s., 104, 120; S. Magliani, «L’amore discende e non ascende»: V. P. e i suoi figli, in Luigi Pianciani e la democrazia moderna, a cura di M. Furiozzi, Pisa-Roma 2008, pp. 95-105; Ead., La famiglia Pianciani, in Palazzo Pianciani. Storia del restauro, a cura di V. Cimenti, Spoleto 2010, pp. 457-492; V. Tizzani, Effemeridi Romane, a cura di G.M. Croce, I, 1828-1860, Roma 2015, ad ind.